EMANUELE MAGRI
DISTOPICUS GARDEN
Galleria Ostrakon
via Pastrengo 15 - Milano
5/3/2015 - 21/3/2015
Distopicus Garden ovvero vivaio di piante animate e antropomorfe, frutto di innesti inusitati con organi e tessuti umani condotti con metodo classificatorio dal botanico Emanuele Magri. Sono stati così creati non meno di venti individui, senza contare gli scarti, tutti in mostra. Tali individui sono dei gryllos, metà umani e metà vegetali. Essendo idrovori si è reso necessario costruire una serra-installazione apposita in plexiglas, dotata di un sistema idraulico continuo. Lo spettatore è invitato ad attraversarla in dieci passi lungo un percorso labirintico ritmato dallo sgocciolio dell’acqua di irrigazione. L’attraversamento è una pratica costante degli artisti-botanici, senza il quale gli stimoli creativi si affievoliscono. Si attraversa di tutto, dalla storia dell’arte e della letteratura alla storia personale, dalla scienza genetica ai passi impervi di montagna. Trova precedenti negli attraversamenti dell’antichità che hanno portato a concepire mostri favolosi come le chimere; del medioevo di cui conosciamo i “grilli” simbolici; di un Bosch senza le cui incursioni nell’alchimia e nel pensiero eretico non avremmo il Giardino delle Delizie e così via fino al Codex Seraphinianus degli anni ’70 del Novecento.
I freak animati di Magri sono creature benigne, un po’ bisbetiche, per niente terrorizzanti, se ne vanno a spasso per la città, si pavoneggiano su spiagge affollate suscitando simpatia in chiunque si imbatta nella loro presenza. Forse perché se ne intuiscono la giovialità e la gentilezza trasmessagli dal creatore o forse perché si colgono tratti in comune (siamo tutti innestati, se non di organi eterocliti, di miti contemporanei quali l’apparenza, la griffe, il successo, i soldi). A sostegno e pretesto di significati multipli e intrecciati l’artista-botanico innesta anche la parola. Frasi sibilline, racchiuse in forma di rebus, profezie ambigue (tipo ibis redibis della Cumana ), talvolta ammonitrici e lapidarie, talvolta propositi esistenziali, costituiscono il canovaccio di una immaginaria azione scenica. Ci trovi ciascuno il senso allegorico che crede. Forse si tratta di satira, non quella che fustiga i vizi, piuttosto quella che mette alla berlina, con indulgenza, i travestimenti degli uomini. Ma si può trattare anche di una parodia della ingegneria genetica. E sotto questa luce il senso dell’operazione concettuale di Magri si fa più grave. Mette in guardia contro le manipolazioni e gli innesti culturali di ogni tipo sulle menti poco attrezzate alla difesa.
Emanuele Magri dagli anni settanta si occupa di scrittura e arti visive. Ha creato mondi tassonomicamente definiti, nei quali sperimenta l’autoreferenzialità del linguaggio, come “La Setta delle S’arte” nella quale i vestiti rituali sono fatti partendo da parole con più significati, il “Trattato di artologia genetica” in cui si configura una serie di piante ottenute da innesti di organi umani, di occhi, mani, bocche, ecc, e il progetto “Fandonia” una città in cui tutto è doppio e ibrido.
Ha sviluppato gli oggetti-parola Bandierine (dal 1990) e gli Stendardi (dal 1992), i corpi-parola e vestiti-parola dell’universo parallelo de “La setta delle S’Arte” (dal 1995, con utilizzo di sciarade, palindromi, falsi vezzeggiativi), gli Oracoli Corporali (dal 2000, rebus con parole che indicano parti del corpo). Distopicus Garden, un progetto sull’ingegneria genetica che si avvale, per le varie fasi, di computer grafica, installazione, fotografia, video, poesia.
DISTOPICUS GARDEN
Galleria Ostrakon
via Pastrengo 15 - Milano
5/3/2015 - 21/3/2015
Distopicus Garden ovvero vivaio di piante animate e antropomorfe, frutto di innesti inusitati con organi e tessuti umani condotti con metodo classificatorio dal botanico Emanuele Magri. Sono stati così creati non meno di venti individui, senza contare gli scarti, tutti in mostra. Tali individui sono dei gryllos, metà umani e metà vegetali. Essendo idrovori si è reso necessario costruire una serra-installazione apposita in plexiglas, dotata di un sistema idraulico continuo. Lo spettatore è invitato ad attraversarla in dieci passi lungo un percorso labirintico ritmato dallo sgocciolio dell’acqua di irrigazione. L’attraversamento è una pratica costante degli artisti-botanici, senza il quale gli stimoli creativi si affievoliscono. Si attraversa di tutto, dalla storia dell’arte e della letteratura alla storia personale, dalla scienza genetica ai passi impervi di montagna. Trova precedenti negli attraversamenti dell’antichità che hanno portato a concepire mostri favolosi come le chimere; del medioevo di cui conosciamo i “grilli” simbolici; di un Bosch senza le cui incursioni nell’alchimia e nel pensiero eretico non avremmo il Giardino delle Delizie e così via fino al Codex Seraphinianus degli anni ’70 del Novecento.
I freak animati di Magri sono creature benigne, un po’ bisbetiche, per niente terrorizzanti, se ne vanno a spasso per la città, si pavoneggiano su spiagge affollate suscitando simpatia in chiunque si imbatta nella loro presenza. Forse perché se ne intuiscono la giovialità e la gentilezza trasmessagli dal creatore o forse perché si colgono tratti in comune (siamo tutti innestati, se non di organi eterocliti, di miti contemporanei quali l’apparenza, la griffe, il successo, i soldi). A sostegno e pretesto di significati multipli e intrecciati l’artista-botanico innesta anche la parola. Frasi sibilline, racchiuse in forma di rebus, profezie ambigue (tipo ibis redibis della Cumana ), talvolta ammonitrici e lapidarie, talvolta propositi esistenziali, costituiscono il canovaccio di una immaginaria azione scenica. Ci trovi ciascuno il senso allegorico che crede. Forse si tratta di satira, non quella che fustiga i vizi, piuttosto quella che mette alla berlina, con indulgenza, i travestimenti degli uomini. Ma si può trattare anche di una parodia della ingegneria genetica. E sotto questa luce il senso dell’operazione concettuale di Magri si fa più grave. Mette in guardia contro le manipolazioni e gli innesti culturali di ogni tipo sulle menti poco attrezzate alla difesa.
Emanuele Magri dagli anni settanta si occupa di scrittura e arti visive. Ha creato mondi tassonomicamente definiti, nei quali sperimenta l’autoreferenzialità del linguaggio, come “La Setta delle S’arte” nella quale i vestiti rituali sono fatti partendo da parole con più significati, il “Trattato di artologia genetica” in cui si configura una serie di piante ottenute da innesti di organi umani, di occhi, mani, bocche, ecc, e il progetto “Fandonia” una città in cui tutto è doppio e ibrido.
Ha sviluppato gli oggetti-parola Bandierine (dal 1990) e gli Stendardi (dal 1992), i corpi-parola e vestiti-parola dell’universo parallelo de “La setta delle S’Arte” (dal 1995, con utilizzo di sciarade, palindromi, falsi vezzeggiativi), gli Oracoli Corporali (dal 2000, rebus con parole che indicano parti del corpo). Distopicus Garden, un progetto sull’ingegneria genetica che si avvale, per le varie fasi, di computer grafica, installazione, fotografia, video, poesia.