sabato 31 gennaio 2015

SALVATOR ROSA INCISORE - M.A.X. MUSEO, CHIASSO




SALVATOR ROSA INCISORE
TRASFORMAZIONI TRA ALCHIMIA, ARTE E POESIA
a cura di Werner Oechslin e Nicoletta Ossanna Cavadini
M.A.X. Museo
via Dante Alighieri 6 - Chiasso
1/2/2015 - 12/4/2015

In occasione dei 400 anni dalla nascita e nell’ambito del filone relativo alla “grafica storica”, il m.a.x. museo propone una mostra dedicata al grande maestro del Barocco: “Salvator Rosa (1615-1673) incisore. Trasformazioni tra alchimia, arte e poesia” che sarà inaugurata domenica 1° febbraio 2015 alle ore 15.30. Conosciuto soprattutto come pittore e poeta “filosofo”, a Chiasso viene presentato il Salvator Rosa incisore grazie ai disegni preparatori, alle preziose matrici in rame e alle stampe corrispondenti. Personalità complessa, collerica e al tempo stesso geniale, Salvator Rosa esprime nelle sue pitture stoiche, mitologiche e filosofiche una continua curiosità e spirito di meraviglia che tocca anche l’aspetto esoterico, alchemico e magico fino a quello musicale e poetico. In mostra è inoltre messa in luce la risonanza che ha avuto negli ambienti culturalmente più vivaci in ambito europeo e in particolare la sua fortuna critica con il mondo del Nord (Germania e Inghilterra) tramite la diffusione delle sue stampe ieratiche con iconografie inconsuete e delle sue celebri “Satire” in terzine, pubblicate postume.
Apprezzato pittore dai circoli culturali più aggiornati, la produzione artistica di Salvator Rosa, pur ottenendo un significativo successo in vita, venne minata da forti critiche in concomitanza con il periodo più oscuro della Controriforma. Ciò contribuì a creare il fascino del “personaggio” mitizzato nella storiografia ufficiale tra fine Settecento e inizio Ottocento, in un crescente clima romantico legato anche all’estetica del sublime. Sarà in particolare la cultura mitteleuropea a rivalutarlo con importanti biografie e riproduzioni a stampa delle sue opere fino ad arrivare a Goya. Una sezione dell’esposizione è quindi specificamente dedicata a tale aspetto. La mostra è promossa in collaborazione con la prestigiosa Stiftung Bibliothek Werner Oechslin di Einsiedeln (Canton Svitto) e curata da Werner Oechslin, direttore dell’omonima Biblioteca e professore emerito di Storia dell’arte e Storia dell’architettura al Politecnico Federale di Zurigo, e da Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo e dello Spazio Officina di Chiasso. I materiali presentati provengono inoltre dalla Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” di Milano, dall’Istituto Centrale per la Grafica di Roma (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, MIBACT), dalla Graphische Sammlung del Politecnico Federale di Zurigo, dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi di Firenze, dal Museo Civico Ala Ponzone di Cremona e da importanti collezioni private, sia dal Canton Ticino, sia dall’Italia.
Fra le opere principali esposte: “Il genio di Salvator Rosa”, “Alessandro Magno nello studio di Apelle”, “Cerere e Fitalo”, “Glauco e Scilla”, “Apollo e la Sibilla Cumana”, “La caduta dei giganti”, “Il martirio di Attilio Regolo”, “Il sogno di Enea”, “Diogene che getta via la scodella”, “Democrito in meditazione”, “L’Accademia di Platone”, “Combattimento di tritoni” e le enigmatiche figure di uomini e soldati da cui l’appellativo di “Salvator delle battaglie”. La mostra e il relativo catalogo hanno pertanto l’obiettivo di focalizzare la grandezza del maestro del Barocco, che sta nell’aver trasmesso ai suoi contemporanei, e a chi è venuto dopo di lui, uno spirito critico mosso da grande libertà di pensiero e di indipendenza rispetto a schemi prefissati: in questo si riscontra ancor oggi la sua forte modernità.

SALVATOR ROSA
Nel 1621, a sei anni, rimane orfano di padre. Le condizioni economiche della famiglia, già precarie, precipitano. La madre si risposa quasi subito; con il fratello maggiore viene mandato in collegio, poi sceglie di andare a bottega presso il nonno e lo zio materni, Vito e Domenico Antonio Greco. Nel 1632 la sorella Giovanna sposa Francesco Fracanzano, pittore importante all’epoca in ambito napoletano. Testimone di nozze, Salvator Rosa già allora si dichiara “pittore” e dopo aver lavorato con il cognato, si sposta da Jusepe de Ribera (artista spagnolo, protagonista indiscusso dell’ambiente pittorico locale) di cui risentirà forti influenze, e poi va a lavorare presso Aniello Falcone. Sul modello di quest’ultimo Salvator Rosa incomincia a dipingere le sue prime battaglie che gli varranno l’appellativo di “pittore battaglista”. Dipinge anche raffigurazioni con figure in piccolo formato di soldati, pescatori, pezzenti.
Dopo un breve soggiorno a Roma e il ritorno a Napoli, nel 1640 è a Firenze, chiamatovi in autunno dal Principe Giovan Carlo de’ Medici, fratello del Granduca regnante Ferdinando II, grande collezionista e mecenate. Fra l’entourage mediceo, conoscerà Carlo Gerini, maggiordomo di Giovan Carlo, e Giovan Battista Ricciardi, più tardi lettore di Filosofia morale nello Studio di Pisa. A Firenze conosce anche Lucrezia, una donna fiorentina sposata, modella, musa e sua compagna per tutta la vita. Salvator Rosa si identifica come pittore filosofo avvicinandosi allo stoicismo. La sua produzione inizialmente legata alle battaglie si sposta così verso la filosofia, con una visione etica della società del tempo e della missione dell’uomo di cultura. A Firenze inizia a incidere e fonda a casa sua l’“Accademia dei Percossi” di cui faranno parte i suoi amici.
Nel 1650 si trasferisce a Roma, attirato dalla città santa, in occasione del Giubileo indetto da Papa Innocenzo X. È ammesso all’Accademia di San Luca. Nel 1652 Monsignor Corsini, in procinto di recarsi in Francia come Ambasciatore della Santa Sede, commissiona al Rosa una grande “Battaglia” da portare in dono al Re. Tra la fine del 1659 e il 1660 viene incarcerato per breve tempo con il pretesto di concubinaggio. Lo salva probabilmente l’intervento del Principe Don Mario Chigi, fratello del Papa Alessandro VII e grande estimatore di Salvator Rosa. A partire dal mese di novembre del 1660 si dedica con assiduità all’incisione con tecnica all’acquaforte ritoccata a puntasecca. Nel 1661 rifiuta un invito a trasferirsi presso la corte imperiale a Innsbruck. Scrive di aver venduto al Re di Danimarca due dipinti (ora a Copenaghen): il “Democrito” e la “Leggenda della fondazione di Tebe da parte di Cadmo”. Ciò attesta il fatto che sia conosciuto in ambito europeo per il livello colto dell’aspetto simbolico che emerge nelle sue opere. Sempre nel 1661 inizia l’esecuzione dei suoi maggiori pezzi all’acquaforte. Fra il 1661 e il 1662 esegue con certezza le incisioni “I cinque fiumi”, “Democrito”, “Diogene getta via la scodella”, “Alessandro Magno nello studio di Apelle”, “Cerere e Fitalo”, “Apollo e la Sibilla Cumana”, “Glauco e Scilla”, “Il martirio di Policrate” e “Il martirio di Attilio Regolo”.
Sviluppa sempre più temi legati all’Arcadia e ai valori simbolici delle qualità dell’uomo. Se inizialmente incide ciò che aveva dipinto, inizia ora a incidere prima di dipingere, quasi come se la grafica diventasse un veicolo di promozione dell’arte. Nel 1670 disturbi di salute lo costringono sempre più a limitare la sua produzione artistica, nonostante le numerose richieste. Tre anni dopo si ammala gravemente. Prima di morire, benché riluttante, acconsente per l’insistenza di amici a sposare donna Lucrezia, rimasta vedova. Il 4 marzo del 1673 muore e viene sepolto in Santa Maria degli Angeli a Roma. Salvator Rosa non è un incisore tout court: alcune sue incisioni hanno segni più leggeri, altri più profondi. Un’altra caratteristica che contraddistingue Salvator Rosa è il fatto che firmi tutto: con monogramma SR in diverse combinazioni, con anagrammi o con la scritta “Salvator Rosa (pinxit)”. Le sue opere hanno sempre un significato simbolico profondo offerto quasi all’umanità tutta e sono ricche di emblemi, frasi e simboli legati a visioni teoriche della filosofia dello stoicismo e del cinismo con uno scopo morale, in particolare nella grafica, che rappresenta per lui un momento di approfondimento. La sua grafica mostra, dunque, sempre valenze introspettive e intellettuali, così come la sua produzione letteraria e poetica.

LA MOSTRA IN CIFRE
L’esposizione è molto articolata, tra grafica – stampe e matrici per capire il segno anche parecchio differenziato secondo i soggetti rappresentati –, disegni preparatori alle matrici (uguali ai rami e non speculari, in un approccio da pittore più che da incisore), dipinti e preziosi volumi. La mostra al m.a.x. museo presenta 66 stampe, 3 matrici, 50 libri, 2 dipinti, 1 tarsia, 3 disegni riprodotti complessivamente così indicati: 24 incisioni e 50 libri dalla Stiftung Bibliothek Werner Oechslin di Einsiedeln, fra cui 7 satire della prima edizione (le prime 3 costituiscono una riflessione sulle arti: “La musica” in cui è condannato il fasto eccessivo che circonda cantanti e musici; “La poesia” contro gli eccessi del secentismo; “La pittura” in cui Salvator Rosa ripudia la pittura di genere; seguono “La guerra”, “L’invidia”, “Babilonia” e “Tirreno”) e 1 manoscritto delle “Satire” copiato da Giuseppe Ratti nel 1757 “nella notte del 14 gennaio con un freddo indicibile”; 30 incisioni dalla Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” di Milano; 3 matrici e 7 stampe dall’Istituto Centrale per la Grafica di Roma; 3 immagini di disegni dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi di Firenze; 1 stampa di Goya dalla Graphische Sammlung del Politecnico Federale di Zurigo; 1 tavola in legno intarsiata dal Museo Civico Ala Ponzone di Cremona; 4 stampe e 2 dipinti a olio da Collezioni private, sia ticinesi, sia italiane, fra cui un dipinto a olio segnalato a Milano subito dopo la Seconda Guerra Mondiale e scoperto recentemente in una collezione privata in Canton Ticino.

REWIND: ARTE A NAPOLI 1980-1990 - CASTEL SANT'ELMO, NAPOLI




REWIND
Arte a Napoli 1980-1990
a cura di Angela Tecce
Castel Sant’Elmo
Via Tito Angelini 22 - Napoli
20/12/2014 - 8/2/2015

Domenica 1 febbraio, alle ore 11 – in occasione della domenica gratuita al museo - la curatrice Angela Tecce invita gli artisti della mostra e gli autori dei saggi in catalogo a un incontro straordinario con il pubblico.
La mostra a Castel Sant’Elmo presenta circa cento opere e propone una riflessione per ricostruire, attraverso affondi tematici e focus specifici, la complessa e ampia storia artistica a Napoli negli anni Ottanta del Novecento. L’esposizione comprende artisti, opere e documenti che descrivono gli avvenimenti di quegli anni cruciali, delineando una vicenda di respiro complesso, che si è mossa su piani paralleli, in cui hanno convissuto aperture a linguaggi internazionali, sperimentazioni di giovani e l’attività dei maestri.
L’esposizione realizzata dalla Soprintendenza Speciale per il patrimonio storico, artistico, etnoantropologico e per il Polo museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta, è promossa e finanziata dal Servizio architettura e arte contemporanee della Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
L’esposizione è curata da Angela Tecce con il contributo scientifico di numerosi studiosi, ricercatori, testimoni che hanno ciascuno affrontato temi e questioni critiche per intrecciare un racconto corale: Luciana Berti, Claudia Borrelli, Renata Caragliano, Maria De Vivo, Eugenio Giliberti, Maria Giovanna Mancini, Chiara Pirozzi, Adriana Rispoli, Maria Savarese, Olga Scotto di Vettimo, Mario Francesco Simeone, Stefano Taccone, Antonello Tolve, Vincenzo Trione, Alessandra Troncone, Brunella Velardi, Andrea Viliani, Eugenio Viola, Stefania Zuliani. Interviste a Achille Bonito Oliva, Michele Bonuomo, Bruno Corà, Jean Digne, Nicola Spinosa, Angelo Trimarco.
Rewind. Arte a Napoli 1980-1990 è dedicata alla nuova generazione di artisti napoletani attiva negli anni Ottanta e a coloro che in quel decennio testimoniano con il loro lavoro la svolta radicale del linguaggio figurativo che ha fatto parlare di “fine dell’avanguardia” e presenta, tra le altre, opere di: Carlo Alfano, Mimmo Paladino, Luigi Mainolfi, Nino Longobardi, Ernesto Tafafiore, Francesco Clemente. Nomi che non esauriscono la ricchezza di prospettive con la quale si è voluto rappresentare il decennio.
Sono state coinvolte nel progetto le principali gallerie d'arte operanti in quel periodo come quella di Lucio Amelio, Il Centro, lo Studio Trisorio, lo Studio Morra, Lia Rumma, Alfonso Artiaco; queste ultime, ancora attive, sono state chiamate a individuare opere, presenti in collezioni private campane, essenziali per descrivere adeguatamente quel contesto che fece di Napoli un crocevia internazionale. Si ricostruiranno, inoltre, alcune collettive di quel decennio, Evacuare Napoli. L’ultima generazione, 1985 e L'officina di Scafati, 1986, proponendone una lettura evocativa.

Tutti gli artisti di Rewind. Arte a Napoli 1980-1990:
Fabrizia Abbagnano, Marisa Albanese, Jean-Michel Alberola, Carlo Alfano, Bill Beckley, Joseph Beuys, David Bowes, Paolo Bresciani, James Brown, Alberto Burri, Giuseppe Caccavale, Maurizio Cannavacciuolo, Angelo Casciello, Gennaro Castellano, Alan Charlton, Franco Cipriano, Francesco Clemente, Maurizio Colantuoni, Ronnie Cutrone, Giuseppe Desiato, Gino De Domincis, Gabriele Di Matteo, Tommaso Durante, Luciano Fabro, Sergio Fermariello, Lino Fiorito, Mario Franco, Matteo Fraterno, Eugenio Giliberti, Sasà Giusto, Al Hansen, Geoffrey Hendricks, Douglas Huebler, Massimo Kauffman, Joseph Kosuth, Massimo Latte, Sol LeWitt, Nino Longobardi, Lello Lopez, Saverio Lucariello, Luigi Mainolfi, Umberto Manzo, Ugo Marano, Claudio Massini , Silvio Merlino, Aldo Mondino, Peter Nagy, Hermann Nitsch, Luigi Ontani, Luigi Pagano, Mimmo Paladino, Gloria Pastore, Giuseppe Penone, Rosa Persico, Alfredo Pirri, Lucia Romualdi, Mimma Russo, Kenny Scharf, Antonello Scotti, Ninì Sgambati, Franco Silvestro, Daniel Spoerri, St-Art, Philip Taaffe, Ernesto Tatafiore, Niele Toroni, Gerardo Vangone, Luigi Vollaro, Giuseppe Zevola, Oreste Zevola.

Costellazione ‘80
In occasione della mostra dedicata all’arte degli anni Ottanta è stato creato un percorso virtuale attraverso postazioni multimediali - Costellazione ’80 - con la funzione di collegamento tra le collezioni, le mostre e le sezioni museali, di modello per un archivio dell’arte contemporanea a Napoli.
A comporre un quadro di insieme articolato parteciperanno - insieme a Rewind. Arte a Napoli 1980-1990 a Castel Sant’Elmo e Blow up. Fotografia a Napoli 1980-1990 in contemporanea al Museo Pignatelli - la sezione di arte contemporanea del Museo di Capodimonte e la collezione Terrae Motus della Reggia di Caserta, imprescindibili elementi di questa Costellazione ‘80. Inoltre il Museo Madre e l’Accademia di Belle Arti di Napoli offriranno un contributo specifico coerente con le loro ricerche e attività.

OSVALDO GUERRIERI: CURZIO - NERI POZZA 2015





OSVALDO GUERRIERI
CURZIO
Neri Pozza (29 gennaio 2015)
Collana: Bloom

"Curzio" è il romanzo della vita di Curzio Malaparte. La storia comincia nel 1933 a Lipari, dove il fascista Malaparte è confinato per attività antifascista, e si conclude nella primavera del 1957 nella clinica "Sanatrix" di Roma in attesa di una morte della quale tutti desiderano impadronirsi: i democristiani, i comunisti, i repubblicani, la Chiesa cattolica. Fra i due poli si espande la più clamorosa personalità di avventuriero, di narcisista, di rinnegato che abbiano conosciuto l'Italia e l'Europa: un "razziatore avido di cose e di prede" ebbe a definirlo il pittore Orfeo Tamburi che gli fu amico, uno dei pochi. Grande giornalista, a 30 anni Malaparte ha diretto il quotidiano La Stampa; è entrato nelle più sconvolgenti avventure del secolo: le due guerre mondiali, la macchina stragista del nazismo, la nascita del comunismo sovietico e di quello cinese, la conquista coloniale; ha scritto libri di enorme successo che hanno ferito la sensibilità comune, da Tecnica del colpo di Stato a Kaputt a La pelle. Non si notano che contraddizioni in Malaparte, uomo fragile dentro e forte fuori, pronto a tutti i compromessi pur di ricavarne un vantaggio. Sullo sfondo c'è il bel mondo italiano e parigino, c'è la vita nei giornali e nelle case editrici, c'è il cosmopolitismo artistico e diplomatico. E c'è l'Italia massacrata da un regime gonfio di retorica e di errori, protesa verso un futuro che, caduto il fascismo, sembra promettere soltanto violenza e vendette.

WANDA MARASCO: IL GENIO DELL'ABBANDONO - NERI POZZA 2015




WANDA MARASCO
IL GENIO DELL'ABBANDONO
Neri Pozza (29 gennaio 2015)
Collana: Bloom

"Il genio dell'abbandono" racconta la vita del più grande scultore italiano fra Otto e Novecento: Vincenzo Gemito. È il romanzo di un'avventura eversiva e donchisciottesca, sullo sfondo di una Napoli vissuta come "un paese imprecisato che stava diventando la sua frontiera di malato", a contatto coi protagonisti della cultura del tempo. Wanda Marasco prende le mosse dalla fuga dell'artista dalla clinica psichiatrica in cui è ricoverato, e da lì ricostruisce la storia agitata di un "enne-enne", un figlio di nessuno abbandonato sulla ruota dell'Annunziata. Il marchio del reietto, beffardamente impresso nel suo stesso nome che è il risultato di un errore di trascrizione, lo accompagnerà per sempre. Il suo apprendistato lo farà nei vicoli, al fianco di un altro futuro grande artista, il pittore Antonio Mancini, suo inseparabile amico che diventerà anche coscienza di Gemito, suo complice totale e infine suo nemico. Vedremo così "Vicienzo" entrare nelle botteghe in cerca di maestri, avido di imparare. Lo seguiremo a Parigi, tra stenti da bohème e sogni di celebrità, e lo ritroveremo a Napoli, artista ambito da mercanti e da re. Vivremo il suo folle amore per la modella Mathilde Duffaud, che ne segna la vita come un sistema dell'erotismo e del dolore, un impasto di eccessi e delusioni che sfociano in una follia tutta "napoletana": intelligenza alla berlina, incandescenza e passioni spesso arrese a un destino malato di cui il "vuoto" di Napoli voracemente si nutre.
  

ADOLFO RANISE: SOTTO IL VENTO E LE VELE - GALATA MUSEO DEL MARE, GENOVA




ADOLFO RANISE
SOTTO IL VENTO E LE VELE
Galata Museo del Mare
Calata De Mari, Porto Sntico - Genova
1/2/2015 - 8/3/2015

Mostra fotografica dedicata alle vele d'epoca, 25 pannelli, per la maggior parte opere che hanno avuto riconoscimenti e premi in concorsi fotografici nazionali ed internazionali, che presso il Galata Museo del Mare trovano idonea collocazione.

venerdì 30 gennaio 2015

CANDIDA HOFER - CA' PESARO, VENEZIA




CANDIDA HOFER
a cura di Gabriella Belli
Galleria Internazionale d'Arte Moderna Ca' Pesaro
via Santa Croce, 2076 - Venezia
dal 30/1/2015 al 29/3/2015

L’attività espositiva 2015 della Fondazione Musei Civici di Venezia, sotto la direzione scientifica di Gabriella Belli, si apre a Ca’ Pesaro nel nuovo “Spazio Dom Pérignon” con il secondo appuntamento di “Paradossi“, serie di incontri inattesi tra giovani artisti e opere della collezione storica del museo.
Dopo il confronto tra l’artista vicentino Alberto Tadiello e l’opera di Giulio Aristide Sartorio, che ha inaugurato lo scorso ottobre le due straordinarie sale al secondo piano della Galleria Internazion- ale d’Arte Moderna - recuperate grazie all’importante contributo del noto brand francese – viene ora proposta un’insolita rilettura della celebre opera di Auguste Rodin “Les Bourgeois de Calais à Venise”(1901) da parte di una delle più influenti fotografe del pan- orama internazionale, la tedesca Candida Höfer. La mostra presenta una selezione di fotografie tratte dal suo lavoro del 2001 Douze-Twelve, commissionato dal Musée des Beaux-Arts et de la Dentelle di Calais, per il quale ha fotografato le dodici fusioni de Les Bourgeois de Calais di Rodin esistenti al mondo.
Dopo i lavori sugli interni di spazi sia pubblici che privati e i soggetti in esterno degli “Zoologische Gärten “, tutti accomunati e noti per la ricer- ca della perfezione dei dettagli e una non comune dimestichezza e tec- nica nella gestione e controllo della luce, l’artista mette qui in atto uno stimolante intreccio e uno splendido incontro con una delle opere più famose dell’arte di tutti i tempi, mettendone in luce tutte le sue insite tensioni emotive, la potente espressività formale, l’estremo realismo. La grande scultura di gesso esposta dallo scultore francese alla Bien- nale del 1901 fu acquistata dalla città di Venezia per la collezione di Ca’ Pesaro e oggi apre il percorso rinnovato della Galleria Internazionale d’Arte Moderna. Proprio questo noto e più volte replicato gruppo scul- toreo ha ispirato un famoso lavoro di Candida Höfer – tra i principali esponenti della cosiddetta Scuola di Düsseldorf – che ha fotografato le dodici repliche in bronzo nelle loro installazioni in diverse collezioni pubbliche internazionali.
La specchiata armonia dell’occhio fotografico della Höfer – presente alla Biennale del 2003 – si esalta nella serialità delle opere grazie alla capacità di catturare e coagulare in un’immagine di ampio respiro pros- pettico l’espressività dinamica e sofferente degli eroici abitanti di Calais che nel 1346 si contrapposero all’assedio del re d’Inghilterra Edoardo III, modellati da Rodin nel 1889. Il dialogo con la scultura attualizza tutta l’energia creativa del passato, concedendoci repliche di magistrale impronta scenografica, potenti quanto contenute, grazie alle severe direttrici prospettiche tipiche della fotografa tedesca.

Immagine: Candida Höfer, Les Bourgeois de Calais à Venise © The Metropolitan Museum of Art New York II 2000 152 x 152 cm.
  

CROSS SECTION OF A REVOLUTION - LISSON GALLERY, LONDON




CROSS SECTION OF A REVOLUTION
Lisson Gallery
27 & 52-54 Bell Street - London
30/1/2015 - 7/3/2015

Allora & Calzadilla, Broomberg & Chanarin, Liu Xiaodong, Haroon Mirza, Rashid Rana, Wael Shawky, Santiago Sierra

This group exhibition of Lisson Gallery artists explores global aspects of trade, trauma, religious belief systems and contested territories, via a number of intersecting political practices, across photographic, sculptural, painterly and filmic media.
Beginning at the crossroads between Central and Eastern Asia, Liu Xiaodong’s Hotan Project (2012-13) depicts Muslim locals of the Xinjiang province digging for rare jade deposits in the notorious opencast mines and devastated landscapes of one of China’s most remote and politically tense regions. Painting from life over a period of two months spent with the jade miners, Liu’s “dirtily realistic” (according to curator Hou Hanru) monumental canvas, East, one of a quartet, captures the disenfranchised Uygur people eking out their living through transactions of precious stones with the ruling Han Chinese. Further along the Silk Road, across the border into Pakistan, is where Rashid Rana’s Red Carpet (2008) originates, although his transliteration of a traditional, mystical and ritualistic Persian rug is disconcertingly woven out of a digital micro-mosaic of gory images of bloodied goats, culled at abattoirs in Lahore.
Sacred and profane meet to devastating effect in Adam Broomberg and Oliver Chanarin’s installation, Divine Violence (2013), an entire set of 57 framed works containing their modified King James Bible – its holy texts interspersed and overlaid with photographs from the Archive of Modern Conflict, a container for historic and contemporary images of war, human suffering and anonymous terror. After discovering Bertolt Brecht’s own, heavily annotated bible, Broomberg & Chanarin underlined salient passages in each chapter, somehow colluding with their collaged finds to relay the messages of God as those of some terrible, omnipotent governor.
Further catastrophe and retribution is meted out in Allora and Calzadilla’s 20-minute film, The Bell, the Digger, and the Tropical Pharmacy (2013), which shows the demolition of an industrial building by a digger, armed with a cast-iron bell rather than a wrecking ball. The spectacular demise of the controversial GlaxoSmithKline drugs plant in Cidra, Puerto Rico – which was closed after a contamination incident highlighted by a whistle-blower – is both seen and heard as the church bell smashes through interior walls, leaving a resonant score in the wake of its destructive force.
The titular work, Cross Section of a Revolution (2011) is Haroon Mirza’s cultural remixing of two very distinct Islamic populations. The first, on the East coast of Africa in Kenya, is depicted by a number of men drumming during a Muslim wedding ceremony, the percussive backdrop over three monitors being both ritualistic and looped to create a complex rhythm. Another video displays footage of a student in a speech competition in Lahore, delivering a speech in Urdu – his tone recognisable as that of a persuasive, political speech. Each of these artists reveal how the cross-pollination of global cultures can result in a rewiring of faith, hope and morality.

Image: Haroon Mirza, Cross section of a revolution, 2011.

CARLO SINI: ENZO PACI - FELTRINELLI 2015




CARLO SINI
ENZO PACI
Il filosofo e la vita
Feltrinelli (28 gennaio 2015)
Collana: Eredi

Come si definisce l'eredità nel campo del pensiero e della filosofia? Qual è il lascito ideale di uno dei più importanti filosofi italiani del secolo scorso come Enzo Paci? Il rapporto tra maestro e allievo rivive nel ricordo dell'erede Carlo Sini, per il quale Enzo Paci (1911-1976) è stato uno dei più significativi e originali filosofi italiani della seconda metà del Novecento. Allievo di Antonio Banfi, ha insegnato nelle Università di Pavia e di Milano. Già nei primi anni quaranta si segnalò, con Luigi Pareyson e Nicola Abbagnano, come protagonista dell'esistenzialismo italiano. Seguì la fase del "relazionismo" con la fondazione della rivista "aut aut" nella quale la filosofia dialogava a tutto campo con l'arte, la letteratura, l'architettura, la scienza, l'economia. Fu allora che Paci ripropose la fenomenologia husserliana come filosofia guida del nostro tempo, coniugandola negli anni sessanta con il marxismo umanistico, in collaborazione con Jean-Paul Sartre e Maurice Merleau-Ponty. In questa fase, culminata con la pubblicazione del capolavoro di Paci ("Funzione delle scienze e significato dell'uomo", del 1963), si colloca la collaborazione di Carlo Sini, allievo e assistente di Paci alla Statale di Milano e poi suo successore dal 1976. Sini in questo libro ripercorre, sul filo della memoria, il suo rapporto con il maestro e con l'eredità culturale e umana che ne è derivata.

GIORGIO BERTONE: THE END - IL MELANGOLO 2014




GIORGIO BERTONE
THE END
Il finale dei film
Il Melangolo (29 maggio 2014)
Collana: Opuscula

Come finisce "Via col vento"? Tutti in coro insieme con Rossella O'Hara: "After all, Tomorrow is another Day!" ("Dopotutto, domani è un altro giorno!"). E come inizia? Qui la memoria di solito ha qualche difficoltà. Mentre tutti ricordano gli incipit dei grandi romanzi (dall'Odissea ai Promessi Sposi a Moby Dick). Quanto il film s'identifica con il suo finale? Perché gli sforzi di registi e produttori si concentrano proprio sul the end? "This is the end/ Beautiful friend/ This is the end/ My only friend, the end/ Of everything that stands,/ The end...", canta Jim Morrison alla fine di "Apocalypse Now". E quante apocalissi private e collettive ritroviamo nei finali dei film? Forse i finali possono essere letti persino come forme di agnizione assoluta, epifania che svela qualcosa che ci riguarda, al di là del film e del suo significato? Allora il Finale è, per dirlo con Conrad, "The secret sharer": il nostro complice compagno di viaggio di lettori e spettatori.

TAHAR LAMRI - GLO GLO BISTROT, GENOVA 31/1/2015




Libbri in scia stradda
TAHAR LAMRI
Glo Glo Bistrot
piazza Lavagna - Genova
sabato 31 gennaio 2015, ore 17,00

La cultura scende in strada in pieno centro storico nel cuore multietnico di Genova: Lunaria Teatro propone a partire dal 17 gennaio Il salotto letterario della Maddalena -Libbri in sciâ stradda, un modo nuovo di interpretare il rapporto tra cultura e città, togliendo alla prima austerità e restituendo a un nuovo pubblico un messaggio di storie e valori unificanti.

Si tratta di quattro incontri con altrettanti grandi autori, ciascuno in un diverso luogo del centro storico ma tutti uniti da quel dialogo mediterraneo fra nord e sud d’Europa di cui Genova è stata faro di storia e moderno crocevia.

Il primo incontro si è svolto sabato 17 gennaio presso la sede di A Cômpagna in Piazza della Posta Vecchia, con Björn Larsson, lo scrittore svedese diventato famoso grazie a La vera storia del pirata Long John Silver. Appassionato del mare tanto da avere a lungo vissuto in barca, dove sono nati molti dei suoi dodici romanzi, Larsson è molto apprezzato in Italia, tanto da avere scritto nella nostra lingua il suo lavoro più recente, Diario di bordo di uno scrittore.

Sabato 31 gennaio, al Glo Glo Bistrot di piazza Lavagna, a raccontarsi al pubblico sarà Tahar Lamri, scrittore algerino naturalizzato italiano, autore di romanzi e saggi ispirati ai temi delle migrazioni, del meticciato e dei conflitti nella costruzione di una democrazia multiculturale. Impagnatissimo nel tema dell’integrazione – anche attraverso esperienze teatrali, musicali e di spettacolo – con il libro I sessanta nomi dell’amore ha dato un’impronta nuova ed originale al tema dell’incontro tra uomini e donne di origini ed etnie diverse.

Giovedì 5 febbraio, alla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola in piazza di Pellicceria, sarà una giornata dedicata alla memoria di Vincenzo Consolo, grande scrittore siciliano scomparso nel gennaio del 2012 che verrà raccontato da Gianni Turchetta, curatore del Meridiano Mondadori a lui dedicato. Gianni Turchetta, ospite dell’incontro, è professore ordinario di letteratura italiana contemporanea all’ Università Statale di Milano. Ha pubblicato volumi su Dino Campana e Gabriele D’Annunzio e dedicato saggi a Pinocchio, Salgari, Tozzi, Gadda, Moravia, Sciascia e alla letteratura ai tempi di internet.

Infine, martedì 17 febbraio, all’Altrove – Teatro della Maddalena in piazzetta Cambiaso, sarà la volta di Attilio Bolzoni. Inviato di Repubblica, grande giornalista d’inchiesta e di mafia, Bolzoni ha scritto con Giuseppe D’Avanzo La giustizia è cosa nostra: Rostagno, un delitto tra amici e la sceneggiatura televisiva della miniserie Paolo Borsellino. Dal suo libro su Totò Riina, Il Capo dei capi, è stata tratta l’omonima fiction televisiva; da Parole d’onore il documentario cinematografico Uomini soli: La Torre, Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino. Di recente si è molto occupato di migranti e vittime del mare, anche per il teatro.

Tutti gli incontri si svolgeranno alle ore 17 e saranno seguiti da un aperitivo con prodotti provenienti da terre confiscate alla mafia, in collaborazione con Libera e In scia stradda, il negozio della comunità di san Benedetto al porto con sede in Vico Mele.

Il progetto è a cura di Lunaria Teatro, Daniela Ardini e Sergio Buonadonna.

ROSSELLA BISCOTTI: L'AVVENIRE NON PUÒ CHE APPARTENERE AI FANTASMI - MUSEION, BOLZANO




ROSSELLA BISCOTTI
L'AVVENIRE NON PUÒ CHE APPARTENERE AI FANTASMI
a cura di Letizia Ragaglia
Museion
via Dante 6 - Bolzano
31/01/2015 – 25/05/2015

Nel 2008, per un progetto speciale di Museion, aveva sfidato la sua vertigine e camminato sul muro dell’ex- Lager di Bolzano, per poi raccogliere le testimonianze e le storie degli abitanti del quartiere.
Non si arrende davanti alle sfide, Rossella Biscotti. Archeologa della memoria e del contemporaneo, nelle sue opere l’artista apre a nuove prospettive il tempo storico e lo rende attuale nella rilettura del presente.
L’esposizione a Museion, che è anche la sua prima personale in un museo italiano, intende rileggere alcune tappe significative del suo percorso, senza essere però una retrospettiva. All’invito dell’istituzione, Biscotti ha infatti risposto con la realizzazione di nuovi lavori e tracce di opere esistenti provenienti da collezioni private e dalla collezione Museion.
Tra le opere in mostra i calchi del progetto “Le Teste in Oggetto” del 2009, le cinque teste di bronzo di Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini realizzate nel 1942 per l’Esposizione Universale di Roma, poi annullata, e “The Prison of Santo Stefano” (2011-13) i calchi in piombo di frammenti dalla prima prigione per gli ergastolani costruita nel 1793 sull’isola pontina di Santo Stefano. Tra i lavori realizzati per l’occasione anche un nuovo video per la facciata di Museion e “Note su Zeret”, appunti di viaggio alla grotta di Zeret in Etiopia, rifugio di un gruppo di sostenitori della resistenza etiope massacrati dalle truppe coloniali italiane nel 1939.
La natura dei lavori esposti rivela molto sul modo di lavorare e sull’arte di Rossella Biscotti e conferma la sua predilezione per ricerche aperte, progressive. Tutte le opere esposte hanno una innegabile componente socio-politica e propongo un confronto con la storia. Confronto che non è semplice rievocazione, però. Come recita il titolo della mostra, citazione dal filosofo francese Derrida (L’avvenire non può che appartenere ai fantasmi) riconsiderare gli eventi passati vuol dire rappresentarli qui ed ora – e quindi riflettere sul nostro presente. E del nostro passato.

Per l’occasione verrà pubblicato un catalogo trilingue con testi di Letizia Ragaglia, Chus Martinéz e un dialogo tra Rossella Biscotti e Cesare Pietroiusti.

Rossella Biscotti (Molfetta, 1978, vive e lavora a Bruxelles). Premio MAXXI nel 2010, Biscotti è una delle più interessanti della sua generazione. Ha esposto a dOCUMENTA (13), Kassel nel 2012, alla Biennale di Venezia (2013) e a Manifesta 9, Genk nel 2011. Per Museion l’artista ha realizzato un progetto sul lager di Bolzano (2008) e ha partecipato alla collettiva “The New Public” curata da Rein Wolfs nel 2012.

GUERRILLA GIRLS: 1985-2015 - MATADERO, MADRID




GUERRILLA GIRLS: 1985-2015
comisario: Xabier Arakistain
Matadero
Paseo de la Chopera 14 - Madrid
desde el 30 de enero 2015 al 26 de abril 2015

Esta exposición compila la práctica totalidad del trabajo realizado por el colectivo artístico feminista estadounidense Guerilla Girls e inaugura una serie de eventos que en 2015 conmemoran los 30 años de la fundación del colectivo.
Junto a sus emblemáticos carteles, organizados en una secuencia cronológica, se muestran una serie de documentos que generan un “contexto” que informa sobre la historia y los procesos de producción de Guerrilla Girls.
Con las publicaciones, camisetas, correspondencia, documentación de acciones y exposiciones y demás memorabilia del colectivo también se pueden ver el documental Guerrillas in Our Midst, realizado por Amy Harrison en 1992, y la entrevista en video del comisario Xabier Arakistain. 

Imagen: Guerrilla Girls  

BERNARD HEIDSIECK: POÉSIE ACTION - A.P.R.E.S. 2015




BERNARD HEIDSIECK
POÉSIE ACTION
Variations sur Bernard Heidsieck (livre / DVD)
Edité par Gilles Coudert et Bénédicte Godin
Film réalisé par Anne-Laure-Chamboissier et Philippe Franck, en collaboration avec Gilles Coudert
a.p.r.e.s éditions
janvier 2015

Coffret incluant un livre qui rassemble de nombreuses contributions et un film qui dresse un portrait intime de Bernard Heidsieck, ainsi que des entretiens avec d'autres figures majeures de la poésie sonore.

Soit Bernard Heidsieck, un poète en action.
Soit la poésie en action.
Soit un ensemble d'œuvres de Bernard Heidsieck issu des collections du Centre national des arts plastiques et présenté par Anne-Laure Chamboissier et Philippe Franck dans l'exposition « Sonopoetics », à Bruxelles en 2010.
Soit un désir de rencontrer un artiste pionnier et d'appréhender une œuvre singulière.
Soit un cercle d'artistes qui témoignent.
Soit un film pour réaffirmer l'importance et l'actualité de cette œuvre majeure.
Soit un recueil de contributions inédites de Bernard Blistène, Jean-Pierre Bobillot, Anne-Laure Chamboissier, Anne-James Chaton, Philippe Franck, John Giorno, Jean-Marie Gleize, Bernard Heidsieck, Arnaud Labelle-Rojoux, Richard Martel et Michèle Métail.

Le film, réalisé par Anne-Laure Chamboissier et Philippe Franck, en collaboration avec Gilles Coudert, dresse un portrait intime de Bernard Heidsieck, pionnier dès 1955 de la poésie sonore et fondateur en 1962 de la poésie action. Il invite à un voyage dans sa « double vie » d'artiste et de banquier et dans son œuvre, à travers un ensemble de conversations et de documents audiovisuels inédits. Des entretiens avec d'autres figures majeures de la poésie sonore viennent enrichir ce témoignage. Jean-Pierre Bobillot, Olivier Cadiot, Laurent Cauwet, Anne-James Chaton, Paul-Armand Gette, John Giorno, Bernard Heidsieck, Françoise Janicot, Arnaud Labelle-Rojoux et Jean-Jacques Lebel dessinent un tableau vivant de l'histoire de la poésie sonore et de ses développements actuels.

Anne-Laure Chamboissier est commissaire d'expositions d'art contemporain.

Philippe Franck est historien de l'art, critique, producteur, enseignant ainsi que créateur interdisciplinaire.

Gilles Coudert est réalisateur, producteur et éditeur.

À l'origine du courant de la poésie sonore, Bernard Heidsieck (1928-2014) est considéré comme l'un des plus grands poètes français du XXe siècle.
Au milieu des années 1950 il décide de rompre avec la poésie écrite, pour la sortir hors du livre. À une poésie passive, il oppose une poésie active, « debout » selon sa propre expression. Il est l'un des créateurs, à partir de 1955, de la Poésie Sonore et, en 1962, de la Poésie Action. Il utilise dès 1959 le magnétophone comme moyen d'écriture et de retransmission complémentaire, ouvrant ses recherches à des champs d'expérimentation nouveaux.
Tout en restant attaché à la sémantique, il s'émancipe peu à peu des contraintes de la langue. Il en explore toutes les dimensions formelles que ce soit par la spatialisation du texte, dans les partitions qu'il écrit, ou par la présence de son corps dans l'espace. Le son revêt avec lui une dimension plastique, notamment grâce à sa diction exceptionnelle basée autant sur le souffle que sur une articulation parfaite ou sur les inflexions sans cesse renouvelées de sa voix.
Au fil des années, son écriture se réinvente pour mieux rendre compte de notre quotidien, de notre univers social, politique ou économique, au travers de ses principaux événements, comme dans son extrême banalité. Il développe en 1955 ses premiers Poèmes-Partitions. Puis, il ne cesse de travailler par séries avec les Biopsies entre 1966 et 1969 (au nombre de 13). De 1969 à 1980, ce sont les 29 Passe-Partout. De 1978 a 1986, il écrit Derviche/Le Robert composé de 26 poèmes sonores. Puis à partir de 1988, Respirations et brèves rencontres (60 poèmes produits à partir d'archives d'enregistrements de souffles d'artistes).
Parallèlement à sa propre activité, il organise en 1976 à Paris le premier Festival International de Poésie Sonore à l'Atelier Annick Le Moine, et en association avec Michèle Métail, Les Rencontres Internationales de Poésie Sonore à Rennes, au Havre et à Paris au Centre Georges Pompidou. Il participe pendant de nombreuses années à l'organisation du festival Polyphonix dont il assure un certain temps la présidence. Il réalise plus de 540 lectures publiques de ses textes dans une vingtaine de pays.

YONA FRIEDMAN: BLVD GARIBALDI - A.P.R.E.S. 2015




YONA FRIEDMAN
BLVD GARIBALDI
Variations sur Yona Friedman (livre / DVD)
Edité par Gilles Coudert et Bénédicte Godin
Film réalisé par Caroline Cros et Antoine de Roux
a.p.r.e.s éditions janvier 2015

Coffret incluant un livre et le film de Caroline Cros et Antoine de Roux « Animal Normal. Conversations avec Yona Friedman 2007-2014 » sur DVD, consacré au célèbre appartement de Yona Friedman situé boulevard Garibaldi à Paris, véritable « merzbau » du XXIe siècle, probablement l'œuvre plastique majeure de l'architecte et philosophe d'origine hongroise.

Soit un architecte, Yona Friedman qui ne conçoit l'utopie que comme réalisable.
Soit un appartement, boulevard Garibaldi, à Paris, à la fois lieu de vie, atelier et espace d'archivage où la pensée et l'imaginaire de l'artiste se déploient.
Soit une utopie réalisée qui témoigne de la capacité de chacun à créer son propre monde.
Soit des décors organiques que l'artiste a donnés, en 2013, au Centre national des arts plastiques et qui font désormais partie des collections nationales.
Soit un film tourné dans l'appartement où Yona Friedman partage en toute intimité sa vision philosophique, politique, engagée et généreuse de l'architecture et de notre monde.
Soit un recueil de textes de Sylvie Boulanger, Marie-Ange Brayer, Caroline Cros, Wim De Wit, et Jean-Philippe Vassal qui sont autant de variations sur Yona Friedman.

Le film Animal normal relate la conversation intimiste que Yona Friedman a engagée avec Caroline Cros et Antoine de Roux en 2007. Filmé dans son appartement du boulevard Garibaldi, probablement son œuvre plastique majeure, Friedman nous fait partager une pensée généreuse où l'individu redevient un acteur responsable de l'amélioration de son environnement. Puisant dans des références aussi variées que la pensée analytique ou holistique, la cuisine, les lois de la nature, la sensibilité canine, l'art du graffiti ou encore les pratiques de construction ancestrales, il transmet une vision du monde et de l'architecture où l'improvisation, l'éducation, l'irrégularité, la communication, la créativité, l'immatérialité, la mobilité sont des vecteurs de liberté. Des séquences filmées qui montrent l'artiste au travail ainsi que des travaux anciens et récents viennent ponctuer et enrichir ces entretiens.

Caroline Cros est conservatrice du patrimoine et chargée de cours sur l'art contemporain à l'École du Louvre. Elle a été commissaire de plusieurs expositions sur Yona Friedman.

Antoine de Roux est photographe, réalisateur de films et producteur. Il filme régulièrement les artistes au travail.

Yona Friedman (né en 1923 à Budapest, vit et travaille à Paris) développe depuis le milieu du XXe siècle le concept d'« architecture mobile », fondement d'une théorie universelle selon laquelle habitat et urbanisme doivent être pensés d'une part directement par leurs utilisateurs, et d'autre part en intégrant l'imprévisibilité du comportement futur de l'usager.
Considéré comme l'un des plus grands penseurs de l'architecture aujourd'hui, Yona Friedman ne conçoit l'utopie que comme réalisable. Ses projets visionnaires ne font pas seulement l'objet d'expositions dans les plus grandes institutions artistiques internationales, mais ils donnent aussi lieu à de nombreuses constructions réelles, mettant en œuvre des techniques simples et éprouvées, et ses propositions ont eu des retombées pratiques importantes sur l'urbanisme contemporain.

ANTONELLA RATHSCHÜLER: HENRY THOMAS PETERS E L’INDUSTRIA DEL MOBILE NELL’OTTOCENTO - IL CANNETO 2014




ANTONELLA RATHSCHÜLER
HENRY THOMAS PETERS E L’INDUSTRIA DEL MOBILE NELL’OTTOCENTO
Il Canneto (8 dicembre 2014)
Collana: Documenta

Henry Thomas Peters, ebanista inglese dell’Ottocento trapiantato in Italia, fu un personaggio complesso ed eccentrico.
La sua sensibilità sociale e politica (fu corrispondente tra l’altro di Giuseppe Mazzini), la sua interpretazione del ruolo dell’imprenditore, con l’introduzione di metodi da “protodesign”, ne fecero un precursore.
Peters fu capace, con i suoi mobili, di incontrare il gusto della nuova borghesia in ascesa e insieme di rinnovare quello della grande aristocrazia italiana.
Il volume contiene un’ampia sezione di foto a colori della produzione di Peters ed è la prima monografia interamente dedicata alla sua produzione.

HENRY THOMAS PETERS (?-1852), maestro artigiano inglese, intorno al 1817 arriva a Genova, dove resta fino alla morte e dove apre nel 1824 un laboratorio in via Balbi: reclamizzando la sua produzione sulla Gazzetta di Genova, così si definisce “scagnettiere inglese e negoziante in grosso e in dettaglio di mahogany e di altri legni particolari forestieri” coi quali costruiva “letti, seggiole, scrigni scrittoj, tavole, sofà, ecc.”. Firma i suoi lavori con marchio a secco PETERS MAKER GENOA. Fu inoltre fornitore di arredi per le residenze Reali dei Savoia, per le più importanti famiglie nobili genovesi e non solo.
  

giovedì 29 gennaio 2015

CONSTANT: TWO DIORAMAS - GEMEENTEMUSEUM DEN HAAG




CONSTANT
TWO DIORAMAS
Gemeentemuseum Den Haag

The Gemeentemuseum The Hague has purchased two dioramas by artist Constant Nieuwenhuys. Constant produced only three such works, and two are now part of the largest collection of New Babylon which is in the possession of the Dutch Gemeentemuseum The Hague. Although the reputation of the Gemeentemuseum rests largely on its possession of the world’s greatest collection of Mondrians, it also has a New Babylon collection including 19 maquettes and 72 drawings. This makes the museum the proud possessor of almost the whole of Constant’s New Babylon project, a massive work that continues to inspire architects and artists worldwide.
With the rise of mega-cities, the ecological crisis, the bankruptcy of the capitalist system and ever more wars, the world is experiencing rapid and radical change. Populations are left destabilised and groping for new values. Politicians and administrators are desperately seeking to envisage a new world order. A first move in that direction was made in the aftermath of the Second World War, when Constant developed his ideas for a new world in which people would no longer need to work and cities would function as networks. For almost twenty years on end, he laboured to produce maquettes, ground plans, paintings, drawings and films outlining this new society. “I want to challenge the imagination of those who will have to prepare the construction of the future world.”

I am not a designer, but a provocateur
New Babylon is a world in which extensive automation has eliminated the need for people to work; instead, they lead a continuously nomadic and creative life. Some of Constant’s inspiration for this ‘homo ludens’ (man at play) came from his observation of gypsies in the Italian town of Alba, for which he produced a ‘Design for a gypsy encampment’ in 1956. Constant has since become internationally renowned for New Babylon and his other urban development designs. His work inspires both contemporary artists and architects like Rem Koolhaas. Constant himself feared the over-literal application of his ideas, saying that “New Babylon is not a model that should be imitated, but rather an illustration of a way of life in a hypothesized society”. He stressed, “I am not a designer, but a provocateur.”

Fantasising about a new world
It is in this light that the museum’s two new acquisitions, Diorama II and Diorama III, fill a vital gap in its New Babylon collection. The dioramas are even more effective than the maquettes in terms of stimulating the viewer’s imagination. Thanks to their abstract nature and use of mirrors, the viewer is engulfed in their labyrinthine environment and feels for a moment as if he is actually a ‘New Babylonian’. White and equipped with mirrors, Diorama II represents New Babylon by day, whereas Diorama III, without mirrors and painted silver-grey, evokes the sensation of wandering through New Babylon by night.

Dioramas to remain in the Netherlands
Director Benno Tempel is glad to have been able to add these key works to the Gemeentemuseum’s already unique New Babylon collection: “The Gemeentemuseum received the two works on loan from Constant himself. After his death, the Fondation Constant extended the loan agreement, but there was steadily increasing foreign interest in buying the dioramas. Thanks to financial support from the Dutch Rembrandt Society and the Dutch Mondriaan Fund, as well as our good relations with the Fondation Constant, we have now been able to save the dioramas for the nation.”

Major Constant exhibition at Reina Sofia and the Gemeentemuseum
The Gemeentemuseum is raising its already established international profile as the world’s leading knowledge centre regarding New Babylon. The museum is partnering the Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia on the organization of a major exhibition on New Babylon, to be held in Madrid in October 2015. In the summer of 2016, part of that exhibition will come to the Gemeentemuseum, where it will combine with shows at the Cobra Museum and Museum Kranenburgh to form a nationwide retrospective of Constant’s work. The Gemeentemuseum is also engaged in research concerning the relationship between Constant’s New Babylon and the De Stijl movement.

Constant Nieuwenhuys - Diorama II - 1962 (New Babylon, Collectie Gemeentemuseum Den Haag)

LUCA MARIA PATELLA: AMBIENTI PROIETTIVI ANIMATI, 1964-1984 - MACRO, ROMA




LUCA MARIA PATELLA
AMBIENTI PROIETTIVI ANIMATI, 1964-1984
a cura di Benedetta Carpi De Resmini e Stefano Chiodi
MACRO
via Nizza 138 - Roma
29.1.2015 - 26.04.2015

Dal 30 gennaio al 26 aprile 2015 il MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma presenta la mostra di Luca Maria Patella, Ambienti proiettivi animati, 1964-1984, a cura di Benedetta Carpi De Resmini e Stefano Chiodi, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività, Promozione Artistica e Turismo - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e realizzata con il sostegno e la collaborazione della Fondazione Morra di Napoli, che da anni ne cura le esposizioni e l’archivio generale.
Il progetto espositivo, che prende il titolo della prima mostra personale di Patella tenutasi a Roma nel 1968 alla galleria l’Attico di Fabio Sargentini, intende offrire, attraverso una selezione di alcune tra le opere più significative dei primi due decenni della sua lunga carriera la possibilità di rileggere criticamente gli esordi del percorso dell’artista.
In anticipo sulle tendenze artistiche e culturali che sarebbero emerse solo nei decenni successivi, Luca Maria Patella è stato nella prima metà degli anni Sessanta uno dei pionieri in Europa dell’uso artistico di fotografia e film, sovente posti in relazione con lo spazio naturale e l’architettura. Le sue sperimentazioni non solo sondano le nuove possibilità espressive di questi media ma ne esaltano le qualità concettuali e i potenziali allegorici, con la consapevolezza di avere a disposizione linguaggi da articolare e reinventare.
La mostra si snoda attraverso una serie di “ambienti” disposti in un percorso che mette in luce i peculiari procedimenti creativi della produzione degli anni Sessanta e Settanta dell’artista.
Le installazioni, le azioni performative, le tele fotografiche, i film e i libri d’artista concorrono a delineare l’immagine di un artista “totale”, creando inediti punti di vista da cui osservare i mutamenti del mondo circostante e le trasformazioni dei codici linguistici, in un periodo cruciale delle pratiche artistiche degli ultimi decenni.
Per la prima volta dal 1971 vengono presentati al pubblico gli Alberi parlanti, elementi multisensoriali che formano un ambiente sonoro interattivo, simbolo, con il suo duplice valore, onirico e poetico da un lato, scientifico e filosofico dall’altro, del doppio orientamento del lavoro di Patella, culminato nella felice integrazione delle due polarità estetiche.
Mentre le tele fotografiche presentate in mostra dialogano con il cortometraggio Terra Animata, girato da Patella in 16mm nel 1967 (film che la critica ha accostato alle primissime esperienze concettuali e alla land art), la serie originale di oltre trecento diapositive che fanno da sfondo all’azione comportamentale Camminare dialoga con l’installazione Voulez-vous une Aubelière? in uno spazio dal forte impatto sinestetico. Concludono il percorso della mostra due importanti installazioni che compendiano le polarità complementari del lavoro di Patella: Id e Azione, del 1974, e Mysterium Coniunctionis, del 1983-84.
Parte integrante della mostra è il programma di proiezioni di film realizzati negli anni Sessanta, presentato in Sala Cinema. Le pellicole, recentemente restaurate dalla Cineteca Nazionale di Roma, dimostrano un uso sperimentale e proto-concettuale del medium cinematografico.
La rassegna di film in mostra è realizzata in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale.

Il MACRO pubblicherà in occasione della mostra un catalogo nel quale una serie di testi critici, accompagnati da una ricca documentazione iconografica, compongono il primo studio sistematico sulla prima parte della carriera dell’artista.

CARLOTTA SORBA: IL MELODRAMMA DELLA NAZIONE - LATERZA 2015




CARLOTTA SORBA
IL MELODRAMMA DELLA NAZIONE
Politica e sentimenti nell'età del Risorgimento
Laterza (22 gennaio 2015)
Collana: Storia e società

"Qui stretti in famiglia giuriamo guerra eterna di sterminio a quelle belve vestite di umana forma, ai crudeli che questa terra dilaniano che, non sazi dei nostri tesori, il sangue stesso ci succhiano. Vendetta! Vendetta! Lo giuriamo!". È una pagina di un mèlo del 1848, dove una giovinetta di forte tempra morale giura di combattere il nemico austriaco che opprime, sevizia, perseguita la patria succube da secoli dello straniero. Una straordinaria esaltazione percorre in Italia le battaglie risorgimentali, mentre il lessico delle emozioni e dei sentimenti invade la politica. Persino i più moderati tra i patrioti utilizzano linguaggi, narrazioni, gestualità che risuonano di enfasi e di estremismo etico e si richiamano a quella immaginazione melodrammatica che, dalla fine del Settecento, attraversa in tutta Europa il teatro e la letteratura di finzione. E dunque sulle scene di Parigi, di Londra e di Milano che inizia il percorso di questo volume, perché è lì che per la prima volta si propongono testi insieme lacrimevoli e spettacolari, adatti a un pubblico largo e non acculturato. Ma è nell'Italia del 1848 che il melodramma della nazione esprime al meglio le sue potenzialità, permeando di sé i discorsi e la comunicazione politica, come le pratiche e i corpi dei patrioti, in un crescendo di pathos e teatralità.
  

mercoledì 28 gennaio 2015

ADRIANA CASTAGNOLI: LA GUERRA FREDDA ECONOMICA - LATERZA 2015




ADRIANA CASTAGNOLI
LA GUERRA FREDDA ECONOMICA
Italia e Stati Uniti (1947-1989)
Laterza (22 gennaio 2015)
Collana: Quadrante Laterza

Negli anni della guerra fredda Washington mise in campo un ampio spettro di strumenti per contrastare l'espansione del blocco sovietico. La "guerra fredda economica" condotta dagli Stati Uniti, fatta di misure come sanzioni economiche e controlli sugli scambi commerciali est-ovest, nonché di aiuti ad alleati e a paesi terzi, coinvolse direttamente anche l'Italia orientandone in maniera decisiva i flussi degli scambi. Adriana Castagnoli mette in luce le complesse relazioni politiche ed economiche tra Stati Uniti e Italia che contraddistinsero la nostra collocazione nel blocco occidentale e determinarono, anche per questa via, un modello di sviluppo anomalo e segnato da una forte dipendenza dalle multinazionali americane nei settori tecnologicamente più avanzati. Un effetto a lungo termine che continua ancora oggi a manifestare le sue conseguenze.

SALVATORE SETTIS: IL LAOCOONTE VATICANO E LE SUE METAMORFOSI - PALAZZO DUCALE, GENOVA 29/172015




I capolavori raccontati
SALVATORE SETTIS
UN POEMA NEL MARMO: IL LAOCOONTE VATICANO E LE SUE METAMORFOSI
Palazzo Ducale - Sala del Maggior Consiglio
piazza Matteotti 9 - Genova
giovedì 29 gennaio 2015, ore 21,00

Si apre con lo storico dell’arte e archeologo Salvatore Settis la terza edizione de I capolavori raccontati, ciclo di incontri curato da Marco Carminati, che avvicinerà anche quest’anno il pubblico del Ducale ai segreti e alle avventure di grandi opere d’arte di tutti i tempi.
Settis si soffermerà sul celeberrimo gruppo scultoreo del Laocoonte Vaticano, risalente al primo secolo a.C. e tornato alla luce solo molto più tardi, in epoca rinascimentale. Opera, secondo quanto testimoniato da Plinio il Vecchio, di tre scultori di Rodi, Atenodoro, Polidoro e Agesandro, il Laocoonte ha nel corso dei secoli arricchito la sua storia intrecciandomiti, aneddoti e originali interpretazioni, fino a diventare emblematica icona del dolore e della passione politica.

martedì 27 gennaio 2015

CHRISTIAN MARCLAY - WHITE CUBE BERMONDSEY, LONDON




CHRISTIAN MARCLAY
White Cube Bermondsey
144 – 152 Bermondsey Street - London
28/1/2015 - 12/4/2015

On January 2015, White Cube will present a major solo exhibition by Christian Marclay, including a range of new work and a lively programme of weekly performances.
Continuing Marclay’s long-standing interest in the relationship between image and sound, the exhibition is comprised of a series of works on canvas and paper that feature onomatopoeia taken from comic books. Unlike earlier instances of sound mimesis in his work, these focus solely on the wet sounds suggestive of the action of painting. Combining cartoon-strip imagery and the dripping, pouring and splashing noises associated with gestural abstraction, the works ironically bridge a gap between art movements as distinct as Abstract Expressionism and Pop Art. This is also reflected in the method in which they have been made; a combination of painting overlaid with screen printing.
A further set of onomatopoeia is put in motion for the first time in a large-scale video installation which projects across four walls. To make the work, the artist collated a lexicon of the sound effects made by characters in superhero stories. The scanned swatches were then animated using the software programme After Effects in a dynamic choreography that suggests the acoustic properties of each word. ‘Boom’, for example, is no longer static on the page, but bursts into life in a sequence of colourful explosions, while ‘Whooosh!’ and ‘Zoooom!’ travel at high speed around the walls. The work fuses the aural with the visual, and immerses the viewer in a silent musical composition.
The aqueous motif introduced with the paintings runs throughout the exhibition, surfacing in a number of new works that allude to everyday life. In a new video installation entitled Pub Crawl (2014), the artist coaxes sound from the empty glasses, bottles and cans that he finds abandoned on the streets of East London, during early morning weekend walks. In a series of projections that run the length of the gallery’s corridor, these discarded vessels are hit, rolled and crushed, forming a lively sound track that echoes throughout the space.
A programme of weekend performances led by London Sinfonietta, will take over a large section of the gallery and run for the duration of the exhibition. London Sinfonietta and Marclay will work together with some of the world’s most renowned contemporary composers and improvisers to stage performances, including new compositions and live improvisation sessions.The exhibition will also feature The Vinyl Factory Press, a unique hydraulic vinyl pressing machine created by The Vinyl Factory, and screen printing equipment operated by the London printmakers Coriander Studio. Audiences will be able to witness on site the unique process of producing vinyl records, from the initial recording of the concerts to cutting and pressing the records and printing the sleeves.
In collaboration with London Sinfonietta and The Vinyl Factory, there will be a dynamic programme of performances every weekend for the duration of the exhibition. Special guests on Saturdays and London Sinfonietta on Sundays. Performances start at 3 pm.

ALFREDO PIRRI: LA GABBIA D'ORO - GALLERIA FRANCESCO PANTALEONE, PALERMO




ALFREDO PIRRI
LA GABBIA D'ORO
a cura di Agata Polizzi
Galleria d'Arte Contemporanea Francesco Pantaleone
via Vittorio Emanuele, 30 - Palermo
dal 28/1/2015 al 28/2/2015

“La Gabbia d’oro” è un progetto pensato da Alfredo Pirri per la Chiesa del Giglio, a Palermo, articolato in varie azioni e luoghi, con una base operativa ed espositiva stabile all’interno della galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea.
“La Gabbia d’oro” è nelle intenzioni dell’artista un luogo che possa assolvere più funzioni: luogo di sperimentazione, di visita autonomo dalle attività che vi si svolgono; luogo occasionale di mostre o performance, concerti, luogo di confronto e di scambio. Con questo progetto si vuole realizzare un’opera in bilico fra arte visiva e architettura, un’opera che assolva il fine di costruire e rendere subito disponibile uno spazio per delle attività artistiche, senza aspettare, per utilizzare la struttura, che si effettuino i costosi lavori di restauro necessari ad ottenerne l’agibilità. Al contempo uno spazio costruito con “tecniche temporanee”, fondate sull’immaginario di un artista che, attraverso il suo lavoro in dialogo con professionalità differenti e complementari, restituirà alla città un’architettura dimenticata, e all’arte un laboratorio vivo di creazione, mostrando in tal modo la rilevanza che l’arte può assumere come guida di processi complessi in campo sia creativo sia civile. Al suo processo attuativo sono stati chiamati a partecipare, come parte integrante della progettazione stessa, persone in ruoli differenti e istituzioni come la Galleria FPAC, l’Accademia di Belle Arti di Palermo ed il Museo Civico di Castelbuono, che partecipando direttamente a tutte le fasi di elaborazione e realizzazione del programma, potranno consentire di viverlo dall’interno e non solo come adesione formale.
Il progetto è avviato da un seminario tenuto da un gruppo di lavoro composto da professionalità del mondo dell’arte, della cultura e imprenditoria è composto da Alfredo Pirri, Ettore Alloggia, Pietro Airoldi, Laura Barreca, Roberto Bilotti, Umberto De Paola, Cinzia Ferrara, Renato Galasso, Vincenzo Melluso, Francesco Pantaleone, Cesira Palmeri e Agata Polizzi.
Il seminario sarà concluso con la pubblicazione di un “quaderno d’artista” che segnerà la chiusura della prima fase del progetto “La Gabbia d’oro”.
Opera
L’opera di Alfredo Pirri intitolata La “Gabbia d’oro” da realizzarsi dentro l’edificio della “Chiesa del Giglio” è finalizzata a costruire, attraverso un processo temporale e spaziale, un luogo particolarmente affine alla visione, che ha l’artista del ruolo dell’arte dentro la città. In particolare di una città come Palermo, ricca di luoghi che potrebbero essere riutilizzati per fini differenti dalla loro origine, ma allo stesso tempo talmente impregnati di memoria storica e tradizioni popolari da non poterne (o volerne) cancellarne il segno. L’opera consiste nella creazione di un luogo allo stesso tempo separato (dallo spazio urbano) e permeabile (alle sue suggestioni e poetiche), un luogo simbolicamente protettivo dell’arte, dell’artista, del suo lavoro e della sua intimità, un luogo che custodisca l’arte e l’artista come fa la gabbia con il canarino. Luogo quindi che, sì, separa visibilmente l’artista dagli altri imprigionandolo addirittura, ma soprattutto ne amplifichi e diffonda il “canto” nello spazio circostante, inoltre gabbia di protezione fisica dalle minacce di cedimenti. Un luogo che si costruisce e sviluppa dentro lo spazio della Chiesa del Giglio come un corpo autonomo senza toccarne nessuna parete o particolare architettonico. Una gabbia che è filtro attraverso cui vedere lo spazio interno della chiesa in maniera protetta. Infine, luogo-opera, finalizzato alla creazione artistica ma opera d’arte in sé, quindi visibile e vivibile anche autonomamente dalle attività che vi si svolgeranno all’interno. Il progetto si compone di momenti differenti e integrati che si svilupperanno nel tempo e nello spazio (sia inteso come spazio specifico sia cittadino).
Oratorio Madonna del Giglio
L’oratorio di proprietà di Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona e Cesira Palmeri di Villalba, costruito nel 1615 dalla Compagnia dell’Annunciata del Giglio nella contrada dello Stazzone è stato per lungo tempo sede della Confraternita di Maria SS. Addolorata. La compagnia era stata costituita nel 1597 da commissari della Corte Pretoriana ed aveva avuto la sua prima sede nella chiesa della Madonna dell’Itria alla Ferrarìa (presso la chiesa di Santa Maria del Paradiso).
Il semplice portale introduce al vano d’ingresso che immette alla chiesa vera e propria. Questa è un’aula rettangolare, con interventi realizzati dopo il 1860, priva di particolari decorazioni. Solo alcune figurine in stucco, colorate secondo un vivace cromatismo, ornano l’altare in cui è posta la tela ottocentesca dell’Annunciazione. Il 18 Novembre 2001, dopo quasi quattrocento anni di attività, la chiesa è stata chiusa per inagibilità. Oggi, nonostante i numerosi sforzi della proprietà, versa in condizioni di semi-abbandono.

YVES BONNEFOY: LA GRANDE OURSE - GALILÉE 2015




YVES BONNEFOY
LA GRANDE OURSE
suivi de DEDANS DEHORS?
Galilée (15/01/2015)
Collection : Lignes Fictives

Nous sommes traversés par des voix sans nombre, c’est presque de l’infini comme dans les méandres des rêves ou dans le poudroiement d’étoiles des nuits d’été. Et il suffit de prêter l’oreille pour que de ce bruissement quelques paroles plus fortes se détachent, disant des choses précises, avec des allusions qu’il faudrait comprendre, des avis qui peut-être sont méditables. Mais, quelle surprise ! Ces propos ne nous sont pas adressés. C’est entre elles que ces voix parlent. Il semble qu’il y ait dans notre inconscient des êtres qui à notre insu se connaissent, se fréquentent, partagent des réflexions. Qui s’intéressent à nous, qui sait, hommes, femmes, enfants qu’ils sont, mais sans trop vouloir que nous nous mêlions de ce que peut-être ils vont décider pour notre avenir.
Ne cessons pas de les écouter, cependant, ces voix ! Faisons-leur confiance. Entrons dans l’espace sans haut ni bas ni dedans ni dehors de leurs échanges comme en des nuits de l’enfance nous nous couchions dans l’herbe du pré, derrière nos maisons, pour aller parmi les millions d’étoiles avec l’impression de tomber.

E.M. CIORAN: ESSAI SUR LA PENSÉE RÉACTIONNAIRE - FATA MORGANA 2015




E.M. CIORAN
ESSAI SUR LA PENSÉE RÉACTIONNAIRE
Fata Morgana (13 janvier 2015)

Chaque époque incline à penser qu’elle est en quelque sorte la dernière, qu’avec elle se ferme un cycle ou tous les cycles. Aujourd’hui comme hier, nous concevons plus aisément l’enfer que l’âge d’or, l’apocalypse que l’utopie, et l’idée d’une catastrophe cosmique nous est aussi familière qu’elle l’était aux bouddhistes, aux présocratiques ou aux stoïciens.
Prenant comme point de départ l’œuvre méconnue de Joseph de Maistre (l’un des pères de la philosophie contre-révolutionnaire), Cioran mène dans cet essai une réflexion sur l’histoire, le pouvoir et la pensée politique. L’analyse qu’il fait des mouvements révolutionnaires, et des guerres et théocraties qui souhaitent les endiguer, reste, quarante ans plus tard, un apport précieux à nos débats actuels.
  

EUTOPIA ENSEMBLE: CONCERTO DELLA MEMORIA - TEATRO DELLA TOSSE, GENOVA 28/1/2015




Le strade del suono 2014-2015
direttore artistico: Matteo Manzitti
EUTOPIA ENSEMBLE
CONCERTO DELLA MEMORIA
Teatro della Tosse - Sala Dino Campana
piazza Renato Negri - Genova
mercoledì 28 gennaio 2014
introduzione tematica ore 20.30
inizio concerto ore 21.00

Programma:
OLIVIER MESSIAEN, Quartetto per la Fine dei Tempi
MORTEN LAURIDSEN, O Magnum Myesterium
RANDALL THOMPSON, Alleluia
OLIVIER MESSIAEN, O Sacrum Convivium

Subito dopo il Giorno della Memoria, l’Eutopia Ensemble eseguirà uno dei massimi capolavori di Messiaen, il Quartetto per la Fine dei Tempi, brano composto nel 1940 e eseguito il 15 gennaio del ’41 nel campo di concentramento di Görlitz, dove il compositore era prigioniero. Il brano fu eseguito all’aperto, nel pieno del freddo invernale, con un pianoforte distrutto e un violoncello con sole tre corde, ma la sua bellezza conquistò tutti i prigionieri del campo, così come ancora oggi tocca e commuove chi lo ascolta.
Dopo il quartetto, verranno eseguiti tre canti, che in qualche modo raccolgono, alla fine del concerto, quel senso di eternità che Messiaen sembra auspicare come dimensione salvifica rispetto alle incertezze e alla crudeltà del tempo ordinario della vita. Brani di musica sacra di Lauridsen, Thompson e dello stesso Messiaen, cantati da una formazione vocale d’eccezione, composta dal Genova Vocal Ensemble e dal Coro dei Concerti Spirituali del Gonfalone, due formazioni di assoluta qualità.
Eutopia Ensemble: Edoardo Lega (clarinetto); Franziska Shötensack (violino), Valentina Messa (pianoforte); Riccardo Agosti (violoncello).

lunedì 26 gennaio 2015

CHROMOPHOBIA - GAGOSIAN GENÈVE




CHROMOPHOBIA
Gagosian Genève
19 place de Longemalle - Genève
27/1/2015 - 27/3/2015

La Chromophobie se manifeste dans les tentatives nombreuses et variées d’éliminer la couleur dans la culture, de dévaluer la couleur, de diminuer son importance, de nier sa complexité.
—David Batchelor

Gagosian Genève est heureuse de présenter l’exposition “Chromophobia,” qui s’inspire des écrits de l’artiste David Batchelor et qui rassemble des œuvres de Davide Balula, Alan Charlton, Dadamaino, Edmund de Waal, Piero Golia, Loris Gréaud, Callum Innes, Wyatt Kahn, Piero Manzoni, Olivier Mosset, Steven Parrino, Sterling Ruby, Robert Ryman, Richard Serra, Turi Simeti, David Smith, Blair Thurman, Rachel Whiteread, et Christopher Wool.
Dans son livre Chromophobia (2000), Batchelor identifie une suppression généralisée de la couleur dans l’art et la culture occidentale, examinant comment et pourquoi les artistes, architectes, et auteurs peuvent rejeter la couleur, en tant que stratégie principale ou dans des œuvres spécifiques. Adoptant son diagnostic comme concept curatorial, l’exposition rassemble des peintures, sculptures, et œuvres sur papier dans lesquelles les artistes éliminent la couleur pour mettre en valeur la forme, le processus, et le matériau.
Certains artistes emploient le noir et le blanc pour représenter des vides illusoires et des espaces en négatif ou, à l’inverse, une réalité physique. Avec Volume (1959), une toile noire percée de trous par l’artiste milanais Dadamaino, le mur de la galerie s’inscrit comme un élément de composition; dans Achrome (1958), Piero Manzoni a recouvert la toile de gesso mélangé avec de la colle et du kaolin, puis l’a drapée sur un support où elle s’est affaissée et plissée au fur et à mesure qu’elle séchait. Slow Weight (1993), par Richard Serra, un rectangle noir réalisé avec un bâton à l’huile épais sur papier, revendique une présence sculpturale et olfactive palpable dans l’espace.
Apportant une véritable sensibilité punk à l’histoire de l’abstraction, dès le début des années 70, Steven Parrino commença à bouleverser le traditionnel rectangle noir en le perforant ou en le tordant, ou utilisant de la peinture noire issue de l’industrie automobile. Dans des œuvres créées spécifiquement pour cette exposition, Blair Thurman interroge de la même manière les limites de la surface peinte en combinant de la peinture et des néons, alors que Davide Balula utilise des produits chimiques industriels, permettant à des résidus organiques fortuits de se déposer. Dans sa sculpture Coloring the Wi-Fi (2015), Balula rend la couleur immatérielle, en la transformant en ondes radios pouvant être capturées digitalement.
Les représentations en négatif d’espaces de Rachel Whiteread prennent souvent la forme de sculptures en résine délicatement colorées, mais dans une rare céramique de 2000–01, elle joue sur la relation entre l’intérieur et l’extérieur, par un fort contraste entre noir et blanc. Edmund De Waal engage l’espace autour et entre ses pots faits main de différentes manières, en réutilisant le matériau traditionnel dans des suites minimalistes installées dans des cabinets monochromes noirs ou blancs. Le Stove (2013) noir de Sterling Ruby, pleinement fonctionnel, commémore le cœur de son enfance et sa maison dans la Pennsylvanie rurale.
En citant la volonté de Frank Stella de « garder la peinture aussi belle qu’elle l’est dans le pot », Batchelor décrit le déploiement généralisé des peintures industrielles et domestiques pendant les années 1960 comme la prédiction d’un changement sismique dans la peinture—notamment le désir sans précédent de certains artistes d’éviter toute trace de la main. A la fin des années 1980, Christopher Wool commença à utiliser des pochoirs et de nouveaux rouleaux à peinture pour appliquer des blocs de texte et des motifs décoratifs recouvrant complètement du papier, de la toile, et des panneaux d’aluminium peints en blancs. Entre 1966 et 1974, Olivier Mosset produisit plus de 200 œuvres identiques représentant un cercle noir peint au centre d’une toile blanche, démontrant sa quête permanente de l’ambivalence comme pureté formelle—une attitude parfaitement illustrée plus tardivement avec Untitled (2010), une imposante toile vierge recouverte de polyuréthane blanc.
Les œuvres présentées dans cette exposition ne sont pas passivement sans couleur; elles emploient plutôt délibérément les caractéristiques de nouveauté, d’absolu, de néant, et d’infini conférées par le noir et le blanc.

HANS RICHTER - MACA, ACRI




HANS RICHTER
MACA Museo Arte Contemporanea Acri
piazza Falcone 1 – Acri
dal 27/1/2015 all'1/3/2015

Martedì 27 gennaio 2015, in occasione della Giornata della Memoria, il MACA (Museo Arte Contemporanea Acri) presenterà una piccola, ma significativa, collezione di opere del grande maestro tedesco Hans Richter (Berlino, 1888 – Locarno, 1976). Artista poliedrico enormemente affascinato dalle infinite possibilità espressive fornite dal mezzo cinematografico, di cui fu uno dei massimi sperimentatori, Richter fu tra i padri fondatori del Dadaismo, nonché uno dei suoi maggiori esponenti.
I lavori presentati coprono l’intera carriera artista di Richter, sia dal punto di vista cronologico, che per quel che riguarda le sue numerose sperimentazioni espressive. Cinque opere a parete, tra collage, gouache, carboncini e olii su tela, sono accompagnati da due dei suoi seminali esperimenti con il cinema d’avanguardia, che gli valsero il Leone d’oro al Festival del Cinema di Venezia nel 1947.
Le opere di Hans Richter, così come quelle dell’intero movimento dadaista e di tutte le avanguardie di inizio Novecento, furono categorizzate alla stregua arte degenerata da parte del regime nazista, nel macabro e fallimentare tentativo di cancellarne l’esistenza.
La mostra rientra nell’ambito del progetto La Shoah dell’arte, organizzato dall’associazione ECAD – impegnata da anni in attività di ricerca, sperimentazione, approfondimento e divulgazione della Memoria – e patrocinato e promosso dal MIBACT. Il MACA ha aderito all’invito rivoltogli dall’associazione ECAD, così come hanno fatto numerose altre istituzioni museali pubbliche e private, a livello nazionale, dando vita a un progetto museologico e teatrale diffuso fondato su di una serie di mostre, conferenze e spettacoli a tema, correlate e interdipendenti.

Contemporaneamente alla mostra di Hans Richter, verrà presentata un’installazione ambientale dell’artista Silvio Vigliaturo (Acri, 1949), anch’essa incentrata sulla Shoah, che viene ricordata metaforicamente attraverso una distesa di cappotti e scarpe abbandonati a terra sormontati dalla figura incombete della morte a cavallo e circondati da un ammasso di strisce di vecchi giornali. A completamento dell’opera, una serie non sequenziale di numeri proiettati a parete simboleggiano le vittime dello sterminio e l’arbitrarietà, se non addirittura la casualità, della scelta crudele con cui i carnefici hanno deciso di dar loro la morte.
L’intero evento, realizzato con la partecipazione Liceo V. Julia di Acri, verrà presentato da tre studenti dell’istituto scolastico, che introdurranno e contestualizzeranno storicamente la mostra di Hans Richter e l’intervento ambientale di Silvio Vigliaturo.

Immagine: Hans Richter, Sleeping man 1914, gouache.

STEFANO CECCHETTO: EZIO GRIBAUDO E GIORGIO DE CHIRICO - SKIRA 2015




STEFANO CECCHETTO
EZIO GRIBAUDO E GIORGIO DE CHIRICO
Memorie ritrovate
Skira (9 gennaio 2015)
Collana: Arte contemporanea

Un libro che si sviluppa come un racconto per immagini e che descrive l’amicizia e il rapporto professionale tra Ezio Gribaudo e Giorgio de Chirico attraverso gli episodi dei loro incontri e le tappe della loro collaborazione professionale per tre importanti pubblicazioni dell’artista. La memoria e i luoghi della Metafisica nella Torino degli anni settanta, che vede i due protagonisti riuniti sotto la lapide in memoria di Nietzsche, quasi a testimoniare un’affermazione di paternità. Gribaudo a Roma ospite di de Chirico per la preparazione della monografia Fabbri curata da Isabella Far, e poi de Chirico a Parigi per il vernissage della mostra di Ezio Gribaudo alla Galerie de France.
Un omaggio all’amicizia, nel tempo/non tempo della narrazione, per ritrovare la fisionomia di un rapporto autentico nel rispetto reciproco dei rispettivi ruoli e nella suggestiva poetica della rappresentazione.