INVERNOMUTO
I-RATION
a cura di Emanuele Guidi
Ar/ge Kunst Galleria Museo
via Museo, 29 - Bolzano
dal 4/4/2014 al 31/5/2014
Il titolo I-Ration è un termine anglo-giamaicano che significa “creazione” e associa ad essa uno stato estatico del soggetto che fa esperienza di questo momento. A partire dall’appropriazione di questa espressione chiave del lessico Rastafariano e, quasi ad accogliere ed amplificare il fatto che “il popolo Rastafariano si riserva il diritto di pensare, conoscere, nominare, reinterpretare, e definire la loro ‘essenza ed esistenza’ in categorie non tradizionali ”, Invernomuto continua nella scrittura di una propria narrazione in cui sovrapposizioni e scivolamenti di porzioni di storia concatenano Etiopia, Giamaica ed Italia. Una narrazione che si sviluppa intorno alla figura del re etiope Haile Selassie I, al passato coloniale Italiano, e ha coinvolto personalità come Lee “Scratch” Perry (musicista seminale della tradizione reggae e dub).
La mostra articola una serie di nuove produzioni con interventi ripensati per questa occasione in modo da creare un discorso che attraversi le molteplici fasi del progetto Negus e ne indichi una possibile direzione di sviluppo.
L’interesse per la memoria e i processi di ibridazione è centrale in Zion, Paesaggio (2014): la riproduzione di un monumento a forma di scala che l’esercito italiano posizionò ad Addis Abeba di fronte alla residenza imperiale (oggi sede dell’Università) durante la campagna coloniale fascista. Dopo la sconfitta degli occupanti, i quattordici gradini che indicavano gli anni d’impero del regime, furono “ridotti” a piedistallo per ospitare la figura simbolo dell’Etiopia (il Leone di Giuda). Invernomuto sottolinea questo gesto di riappropriazione producendo un paesaggio in cui il tempo è la dimensione che regola ricordo e percezione dell’esotico.
MEDO SET (2014) è invece uno stendardo su cui è stato intagliato un testo che Lee Perry ha concepito durante il rituale/performance che Invernomuto ha messo in scena nel 2013 a Vernasca, guidato dallo stesso Perry.
L’intenzione di far convergere il potenziale apotropaico del rito con il valore simbolico del monumento, emerge in un unico ambiente immersivo in cui documenti, documentari e presenze scultoree sono coreografate asincronamente (Negus, 2011; I-Ration, 2014; Negus - Lion of Judah (excerpt), 2014).
La presenza di simboli che provengono dal paesaggio visivo della storia etiope e hanno trovato una nuova lettura nel contesto sociale, politico e religioso del movimento rastafariano, attraversano tutte le opere in mostra per essere sovrapposti a gadget e materiali provenienti da archivi personali. In questo modo, copertine storiche del National Geographic, foulard di compagnie aeree e club turistici, entrano nello stesso campo semantico di cimeli che raccontano della campagna coloniale Italiana in Etiopia negli anni ’30 (stessi anni della fondazione del culto Rastafariano), della stella tridente (emblema di Haile Selassie I e icona della casa automobilistica Mercedes Benz), dell’effigie del Leone di Giuda (immagine dell’Etiopia e, conseguentemente del popolo Rastafariano). Un campo semantico che si espande e risuona nello spazio pubblico attraverso alcune di queste iconografie che celebrarono la politica coloniale del fascismo e, ad oggi, ancora presenti nella città di Bolzano.
Secondo l’accademica Carole Yawney: “[Il Rastafarianesimo è una] costellazione di simboli ambigui che oggi ha il potere di mettere a fuoco, e addirittura mediare, certe tensioni socio-culturali che si sono sviluppati su una scala globale.” Invernomuto sembra voler far propria questa definizione per assumerla a possibilità di sguardo: una modalità per tornare ad affrontare la retorica coloniale e riposizionarla all’interno di una complessa rete di movimenti che attraversano temporalità e geografie soltanto apparentemente distanti.
Il progetto di Invernomuto continuerà a settembre a Museion, in collaborazione con ar/ge kunst, nell’ambito della rassegna dedicata alla Facciata Mediale Il corpo sottile a cura di Frida Carazzato. (Dal 4 Settembre).
Invernomuto è stato fondato nel 2003 da Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi.
Ponendo l’accento sul collasso e la commistione di linguaggi, l’operato di Invernomuto si concretizza in produzioni fuori formato come il progetto editoriale ffwd_mag. La loro ricerca che si espande nella produzione di video, nella progettazione di live-media performance e nella curatela di eventi e progetti speciali.
Tra le loro più recenti mostre personali: B.O.B. (Galleria Patricia Armocida, Milano, 2010), Dungeons and Dregs (Grimmuseum, Berlino, 2010) e Simone (Padiglione d’Arte Contemporanea, Ferrara, 2011), Marselleria (Milano, Ottobre, 2014). Le loro recenti partecipazioni in mostre collettive e festival includono: Ars artists residence show (Fondazione Pomodoro, Milan) nel 2010; Terre Vulnerabili (Hangar Bicocca, Milano) nel 2010/2011; Nettie Horn Gallery (London), Istituto Italiano di Addis Abeba, Milano Film Festival nel 2013.
Nel 2013 sono stati finalisti del premio Furla (Bologna) e hanno vinto il premio MERU ART*SCIENCE per la produzione di The Celestial Path, presentato alla GAMeC di Bergamo.
Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi portano avanti anche pratiche individuali in campo musicale con i rispettivi progetti Palm Wine e Dracula Lewis. Vivono e lavorano a Milano.
I-RATION
a cura di Emanuele Guidi
Ar/ge Kunst Galleria Museo
via Museo, 29 - Bolzano
dal 4/4/2014 al 31/5/2014
Il titolo I-Ration è un termine anglo-giamaicano che significa “creazione” e associa ad essa uno stato estatico del soggetto che fa esperienza di questo momento. A partire dall’appropriazione di questa espressione chiave del lessico Rastafariano e, quasi ad accogliere ed amplificare il fatto che “il popolo Rastafariano si riserva il diritto di pensare, conoscere, nominare, reinterpretare, e definire la loro ‘essenza ed esistenza’ in categorie non tradizionali ”, Invernomuto continua nella scrittura di una propria narrazione in cui sovrapposizioni e scivolamenti di porzioni di storia concatenano Etiopia, Giamaica ed Italia. Una narrazione che si sviluppa intorno alla figura del re etiope Haile Selassie I, al passato coloniale Italiano, e ha coinvolto personalità come Lee “Scratch” Perry (musicista seminale della tradizione reggae e dub).
La mostra articola una serie di nuove produzioni con interventi ripensati per questa occasione in modo da creare un discorso che attraversi le molteplici fasi del progetto Negus e ne indichi una possibile direzione di sviluppo.
L’interesse per la memoria e i processi di ibridazione è centrale in Zion, Paesaggio (2014): la riproduzione di un monumento a forma di scala che l’esercito italiano posizionò ad Addis Abeba di fronte alla residenza imperiale (oggi sede dell’Università) durante la campagna coloniale fascista. Dopo la sconfitta degli occupanti, i quattordici gradini che indicavano gli anni d’impero del regime, furono “ridotti” a piedistallo per ospitare la figura simbolo dell’Etiopia (il Leone di Giuda). Invernomuto sottolinea questo gesto di riappropriazione producendo un paesaggio in cui il tempo è la dimensione che regola ricordo e percezione dell’esotico.
MEDO SET (2014) è invece uno stendardo su cui è stato intagliato un testo che Lee Perry ha concepito durante il rituale/performance che Invernomuto ha messo in scena nel 2013 a Vernasca, guidato dallo stesso Perry.
L’intenzione di far convergere il potenziale apotropaico del rito con il valore simbolico del monumento, emerge in un unico ambiente immersivo in cui documenti, documentari e presenze scultoree sono coreografate asincronamente (Negus, 2011; I-Ration, 2014; Negus - Lion of Judah (excerpt), 2014).
La presenza di simboli che provengono dal paesaggio visivo della storia etiope e hanno trovato una nuova lettura nel contesto sociale, politico e religioso del movimento rastafariano, attraversano tutte le opere in mostra per essere sovrapposti a gadget e materiali provenienti da archivi personali. In questo modo, copertine storiche del National Geographic, foulard di compagnie aeree e club turistici, entrano nello stesso campo semantico di cimeli che raccontano della campagna coloniale Italiana in Etiopia negli anni ’30 (stessi anni della fondazione del culto Rastafariano), della stella tridente (emblema di Haile Selassie I e icona della casa automobilistica Mercedes Benz), dell’effigie del Leone di Giuda (immagine dell’Etiopia e, conseguentemente del popolo Rastafariano). Un campo semantico che si espande e risuona nello spazio pubblico attraverso alcune di queste iconografie che celebrarono la politica coloniale del fascismo e, ad oggi, ancora presenti nella città di Bolzano.
Secondo l’accademica Carole Yawney: “[Il Rastafarianesimo è una] costellazione di simboli ambigui che oggi ha il potere di mettere a fuoco, e addirittura mediare, certe tensioni socio-culturali che si sono sviluppati su una scala globale.” Invernomuto sembra voler far propria questa definizione per assumerla a possibilità di sguardo: una modalità per tornare ad affrontare la retorica coloniale e riposizionarla all’interno di una complessa rete di movimenti che attraversano temporalità e geografie soltanto apparentemente distanti.
Il progetto di Invernomuto continuerà a settembre a Museion, in collaborazione con ar/ge kunst, nell’ambito della rassegna dedicata alla Facciata Mediale Il corpo sottile a cura di Frida Carazzato. (Dal 4 Settembre).
Invernomuto è stato fondato nel 2003 da Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi.
Ponendo l’accento sul collasso e la commistione di linguaggi, l’operato di Invernomuto si concretizza in produzioni fuori formato come il progetto editoriale ffwd_mag. La loro ricerca che si espande nella produzione di video, nella progettazione di live-media performance e nella curatela di eventi e progetti speciali.
Tra le loro più recenti mostre personali: B.O.B. (Galleria Patricia Armocida, Milano, 2010), Dungeons and Dregs (Grimmuseum, Berlino, 2010) e Simone (Padiglione d’Arte Contemporanea, Ferrara, 2011), Marselleria (Milano, Ottobre, 2014). Le loro recenti partecipazioni in mostre collettive e festival includono: Ars artists residence show (Fondazione Pomodoro, Milan) nel 2010; Terre Vulnerabili (Hangar Bicocca, Milano) nel 2010/2011; Nettie Horn Gallery (London), Istituto Italiano di Addis Abeba, Milano Film Festival nel 2013.
Nel 2013 sono stati finalisti del premio Furla (Bologna) e hanno vinto il premio MERU ART*SCIENCE per la produzione di The Celestial Path, presentato alla GAMeC di Bergamo.
Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi portano avanti anche pratiche individuali in campo musicale con i rispettivi progetti Palm Wine e Dracula Lewis. Vivono e lavorano a Milano.