POESIE CHE SANNO DI NAFTA
Antologia della poesia futurista uruguaiana (1925-1932)
Traduzione e cura di Riccardo Boglione e Georgina Torello
Sentieri meridiani, 04/2014
collana "Uni-versi"
Già da parecchio tempo, soprattutto in ambito accademico, si sta cercando di chiarire come la ripresa negli anni 20 e 30, da parte della quasi totalità dei paesi latinoamericani, dei meccanismi avanguardisti che avevano sconvolto l’Europa durante gli anni 10, non sia stata meramente epigonale, ma abbia avuto caratteristiche proprie.
Nel caso dell’Uruguay, che in quel momento stava vivendo un’epoca di notevole prosperità economica e di riforme progressiste – in seno alla politica di José Batlle y Ordoñez – non si creò un movimento di rottura vero e proprio (come ad esempio nel quasi contemporaneo Estridentismo messicano), ma si produsse comunque un forte rinnovamento poetico, in un clima ancora influenzato dal modernismo di Ruben Darío.
L’“inarticolata avanguardia uruguaiana” – come è stata definita dal critico Pablo Rocca –, portata avanti da una manciata di poeti che non formarono mai un gruppo (per quanto la rivista La Cruz de Sur li riunì quasi tutti nelle sue pagine), combinò alcuni degli strumenti formali rintracciabili nel futurismo italiano e nell’ultraismo spagnolo, con una fortissima attenzione a tutto ciò che rappresentava la novità del “moderno” (grattacieli, auto, aerei, traffico, musica jazz, ecc.).
L’avventura si consumò nel giro di pochi anni, fra il 1925 e il 1932, e fu solo preceduta, timidamente, dall’opera di Fernán Silva Valdés e Pedro Leandro Ipuche, creatori del “nativismo”, cioè composizioni legate tematicamente alla campagna (gauchismo) però trattate con una versificazione lontana dal classicismo, seppur non ancora definibile d’avanguardia.
L’impulso iniziale del cambiamento fu dato nella prima metà degli anni 20 da un peruviano residente a Montevideo, Juan Parra del Riego, che pubblicò alcune poesie chiamate polirritmos che rendevano omaggio ad “articoli” inconsueti per la lirica autoctona, come le moto, il calcio, ecc., agitando non poco i giovani scrittori del luogo: il suo libro Inni del cielo e dei treni [Himnos del cielo y de los ferrocarriles, Montevideo, tip. Morales, 1925] è solitamente considerato la miccia che farà esplodere, nel 1927, la bomba futurista uruguaiana.
È infatti in quell’anno che escono i tre libri simbolo di questa avanguardia, titillata anche, l’anno precedente, da una visita montevideana di Filippo Tommaso Marinetti. Nel giro di pochi mesi vedono la luce le raccolte poetiche d’esordio di tre poeti – Alfredo Mario Ferreiro, Juvenal Ortíz Saralegui ed Enrique Ricardo Garet – delle quali presentiamo alcune poesie, fra le più interessanti del fenomeno.
Si è voluto qui includere anche Idelfonso Pereda Valdés, autore nel 1928 di una fondamentale Antología de la moderna poesía uruguaya che raccoglie, soprattutto nella sezione “novísimos”, tutti i versificatori che, pur con differente impeto, sposarono la causa avanguardista e di cui bisogna nominare, almeno, Nicolás Fusco Sansone, Alvaro e Gervasio Guillot Muñoz (autori, tra l’altro, di un suggestivo studio su Lautreamont) e Alexis Delgado (cronologicamente il primo ultraista uruguaiano).
I lettori troveranno, poi, una poesia di Edgarda Cadenazzi la quale, pur non avendo pubblicato nessun volume né aver avuto una carriera letteraria prolungata, andava antologizzata sia per la qualità dei suoi versi, sia come testimonianza di un’apertura femminile alle inquietudini culturali del momento. Chiude la silloge un componimento tardo, datato 1932, tratto da un libro parodico, Aliverti liquida, scritto da un gruppo di teatranti che sancì di fatto la fine dell’esperienza futurista in Uruguay e che fornisce un bell’esempio di composizione verbovisuale. Naturalmente lo scopo di queste traduzioni è di minima introduzione a un fenomeno vasto e complesso, per quanto circoscritto a pochi autori. Ciononostante crediamo possa far intendere come la “coniugazione” uruguaiana del verbo delle avanguardie storiche sia ben lontana dall’essere mera imitazione e offra invece soluzioni e spunti ricchissimi.
Antologia della poesia futurista uruguaiana (1925-1932)
Traduzione e cura di Riccardo Boglione e Georgina Torello
Sentieri meridiani, 04/2014
collana "Uni-versi"
Già da parecchio tempo, soprattutto in ambito accademico, si sta cercando di chiarire come la ripresa negli anni 20 e 30, da parte della quasi totalità dei paesi latinoamericani, dei meccanismi avanguardisti che avevano sconvolto l’Europa durante gli anni 10, non sia stata meramente epigonale, ma abbia avuto caratteristiche proprie.
Nel caso dell’Uruguay, che in quel momento stava vivendo un’epoca di notevole prosperità economica e di riforme progressiste – in seno alla politica di José Batlle y Ordoñez – non si creò un movimento di rottura vero e proprio (come ad esempio nel quasi contemporaneo Estridentismo messicano), ma si produsse comunque un forte rinnovamento poetico, in un clima ancora influenzato dal modernismo di Ruben Darío.
L’“inarticolata avanguardia uruguaiana” – come è stata definita dal critico Pablo Rocca –, portata avanti da una manciata di poeti che non formarono mai un gruppo (per quanto la rivista La Cruz de Sur li riunì quasi tutti nelle sue pagine), combinò alcuni degli strumenti formali rintracciabili nel futurismo italiano e nell’ultraismo spagnolo, con una fortissima attenzione a tutto ciò che rappresentava la novità del “moderno” (grattacieli, auto, aerei, traffico, musica jazz, ecc.).
L’avventura si consumò nel giro di pochi anni, fra il 1925 e il 1932, e fu solo preceduta, timidamente, dall’opera di Fernán Silva Valdés e Pedro Leandro Ipuche, creatori del “nativismo”, cioè composizioni legate tematicamente alla campagna (gauchismo) però trattate con una versificazione lontana dal classicismo, seppur non ancora definibile d’avanguardia.
L’impulso iniziale del cambiamento fu dato nella prima metà degli anni 20 da un peruviano residente a Montevideo, Juan Parra del Riego, che pubblicò alcune poesie chiamate polirritmos che rendevano omaggio ad “articoli” inconsueti per la lirica autoctona, come le moto, il calcio, ecc., agitando non poco i giovani scrittori del luogo: il suo libro Inni del cielo e dei treni [Himnos del cielo y de los ferrocarriles, Montevideo, tip. Morales, 1925] è solitamente considerato la miccia che farà esplodere, nel 1927, la bomba futurista uruguaiana.
È infatti in quell’anno che escono i tre libri simbolo di questa avanguardia, titillata anche, l’anno precedente, da una visita montevideana di Filippo Tommaso Marinetti. Nel giro di pochi mesi vedono la luce le raccolte poetiche d’esordio di tre poeti – Alfredo Mario Ferreiro, Juvenal Ortíz Saralegui ed Enrique Ricardo Garet – delle quali presentiamo alcune poesie, fra le più interessanti del fenomeno.
Si è voluto qui includere anche Idelfonso Pereda Valdés, autore nel 1928 di una fondamentale Antología de la moderna poesía uruguaya che raccoglie, soprattutto nella sezione “novísimos”, tutti i versificatori che, pur con differente impeto, sposarono la causa avanguardista e di cui bisogna nominare, almeno, Nicolás Fusco Sansone, Alvaro e Gervasio Guillot Muñoz (autori, tra l’altro, di un suggestivo studio su Lautreamont) e Alexis Delgado (cronologicamente il primo ultraista uruguaiano).
I lettori troveranno, poi, una poesia di Edgarda Cadenazzi la quale, pur non avendo pubblicato nessun volume né aver avuto una carriera letteraria prolungata, andava antologizzata sia per la qualità dei suoi versi, sia come testimonianza di un’apertura femminile alle inquietudini culturali del momento. Chiude la silloge un componimento tardo, datato 1932, tratto da un libro parodico, Aliverti liquida, scritto da un gruppo di teatranti che sancì di fatto la fine dell’esperienza futurista in Uruguay e che fornisce un bell’esempio di composizione verbovisuale. Naturalmente lo scopo di queste traduzioni è di minima introduzione a un fenomeno vasto e complesso, per quanto circoscritto a pochi autori. Ciononostante crediamo possa far intendere come la “coniugazione” uruguaiana del verbo delle avanguardie storiche sia ben lontana dall’essere mera imitazione e offra invece soluzioni e spunti ricchissimi.