UN TÉ CON LISETTA
CARMI
Polifemo
via Procaccini, 4 (Fabbrica del Vapore)- Milano
domenica 9 marzo 2014, ore 17,00
Un incontro di domenica pomeriggio, quando il sole cala e luci della Fabbrica si accendono. Lisetta Carmi, un’anima inafferrabile, reincarnata cinque volte nell’arco di una sola incredibile esistenza, si racconta. Una curiosità sfrontata, un moto inesausto fuori e dentro il mondo. Dalla musica all’Assenza, passando per l’India e la meditazione. E poi la fotografia, stringente alchimia tra il suo sguardo e la realtà. Il suo lavoro non trova facile collocazione nella storia della fotografia italiana, eppure ne è un tassello fondamentale. Le sue prime foto, avide e sincere ai “camalli” del porto di Genova, i viaggi in Israele e nell’Olanda dei provos, i suoi ritratti di Ezra Pound come racconto di un attimo, e infine il suo lavoro più controverso, “I travestiti”, pubblicato nell’Italia democristiana del 1972. Indagine che si trasforma presto in una condivisione intima e vitale, in grado di dischiudere, senza violarle, le porte di in una realtà sommersa e disconosciuta. La capacità di Lisetta Carmi di guardare il mondo e di attraversare la vita è come l’occhio del fotografo, che segue prospettive e angolazioni sempre diverse. Irrequieto e naturalmente incapace di seguire un’unica direttrice per descrivere la realtà intorno a se.
Lisetta Carmi è nata a Genova il 15 febbraio 1924 da una famiglia borghese di origine ebraica. Nel 1960 abbandona l’attività di pianista per la fotografia e dopo una prima esperienza al teatro Duse, firma fra gli anni ’60 e i ’70 reportage di documentazione e denuncia sociale come quello sulle difficili condizioni di lavoro dei portuali genovesi, ma anche luoghi foto-racconti che si impongono per la capacità di andare oltre alla visione corrente delle cose e di coglierne con singolare intensità e drammaticità l’intimo delle persone. Fra il 1958 e il 1967 visita ripetutamente Israele, per meglio comprendere il significato dell’appartenenza al popolo ebraico e poi nei primi anni 70 viaggia lungamente in Afghanistan e in India, paesi in cui scopre una visione della vita più affine al suo sentire.I suoi soggiorni in oriente culminano con l’incontro con il maestro induista Babaji e segnano una seconda svolta della sua vita. Fonda a Cisternino in Puglia un ashram dove si dedicherà alla diffusione dell’insegnamento del maestro e al recupero dei tossicodipendenti accolti dal centro.
Gli anni 1997-2004 la vedono collaborare a Milano con lo psicoterapeuta Paolo Ferrari.
Oggi vive a Cisternino.
Polifemo
via Procaccini, 4 (Fabbrica del Vapore)- Milano
domenica 9 marzo 2014, ore 17,00
Un incontro di domenica pomeriggio, quando il sole cala e luci della Fabbrica si accendono. Lisetta Carmi, un’anima inafferrabile, reincarnata cinque volte nell’arco di una sola incredibile esistenza, si racconta. Una curiosità sfrontata, un moto inesausto fuori e dentro il mondo. Dalla musica all’Assenza, passando per l’India e la meditazione. E poi la fotografia, stringente alchimia tra il suo sguardo e la realtà. Il suo lavoro non trova facile collocazione nella storia della fotografia italiana, eppure ne è un tassello fondamentale. Le sue prime foto, avide e sincere ai “camalli” del porto di Genova, i viaggi in Israele e nell’Olanda dei provos, i suoi ritratti di Ezra Pound come racconto di un attimo, e infine il suo lavoro più controverso, “I travestiti”, pubblicato nell’Italia democristiana del 1972. Indagine che si trasforma presto in una condivisione intima e vitale, in grado di dischiudere, senza violarle, le porte di in una realtà sommersa e disconosciuta. La capacità di Lisetta Carmi di guardare il mondo e di attraversare la vita è come l’occhio del fotografo, che segue prospettive e angolazioni sempre diverse. Irrequieto e naturalmente incapace di seguire un’unica direttrice per descrivere la realtà intorno a se.
Lisetta Carmi è nata a Genova il 15 febbraio 1924 da una famiglia borghese di origine ebraica. Nel 1960 abbandona l’attività di pianista per la fotografia e dopo una prima esperienza al teatro Duse, firma fra gli anni ’60 e i ’70 reportage di documentazione e denuncia sociale come quello sulle difficili condizioni di lavoro dei portuali genovesi, ma anche luoghi foto-racconti che si impongono per la capacità di andare oltre alla visione corrente delle cose e di coglierne con singolare intensità e drammaticità l’intimo delle persone. Fra il 1958 e il 1967 visita ripetutamente Israele, per meglio comprendere il significato dell’appartenenza al popolo ebraico e poi nei primi anni 70 viaggia lungamente in Afghanistan e in India, paesi in cui scopre una visione della vita più affine al suo sentire.I suoi soggiorni in oriente culminano con l’incontro con il maestro induista Babaji e segnano una seconda svolta della sua vita. Fonda a Cisternino in Puglia un ashram dove si dedicherà alla diffusione dell’insegnamento del maestro e al recupero dei tossicodipendenti accolti dal centro.
Gli anni 1997-2004 la vedono collaborare a Milano con lo psicoterapeuta Paolo Ferrari.
Oggi vive a Cisternino.