venerdì 25 dicembre 2015

EARTHRISE - PARCO D'ARTE VIVENTE, TORINO




EARTHRISE
Visioni pre-ecologiche nell'arte italiana (1967-73)
9999, Gianfranco Baruchello, Ugo La Pietra, Piero Gilardi
a cura di Marco Scotini
PAV Parco Arte Vivente
via Giordano Bruno 31 - Torino
6/11/2015 - 21/2/2016

EARTHRISE, terza mostra collettiva, a cura di Marco Scotini, nell’ambito del programma artistico 2015 del PAV di Torino, aggiunge un nuovo capitolo alla genealogia del rapporto tra pratiche artistiche, politiche ed ecologiche.
Con la nuova mostra il PAV intende approfondire la propria indagine sulla genealogia del rapporto tra pratiche artistiche, mutazione sociale e produzione dell’ambiente, presentando un insieme di ricerche pionieristiche condotte in Italia negli anni cruciali attorno al ‘68. Un Sessantotto che non è solo quello della rivolta del movimento studentesco e dei lavoratori ma anche quello della celebre foto scattata da William Anders il 24 dicembre di quel fatidico anno. Una foto meglio nota come “Earthrise” appunto, da cui prende il titolo l’esposizione, e dove la Terra - isolata nello spazio cosmico - appare per la prima volta vista dalla Luna.
“L’dea che faremo meglio a tornare alla terra intesa come risposta polemica all’esplorazione spaziale è l’idea di base dalla quale sono partito per questa avventura chiamata Agricola Cornelia” scriveva Gianfranco Baruchello in un libro dal titolo ormai noto How to Imagine. A Narrative of Art, Agricolture and Creativity del 1983. La fattoria sperimentale, che porta il nome di Agricola Cornelia S.p.A., inizia a prendere forma nel 1973, “alla fine – cioè – di tutte le esperienze politiche con le quali eravamo stati connessi dal sessantotto in poi e ci scoprivamo alla ricerca di valori diversi dalla normale militanza”. Nel 1971 è il gruppo di architettura radicale 9999 a lanciare invece un manifesto-volantino con lo slogan: “Caro studente o cultore dell’ambiente, stai attento! Il tuo ecosistema è in crisi, la tua capacità creativa è assopita”. Ciò che unisce queste esperienze estetico-politiche ai celebri Tappeti Natura di Piero Gilardi della seconda metà dei ’60, così come alle incursioni sugli orti urbani spontanei e periferici di Ugo La Pietra, è l’assunto etico della terra vista come “luogo del ritorno”.
Piuttosto che alimentare l’euforia per un’espansione illimitata, la foto del paesaggio spaziale scattata da Anders nel ‘68 genera in molti un rovesciamento di prospettiva. È la Terra a divenire l’oggetto di una nuova consapevolezza antropologica e responsabilità sociale: quella della limitatezza e finitudine del pianeta. L’ultima avventura possibile diventa allora quella che alcuni cominciano a chiamare “ecologica”. Ma non si tratta di ritornare a mitiche e impossibili condizioni originarie, tantomeno di sbarazzarsi della tecnologia avanzata, il cui uso politico appare ora la vera posta in gioco di ogni futuro possibile. Per la piccola costellazione di artisti e architetti al centro della mostra Earthrise questa prospettiva diventa immediatamente praticabile e oltre ogni dimensione conservazionista.
Lontano dagli earthworks di matrice americana ma anche dal simbolico e dall’archetipico sviluppato dall’Arte Povera, i lavori che sono presenti all’interno di Earthrise, negli stessi anni coniugano la dimensione ecologica come pratica attiva nei rapporti umani, a tutti i livelli del sociale. Alcuni dei lavori in esposizione apparvero riuniti anche nella mostra ormai storica Italy: The New Domestic Landscape presso il MoMA, del 1972. Oggi ci appaiono come gli unici precursori, nel contesto italiano, del rinnovato rapporto contemporaneo tra pratiche artistiche e ambito ecologico. Al Progetto Apollo (1971) dei 9999, in cui gli architetti fiorentini vedono la Luna come l’arca su cui conservare i modelli della vita terrestre mentre la Terra si sta autodistruggendo, fa seguito il modello abitativo Vegetable Garden House dello stesso anno. Si tratta di un arredo-dispositivo tecnologico che introduce un frammento di natura all’interno delle abitazioni e che è abitabile e consumabile secondo il principio delle risorse riciclabili. Ancora l’idea di riciclo fa la sua comparsa nelle registrazioni e prelievi urbani in cui La Pietra individua gli orti spontanei ai margini della città come “gradi di libertà” e di creatività sociale ancora praticabili. Si tratta del recupero dei rifiuti della società dei consumi entro un processo di reinvenzione e nuovo utilizzo che non contrappone l’agricolo all’urbano ma che entra in merito alla gestione integrale della città.
Il progetto a lungo termine di Gianfranco Baruchello, Agricola Cornelia S.p.A., assembla in un’unica ampia azione individuale e collettiva l’estetica, l’agricoltura, la zootecnia e la vita. Per Baruchello si tratta di rileggere il “valore d’uso” in una accezione allargata e completamente rinnovata. L’idea di ecoambiente sviluppata da Baruchello è implicita anche nei frammenti paesistici di Piero Gilardi che, invece, cerca di ricostruire in poliuretano (dunque in un materiale sintetico) e quindi di salvare quanto l’inquinamento ambientale sta distruggendo. Questa dialettica dimensione scultorea soft e auspicabile è ciò che lo condurrà, in questi stessi anni, ad allontanarsi dal sistema dell’arte per una immersione radicale nella vita sociale reale. E ciò con largo anticipo su quanto in tempi recenti chiameremo, con Félix Guattari, “ecosofia”.