PETRIT HALILAJ
SPACE SHUTTLE IN THE GARDEN
a cura di Roberta Tenconi
HangarBicocca
via Chiese 2 - Milano
2/12/2015 - 13/3/2016
“Space Shuttle in the Garden” riunisce oltre dieci progetti di Petrit Halilaj (Kostërrc, Kosovo, 1986) in un gioco di rimandi tra le opere e gli spazi espositivi interni ed esterni di Pirelli HangarBicocca (via Chiese 2, Milano, 3 dicembre 2015 – 13 marzo 2016, ingresso libero).
La mostra presenta una selezione di opere realizzate nel corso degli ultimi anni, la maggior parte inedita in Italia, oltre a nuove produzioni concepite appositamente per l’occasione, che riflettono sul tema dell'archeologia individuale e collettiva. Partendo dal vissuto e dalla storia personale dell'artista, della sua famiglia e del suo paese d’origine, il progetto espositivo approfondisce riflessioni universali sulla memoria, sulla ricerca dell'identità, sul concetto di “casa” come luogo di condivisione e spazio individuale, fino a toccare aspetti legati alla collettività e alla creazione e conservazione di un patrimonio culturale condiviso.
“Space Shuttle in the Garden” è soprattutto un viaggio nell’universo e nella mitologia dell’artista. Attraverso sculture, disegni, performance, video e grandi installazioni, Petrit Halilaj indaga i cambiamenti della storia e il contesto che lo circonda. Il conflitto del Kosovo con la Serbia (1998–1999) e il disfacimento dell’allora Yugoslavia, diventano parte della sua esperienza e sovente motivo di riflessione per una pratica artistica che continua a coniugare memoria e attualità, reale e surreale, relativo e assoluto. Le opere di Petrit Halilaj raccontano anche una condizione di appartenenza a paesi diversi oltre a quello d’origine: come ad esempio l’Italia, luogo dei suoi studi accademici e ormai parte della sua geografia culturale.
Posta all'esterno di Pirelli HangarBicocca, l’opera They are Lucky to be Bourgeois Hens II (2009) rappresenta l'ingresso ideale alla mostra: un razzo spaziale elegantemente dipinto al suo interno di blu Klein e abitato da galline – soggetto ricorrente nel lavoro dell’artista e rimando alla sua infanzia – invita alla scoperta di un mondo nuovo, tutto da inventare. In It is the first time dear that you have a human shape (2012 e 2015), Halilaj ricostruisce invece, in metallo piegato e ingranditi di cento volte, i gioelli che la madre aveva sotterrato assieme ai disegni del figlio per proteggerli durante i mesi di guerra. Insolite presenze che attraversano lo spazio espositivo, i monili fuori scala rimandano ad alcuni dei principali temi della poetica dell'artista. Essi testimoniano una storia del tutto personale e intima, eppure riportano a una dimensione ampia e collettiva legata alla guerra e alle sue distruzioni: incastonati nei gioielli, al posto delle pietre e delle gemme, trovano posto infatti i detriti polverizzati della prima casa di famiglia a Kostërrc, andata distrutta.
Ed è proprio la nuova casa di famiglia vicino a Prishtina, la cui struttura portante era stata ricostruita in scala reale in occasione della Biennale di Berlino nel 2010, a tornare in una veste del tutto inedita in Pirelli HangarBicocca. Nella sua immagine essenziale e spettrale, l’opera evoca un senso di perdita che però, come suggerisce anche il titolo The places I’m looking for, my dear, are utopian places, they are boring and I don’t know how to make them real (2010-2015), rifugge da ogni sentimentalismo o senso di nostalgia. Come un grande affresco di famiglia, l’opera narra di un luogo utopico e ideale in continua trasformazione: sospesa nello spazio dello “Shed” di Pirelli HangarBicocca, la casa si frammenta, rispecchiando i cambiamenti vissuti dai suoi abitanti. Tutte le stanze dell'abitazione considerate individuali si staccano da quelle che assolvono a funzioni collettive e condivise, per navigare liberamente nello spazio e dialogare con gli elementi circostanti.
Si Okarina e Runikut (2014), infine, è una serie di sculture modellate a mano dall’artista che si ispira ad antichi strumenti musicali a fiato di epoca neolitica rinvenuti in Kosovo e in particolare a Runik, cittadina in cui Halilaj ha trascorso parte dell’infanzia. Nelle loro forme elegantemente sospese su supporti in rame o lasciate cadere a terra in modo del tutto spontaneo, esse ricreano lo spazio di una foresta magica il cui terreno custodisce memorie del passato. Anche il suono ancestrale prodotto dalle sculture rimanda a un tempo atavico, ma l’opera vive soprattutto nel presente e nel momento pubblico in cui gli strumenti vengono suonati. In questo senso Si Okarina e Runikut diventa metafora dell’intera mostra: un viaggio attraverso esperienze private e personali che nella condivisione diventano veicolo per la conoscenza di sé e del mondo circostante.
Petrit Halilaj è nato nel 1986 a Kostërrc, in Kosovo. Vive e lavora tra Berlino, Bozzolo (Mantova) e il Kosovo. Ha studiato all'Accademia di Belle Arti di Milano.
Nel 2013 ha rappresentato il Kosovo nella sua prima partecipazione nazionale alla 55. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia. Nel 2010 ha inoltre partecipato alla Biennale di Berlino e, sempre a Berlino, alla mostra “Based in Berlin” (2011). Nel 2014 è stato in residenza a Villa Romana a Firenze, mentre nel 2010 è stato finalista del prestigioso premio “Blau Orange” per artisti emergenti organizzato presso la Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwartskunst, Berlino. Nel 2015 ha co-curato con Hans Ulrich Obrist la mostra “Thirty One” presso la National Gallery of Kosovo a Prishtina.
Le sue opere sono state esposte in importanti musei in numerose mostre e progetti personali, tra cui Bundeskunsthalle, Bonn (2015), Kölnischer Kunstverein, Colonia (2015); Kunsthalle Lissabon, Lisbona (2014); National Gallery of Kosovo, Prishtina (2013); Fondation d’Entreprise Galeries Lafayette, Parigi (2013); WIELS Contemporary Art Center, Brussels (2013); Kunsthalle Sankt Gallen, San Gallo (2012); Kunstraum Innsbruck (2011); Center for Contemporary Art Prishtina (2009).
Tra le mostre collettive, si ricordano quelle presso Museo Marino Marini, Firenze (2015); PAC, Milano (2015); SALTS, Basilea (2015); Punta della Dogana, Venezia (2015); Palazzo Cavour, Torino (2014); Villa Romana, Firenze (2014); Museum Schloss Moyland, Bedburg-Hau, Germania (2013); The Kosovo Art Gallery, Prishtina (2012); Museion, Bolzano (2012); Kunstverein Nürnberg, Norimberga (2012); Nomas Foundation, Roma (2011); Bonner Kunstverein, Bonn (2011); New Museum, New York (2011); Tershane, Istanbul (2008).
SPACE SHUTTLE IN THE GARDEN
a cura di Roberta Tenconi
HangarBicocca
via Chiese 2 - Milano
2/12/2015 - 13/3/2016
“Space Shuttle in the Garden” riunisce oltre dieci progetti di Petrit Halilaj (Kostërrc, Kosovo, 1986) in un gioco di rimandi tra le opere e gli spazi espositivi interni ed esterni di Pirelli HangarBicocca (via Chiese 2, Milano, 3 dicembre 2015 – 13 marzo 2016, ingresso libero).
La mostra presenta una selezione di opere realizzate nel corso degli ultimi anni, la maggior parte inedita in Italia, oltre a nuove produzioni concepite appositamente per l’occasione, che riflettono sul tema dell'archeologia individuale e collettiva. Partendo dal vissuto e dalla storia personale dell'artista, della sua famiglia e del suo paese d’origine, il progetto espositivo approfondisce riflessioni universali sulla memoria, sulla ricerca dell'identità, sul concetto di “casa” come luogo di condivisione e spazio individuale, fino a toccare aspetti legati alla collettività e alla creazione e conservazione di un patrimonio culturale condiviso.
“Space Shuttle in the Garden” è soprattutto un viaggio nell’universo e nella mitologia dell’artista. Attraverso sculture, disegni, performance, video e grandi installazioni, Petrit Halilaj indaga i cambiamenti della storia e il contesto che lo circonda. Il conflitto del Kosovo con la Serbia (1998–1999) e il disfacimento dell’allora Yugoslavia, diventano parte della sua esperienza e sovente motivo di riflessione per una pratica artistica che continua a coniugare memoria e attualità, reale e surreale, relativo e assoluto. Le opere di Petrit Halilaj raccontano anche una condizione di appartenenza a paesi diversi oltre a quello d’origine: come ad esempio l’Italia, luogo dei suoi studi accademici e ormai parte della sua geografia culturale.
Posta all'esterno di Pirelli HangarBicocca, l’opera They are Lucky to be Bourgeois Hens II (2009) rappresenta l'ingresso ideale alla mostra: un razzo spaziale elegantemente dipinto al suo interno di blu Klein e abitato da galline – soggetto ricorrente nel lavoro dell’artista e rimando alla sua infanzia – invita alla scoperta di un mondo nuovo, tutto da inventare. In It is the first time dear that you have a human shape (2012 e 2015), Halilaj ricostruisce invece, in metallo piegato e ingranditi di cento volte, i gioelli che la madre aveva sotterrato assieme ai disegni del figlio per proteggerli durante i mesi di guerra. Insolite presenze che attraversano lo spazio espositivo, i monili fuori scala rimandano ad alcuni dei principali temi della poetica dell'artista. Essi testimoniano una storia del tutto personale e intima, eppure riportano a una dimensione ampia e collettiva legata alla guerra e alle sue distruzioni: incastonati nei gioielli, al posto delle pietre e delle gemme, trovano posto infatti i detriti polverizzati della prima casa di famiglia a Kostërrc, andata distrutta.
Ed è proprio la nuova casa di famiglia vicino a Prishtina, la cui struttura portante era stata ricostruita in scala reale in occasione della Biennale di Berlino nel 2010, a tornare in una veste del tutto inedita in Pirelli HangarBicocca. Nella sua immagine essenziale e spettrale, l’opera evoca un senso di perdita che però, come suggerisce anche il titolo The places I’m looking for, my dear, are utopian places, they are boring and I don’t know how to make them real (2010-2015), rifugge da ogni sentimentalismo o senso di nostalgia. Come un grande affresco di famiglia, l’opera narra di un luogo utopico e ideale in continua trasformazione: sospesa nello spazio dello “Shed” di Pirelli HangarBicocca, la casa si frammenta, rispecchiando i cambiamenti vissuti dai suoi abitanti. Tutte le stanze dell'abitazione considerate individuali si staccano da quelle che assolvono a funzioni collettive e condivise, per navigare liberamente nello spazio e dialogare con gli elementi circostanti.
Si Okarina e Runikut (2014), infine, è una serie di sculture modellate a mano dall’artista che si ispira ad antichi strumenti musicali a fiato di epoca neolitica rinvenuti in Kosovo e in particolare a Runik, cittadina in cui Halilaj ha trascorso parte dell’infanzia. Nelle loro forme elegantemente sospese su supporti in rame o lasciate cadere a terra in modo del tutto spontaneo, esse ricreano lo spazio di una foresta magica il cui terreno custodisce memorie del passato. Anche il suono ancestrale prodotto dalle sculture rimanda a un tempo atavico, ma l’opera vive soprattutto nel presente e nel momento pubblico in cui gli strumenti vengono suonati. In questo senso Si Okarina e Runikut diventa metafora dell’intera mostra: un viaggio attraverso esperienze private e personali che nella condivisione diventano veicolo per la conoscenza di sé e del mondo circostante.
Petrit Halilaj è nato nel 1986 a Kostërrc, in Kosovo. Vive e lavora tra Berlino, Bozzolo (Mantova) e il Kosovo. Ha studiato all'Accademia di Belle Arti di Milano.
Nel 2013 ha rappresentato il Kosovo nella sua prima partecipazione nazionale alla 55. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia. Nel 2010 ha inoltre partecipato alla Biennale di Berlino e, sempre a Berlino, alla mostra “Based in Berlin” (2011). Nel 2014 è stato in residenza a Villa Romana a Firenze, mentre nel 2010 è stato finalista del prestigioso premio “Blau Orange” per artisti emergenti organizzato presso la Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwartskunst, Berlino. Nel 2015 ha co-curato con Hans Ulrich Obrist la mostra “Thirty One” presso la National Gallery of Kosovo a Prishtina.
Le sue opere sono state esposte in importanti musei in numerose mostre e progetti personali, tra cui Bundeskunsthalle, Bonn (2015), Kölnischer Kunstverein, Colonia (2015); Kunsthalle Lissabon, Lisbona (2014); National Gallery of Kosovo, Prishtina (2013); Fondation d’Entreprise Galeries Lafayette, Parigi (2013); WIELS Contemporary Art Center, Brussels (2013); Kunsthalle Sankt Gallen, San Gallo (2012); Kunstraum Innsbruck (2011); Center for Contemporary Art Prishtina (2009).
Tra le mostre collettive, si ricordano quelle presso Museo Marino Marini, Firenze (2015); PAC, Milano (2015); SALTS, Basilea (2015); Punta della Dogana, Venezia (2015); Palazzo Cavour, Torino (2014); Villa Romana, Firenze (2014); Museum Schloss Moyland, Bedburg-Hau, Germania (2013); The Kosovo Art Gallery, Prishtina (2012); Museion, Bolzano (2012); Kunstverein Nürnberg, Norimberga (2012); Nomas Foundation, Roma (2011); Bonner Kunstverein, Bonn (2011); New Museum, New York (2011); Tershane, Istanbul (2008).