ENZO MARI
ELIMINARE IL SUPERFLUO PER RITROVARE L'ESSENZIALE
Galleria Massimo Minini
via Apollonio 68 - Brescia
21/11/2015 - 14/1/2016
Gesamtkunstwerk é una parola tedesca, un’utopia che significa opera d'arte totale.
La prima volta che ne ho avuto conoscenza é stato a Zurigo, al Kunstmuseum, dove Harald Szeeman aveva organizzato una mostra con questo intento.
Erano esposti lavori disparati, che copriva no tutti gli anni del secolo, opposte tendenze, materiali diversi, punti di vista elidentisi, attitudini inconciliabili, risultati inattesi, formalismi sorprendenti.
Una mostra zibaldone da un lato, onnicomprensiva dall'altro.
Poi le mostre si dimenticano, i film vanno in fumo, i romanzi si annebbiano nella memoria, i saggi scemano.
Ma alla fine (verso la fine) ci si accorge che tutti questi strati, questo accumulo di informazioni, si depositano da qualche parte nel nostro cervello o nel nostro intimo e vengono a formare la nostra visione del mondo, che é detta in tedesco - anche lei - con un’unica lunghissima parola composita.
Enzo Mari nella sua lunga vita ha accumulato esperienze, disegni, progetti, oggetti trovati e oggetti creati, opere d'arte e multipli, manifesti stampati e manifesti teorici, manufatti artigianali e prodotti industriali, ossessioni e metafore.
Tutte allegorie di un metodo che sembra essere la struttura dell'opera totale verso cui é proteso.
È difficile definire il suo operato, Mari è un artista, un progettista, un grafico, un architetto, un teorico, un utopista, un filosofo ma, quel che appare subito evidente è che è un umano la cui volontà è stata ed è quella di investire e condizionare tutta la propria vita – finanche quella di altri umani che lo hanno conosciuto e che g li sono vicini - in un unico progetto.
Mari ha fatto gesti semplici, come piegare leggermente una putrella, e gesti estremamente complessi come immaginare di tagliare diagonalmente il Palazzo dell’Arengario a Milano e, forse, ancor più utopico e folle: pensare di trasformare il mondo influenzando la condizione umana dei suoi simili. Tutto quello che ha saputo realizzare o anche solo immaginare secondo un metodo complesso, incomprensibile e inapplicabile per chiunque altro, é stato curato, classificato e conservato con diligenza nel suo sterminato, parossistico e forse paranoico archivio. Un archivio che ho visitato per la prima volta alcuni mesi fa, quello di Piazzale Baracca 10, uno spazio che è stato prima la casa e poi l’atelier di Enzo Mari, una wunderkammer totalizzante di memorie raccolte, accumulate, catalogate e conservate, dove per più di cinquant’anni ha lavorato; un luogo dove gli oggetti attendono, impazienti e impolverati, di essere agiti, riportati alla l uce; un archivio che è bottega rinascimentale un luogo saturo di visioni, di pericoli, di dannati, di premi per chi sa vedere, di piccoli spostamenti di senso attuati da questo ombroso maestro , severo e tenero allo stesso tempo. Un uomo d’altri tempi? No, un uomo del suo tempo, un uomo fuori dal tempo che non rinuncia a rimodellare le idee portanti, a cambiarle e a fondare, ogni volta, una nuova estetica di gruppo lasciando intendere che lui nei gruppi non crede. Trascorsi i tempi, placate le acque, questi approcci ideologici degli anni “ruggenti” ci appaiono, oggi, teneri e ancora utopici, ridicoli e nel contempo tragici. Restano le opere, gli oggetti e i testi della sua poetica a testimoniare una costruzione mentale complessa, che non si accontenta di un d ettaglio ma, che vuole creare un’opera d’arte totale.
- Massimo Minini
Nato a Cerano, nel 1932, è considerato uno dei maggiori teorici del design italiano e mondiale. Nel 2000 riceve il Royal Desi gners for Industry, premio conferito dalla Royal Society of Arts. Nel 2008 la Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Torino gli dedica una personale antologica, in occasione dell’Anno Internazionale del Design. Compasso d’oro per cinque volte, l’ultimo, alla carriera, nel 2011.
In occasione della mostra sarà presentato il nuovo libro Eliminare il superfluo per ritrovare l’essenziale, pubblicato da Galleria Massimo Minini, Brescia.
ELIMINARE IL SUPERFLUO PER RITROVARE L'ESSENZIALE
Galleria Massimo Minini
via Apollonio 68 - Brescia
21/11/2015 - 14/1/2016
Gesamtkunstwerk é una parola tedesca, un’utopia che significa opera d'arte totale.
La prima volta che ne ho avuto conoscenza é stato a Zurigo, al Kunstmuseum, dove Harald Szeeman aveva organizzato una mostra con questo intento.
Erano esposti lavori disparati, che copriva no tutti gli anni del secolo, opposte tendenze, materiali diversi, punti di vista elidentisi, attitudini inconciliabili, risultati inattesi, formalismi sorprendenti.
Una mostra zibaldone da un lato, onnicomprensiva dall'altro.
Poi le mostre si dimenticano, i film vanno in fumo, i romanzi si annebbiano nella memoria, i saggi scemano.
Ma alla fine (verso la fine) ci si accorge che tutti questi strati, questo accumulo di informazioni, si depositano da qualche parte nel nostro cervello o nel nostro intimo e vengono a formare la nostra visione del mondo, che é detta in tedesco - anche lei - con un’unica lunghissima parola composita.
Enzo Mari nella sua lunga vita ha accumulato esperienze, disegni, progetti, oggetti trovati e oggetti creati, opere d'arte e multipli, manifesti stampati e manifesti teorici, manufatti artigianali e prodotti industriali, ossessioni e metafore.
Tutte allegorie di un metodo che sembra essere la struttura dell'opera totale verso cui é proteso.
È difficile definire il suo operato, Mari è un artista, un progettista, un grafico, un architetto, un teorico, un utopista, un filosofo ma, quel che appare subito evidente è che è un umano la cui volontà è stata ed è quella di investire e condizionare tutta la propria vita – finanche quella di altri umani che lo hanno conosciuto e che g li sono vicini - in un unico progetto.
Mari ha fatto gesti semplici, come piegare leggermente una putrella, e gesti estremamente complessi come immaginare di tagliare diagonalmente il Palazzo dell’Arengario a Milano e, forse, ancor più utopico e folle: pensare di trasformare il mondo influenzando la condizione umana dei suoi simili. Tutto quello che ha saputo realizzare o anche solo immaginare secondo un metodo complesso, incomprensibile e inapplicabile per chiunque altro, é stato curato, classificato e conservato con diligenza nel suo sterminato, parossistico e forse paranoico archivio. Un archivio che ho visitato per la prima volta alcuni mesi fa, quello di Piazzale Baracca 10, uno spazio che è stato prima la casa e poi l’atelier di Enzo Mari, una wunderkammer totalizzante di memorie raccolte, accumulate, catalogate e conservate, dove per più di cinquant’anni ha lavorato; un luogo dove gli oggetti attendono, impazienti e impolverati, di essere agiti, riportati alla l uce; un archivio che è bottega rinascimentale un luogo saturo di visioni, di pericoli, di dannati, di premi per chi sa vedere, di piccoli spostamenti di senso attuati da questo ombroso maestro , severo e tenero allo stesso tempo. Un uomo d’altri tempi? No, un uomo del suo tempo, un uomo fuori dal tempo che non rinuncia a rimodellare le idee portanti, a cambiarle e a fondare, ogni volta, una nuova estetica di gruppo lasciando intendere che lui nei gruppi non crede. Trascorsi i tempi, placate le acque, questi approcci ideologici degli anni “ruggenti” ci appaiono, oggi, teneri e ancora utopici, ridicoli e nel contempo tragici. Restano le opere, gli oggetti e i testi della sua poetica a testimoniare una costruzione mentale complessa, che non si accontenta di un d ettaglio ma, che vuole creare un’opera d’arte totale.
- Massimo Minini
Nato a Cerano, nel 1932, è considerato uno dei maggiori teorici del design italiano e mondiale. Nel 2000 riceve il Royal Desi gners for Industry, premio conferito dalla Royal Society of Arts. Nel 2008 la Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Torino gli dedica una personale antologica, in occasione dell’Anno Internazionale del Design. Compasso d’oro per cinque volte, l’ultimo, alla carriera, nel 2011.
In occasione della mostra sarà presentato il nuovo libro Eliminare il superfluo per ritrovare l’essenziale, pubblicato da Galleria Massimo Minini, Brescia.