domenica 20 dicembre 2015

CARLO PORTELLI - GALLERIA DELL'ACCADEMIA, FIRENZE




CARLO PORTELLI
Pittore eccentrico tra Rosso Fiorentino e Vasari
a cura di Lia Brunori e Alessandro Cecchi
Galleria dell’Accademia
via Ricasoli 58-60 - Firenze
21/12/2015 - 30/4/2016

La Galleria dell’Accademia annovera, nell’ampia rassegna della pittura fiorentina della Maniera dispiegata nella Tribuna del David, una monumentale pala con l’Immacolata Concezione di Carlo Portelli (tavola, cm 415 x 246,2), datata 1566 e già in Ognissanti, che può, a giusto titolo, essere considerata il suo capolavoro. Il suo autore, per quanto titolare di importanti commissioni e fra gli artisti attivi per le maggiori imprese medicee, non ha goduto sin qui di una grande fortuna critica.
Intorno a questa tavola visionaria e neo rossesca che scandalizzò Raffaello Borghini (1584) per l’esibizione sfacciata e irriverente delle nudità di Eva in primo piano, è quindi opportuno raccogliere in una mostra tutti i dipinti che si possono ascrivere attendibilmente al Portelli e, con nuove ricerche, chiarire nel catalogo, una volta per tutte, il suo ruolo nella pittura fiorentina dell’età vasariana.

Giunto a Firenze dalla natia Loro Ciuffenna in epoca imprecisata, si sarebbe formato, secondo il Vasari, nella affollata e sperimentata bottega di Ridolfo del Ghirlandaio e nel 1538 si era già iscritto alla Compagnia di San Luca o dei Pittori. Due anni più tardi collaborava già col Salviati all’apparato per le nozze di Cosimo I con Eleonora di Toledo, portando a compimento un dipinto effimero con l’Incoronazione di Cosimo I di cui esiste il disegno preparatorio di Cecchino al Louvre.
La pala con la Trinità di Santa Felicita, da datarsi prima del 1543, lo rivela un artista che, rifacendosi ai grandi modelli, sa già orchestrare una composizione, scalando in profondità le figure nello spazio illusorio di un dipinto. Dopo aver preso in affitto una bottega nel 1548, avrebbe dato inizio ad una intensa attività di pittore di soggetti religiosi, di cui danno conto le pale del 1555 (Annunciazione di Loro, Disputa sulla Trinità di Santa Croce e Adorazione dei Pastori di San Salvi, queste ultime in origine nella chiesa di Monticelli, consacrata nel 1555).
Due anni più tardi licenziava il grandioso e affollato Martirio di San Romolo (come lo sono in genere le pale d’altare del Rosso), di cui è conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi uno studio preparatorio a matita rossa per la testa della fanciulla di profilo che figura nel dipinto e che gli sarà esposto accanto, come nel percorso dell’esposizione figureranno le opere grafiche del Portelli che si conoscono, in genere caratterizzate da un inconfondibile segno filiforme, in punta di penna, che definisce sommariamente le figure.
Iscritto nel 1563 alla appena fondata Accademia del Disegno, lo sarebbe rimasto fino alla morte, nel 1574. In questi anni, accanto ad una produzione di pale d’altare come il Compianto di Loro del 1561, l’Immacolata Concezione del 1566, la Restituzione della Croce di Olmi del 1569, e il Cristo che predica con i Santi Giovanni Battista ed Evangelista e i committenti, di Colle di Buggiano del 1571, avrebbe soddisfatto le richieste di una committenza privata desiderosa di Sacre Famiglie (in musei stranieri o passate sul mercato) e Allegorie della Carità (Madrid, Arezzo e Firenze), cimentandosi con successo anche nel genere ritrattistico con dipinti oggi a Chaàlis e a Wiesbaden, e con il Ritratto allegorico e celebrativo di Giovanni dalle Bande Nere di Minneapolis, debitore del ritratto del condottiero di Giovan Paolo Pace degli Uffizi e di quello della Galleria Palatina restituito a Salviati dal Cecchi, dei quali è prevista l’esposizione accanto all’opera del Portelli.
Dopo aver lavorato all’apparato del 1565 per le nozze di Francesco de’ Medici e di Giovanna d’Austria, con pitture a Borgonissanti e all’arco al Canto della Paglia, avrebbe chiuso la sua carriera con la collaborazione all’impresa dello Studiolo del Principe in Palazzo Vecchio, dipingendo, ormai vecchio e superato dai giovani emergenti, il Nettuno e Anfitrite così diverso dalle sue opere più tipiche.
La mostra che annovera circa cinquanta opere fra dipinti, disegni e documenti, oltre a valorizzare la pala dell’Accademia, consentirà al pubblico che affolla ogni giorno il museo di conoscere un artista noto solo agli specialisti e invece meritevole di essere apprezzato per la sua originalità, fantasia e capacità di tradurre in pittura concettose invenzioni, sul modello del Vasari.