FRANCO FONTANA
VITA NOVA
a cura di Sabrina Raffaghello
Palazzo Ducale - Sala Liguria
piazza Matteotti 9 - Genova
dal 28/11/2014 al 6/1/2015
Vita Nova è un progetto che Franco Fontana, artista ottantenne, celebre per i suoi ritratti di nudi femminili, realizza tra il 2010 e il 2013, fotografando nel cimitero di Staglieno un corpus di monumenti ottocenteschi degli scultori Monteverdi, Bistolfi, Benetti, Cevasco, Orengo, Rota e Villa. Un modo personale di affrontare il tema della morte, che lo conduce a indagare il delicato rapporto tra Eros e Thanatos, rendendo attraverso la fotografia, rigorosamente in bianco e nero, le statue funebri parte di una sensualità e di una estetica che le rende vive e suadenti. Quaranta fotografie esposte in mostra sono capaci di fondere la monumentalità del luogo con la fantasia di un colpo d’occhio unico.
“Mi hanno chiesto di fotografare il cimitero monumentale di Genova. Ho accettato la sfida, ma mentre scattavo mi rendevo conto che non stavo concludendo il mio stile. Ad un certo punto vedo dei bassorilievi di un erotismo spaventoso, in cui c’era tutto tranne che la morte. O meglio, a metà tra amore e morte, Eros e Thanatos. Da qui l’idea di “Vita Nova”, una sorta di “Antologia di Spoon River” a Staglieno. Un po’ richiamano i miei nudi, tanto sembrano vivi, e tanto i miei nudi sono classici. L’effetto solarizzato, simile alle rayografie di Man Ray, è dovuto allo strato di polvere che ricopre le statue.”
Nato nel 1933 a Modena, città dove si riscontra già dall’inizio del Novecento una tradizione fotografica radicata, Franco Fontana si avvicina alla fotografia nei primi anni Sessanta, secondo un percorso comune a molti della sua generazione, ossia attraverso il mondo degli amatori ma in una città che è culturalmente molto attiva, animata da un gruppo di artisti di matrice concettuale, seppure ancora agli esordi, tra cui vi sono Franco Vaccari, Claudio Parmeggiani, Luigi Ghirri e Franco Guerzoni.
Il lavoro di Franco Fontana condivide con questa corrente il bisogno di rinnovamento e di messa in discussione dei codici di rappresentazione ereditati, in campo fotografico, dal Neorealismo, ma pone particolare attenzione e cura anche agli esiti visivi e alla componente estetica della sua ricerca.
Nel 1963 avviene il suo esordio internazionale, alla 3a Biennale Internazionale del Colore di Vienna. Nelle fotografie di questo primo periodo si vedono in nuce alcuni di quelli che diverranno i suoi tratti distintivi. Soprattutto, c’è una scelta di campo - per il colore - decisamente controcorrente rispetto alla maggioranza dei suoi colleghi.
Nel 1970 Franco Fontana scatta un’immagine-simbolo del suo repertorio, a Baia delle Zagare, in Puglia: una composizione pulita, ritmata da fasce di colore, giocata su pochi toni cromatici, essenziale, sintetica, che sarà impiegata per una campagna del Ministero della Cultura Francese.
Nel 1979 intraprende il primo di una lunga serie di viaggi negli Stati Uniti: Fontana non approda a nessuna rivelazione, bensì applica il suo codice linguistico, ormai consolidato, a un ambiente urbano altro, rispetto alla sua Modena, ma non per questo alieno o incomprensibile.
Qualche anno dopo, nel 1984, inizia la serie Piscine: porzioni di sinuosi corpi di donna (e a volte d’uomo), esaltate da colori squillanti, in uno spazio conchiuso, sospeso, di cui spesso non vediamo i confini.′
Nel 2000 inizia la serie dei Paesaggi Immaginari, in cui l’invenzione sul reale arriva ai massimi livelli, rendendo chiaramente manifesto il sottile inganno teorico sotteso alla produzione precedente. In questo caso, il fotografo, che non disdegna la tecnologia digitale, riafferma la propria libertà interpretativa della realtà tramite l’immaginazione.
La sua lunga carriera è costellata di riconoscimenti, premi e onorificenze in tutto il mondo, sono più di quattrocento le mostre in cui sono state esposte le sue fotografie e più di quaranta i volumi pubblicati.
"Per me la fotografia non è né un mestiere né una professione, ma è la realtà della mia vita, dopo gli affetti della famiglia e dell’amicizia. È quella scelta che mi dona la qualità della vita, perché la vivo con entusiasmo e creatività, esprimendomi per quello che penso, testimoniando quello che vedo e che sono.
Fotografare è un atto di conoscenza: è possedere. Quello che si fotografa non sono immagini ma è una riproduzione di noi stessi. La creatività non illustra, non imita, ma interpreta diventando la ricerca della verità ideale. La fotografia creativa non deve riprodurre ma interpretare rendendo visibile l’invisibile.
La forma è la chiave dell’esistenza, ed io cerco di esprimerla fotografando lo spazio, in correlazione con le cose coinvolte in esso. Lo spazio non è ciò che contiene la cosa ma ciò che emerge in relazione della cosa. Tutto ciò che ci circonda può venire ripreso per essere testimoniato con significato.
VITA NOVA
a cura di Sabrina Raffaghello
Palazzo Ducale - Sala Liguria
piazza Matteotti 9 - Genova
dal 28/11/2014 al 6/1/2015
Vita Nova è un progetto che Franco Fontana, artista ottantenne, celebre per i suoi ritratti di nudi femminili, realizza tra il 2010 e il 2013, fotografando nel cimitero di Staglieno un corpus di monumenti ottocenteschi degli scultori Monteverdi, Bistolfi, Benetti, Cevasco, Orengo, Rota e Villa. Un modo personale di affrontare il tema della morte, che lo conduce a indagare il delicato rapporto tra Eros e Thanatos, rendendo attraverso la fotografia, rigorosamente in bianco e nero, le statue funebri parte di una sensualità e di una estetica che le rende vive e suadenti. Quaranta fotografie esposte in mostra sono capaci di fondere la monumentalità del luogo con la fantasia di un colpo d’occhio unico.
“Mi hanno chiesto di fotografare il cimitero monumentale di Genova. Ho accettato la sfida, ma mentre scattavo mi rendevo conto che non stavo concludendo il mio stile. Ad un certo punto vedo dei bassorilievi di un erotismo spaventoso, in cui c’era tutto tranne che la morte. O meglio, a metà tra amore e morte, Eros e Thanatos. Da qui l’idea di “Vita Nova”, una sorta di “Antologia di Spoon River” a Staglieno. Un po’ richiamano i miei nudi, tanto sembrano vivi, e tanto i miei nudi sono classici. L’effetto solarizzato, simile alle rayografie di Man Ray, è dovuto allo strato di polvere che ricopre le statue.”
Nato nel 1933 a Modena, città dove si riscontra già dall’inizio del Novecento una tradizione fotografica radicata, Franco Fontana si avvicina alla fotografia nei primi anni Sessanta, secondo un percorso comune a molti della sua generazione, ossia attraverso il mondo degli amatori ma in una città che è culturalmente molto attiva, animata da un gruppo di artisti di matrice concettuale, seppure ancora agli esordi, tra cui vi sono Franco Vaccari, Claudio Parmeggiani, Luigi Ghirri e Franco Guerzoni.
Il lavoro di Franco Fontana condivide con questa corrente il bisogno di rinnovamento e di messa in discussione dei codici di rappresentazione ereditati, in campo fotografico, dal Neorealismo, ma pone particolare attenzione e cura anche agli esiti visivi e alla componente estetica della sua ricerca.
Nel 1963 avviene il suo esordio internazionale, alla 3a Biennale Internazionale del Colore di Vienna. Nelle fotografie di questo primo periodo si vedono in nuce alcuni di quelli che diverranno i suoi tratti distintivi. Soprattutto, c’è una scelta di campo - per il colore - decisamente controcorrente rispetto alla maggioranza dei suoi colleghi.
Nel 1970 Franco Fontana scatta un’immagine-simbolo del suo repertorio, a Baia delle Zagare, in Puglia: una composizione pulita, ritmata da fasce di colore, giocata su pochi toni cromatici, essenziale, sintetica, che sarà impiegata per una campagna del Ministero della Cultura Francese.
Nel 1979 intraprende il primo di una lunga serie di viaggi negli Stati Uniti: Fontana non approda a nessuna rivelazione, bensì applica il suo codice linguistico, ormai consolidato, a un ambiente urbano altro, rispetto alla sua Modena, ma non per questo alieno o incomprensibile.
Qualche anno dopo, nel 1984, inizia la serie Piscine: porzioni di sinuosi corpi di donna (e a volte d’uomo), esaltate da colori squillanti, in uno spazio conchiuso, sospeso, di cui spesso non vediamo i confini.′
Nel 2000 inizia la serie dei Paesaggi Immaginari, in cui l’invenzione sul reale arriva ai massimi livelli, rendendo chiaramente manifesto il sottile inganno teorico sotteso alla produzione precedente. In questo caso, il fotografo, che non disdegna la tecnologia digitale, riafferma la propria libertà interpretativa della realtà tramite l’immaginazione.
La sua lunga carriera è costellata di riconoscimenti, premi e onorificenze in tutto il mondo, sono più di quattrocento le mostre in cui sono state esposte le sue fotografie e più di quaranta i volumi pubblicati.
"Per me la fotografia non è né un mestiere né una professione, ma è la realtà della mia vita, dopo gli affetti della famiglia e dell’amicizia. È quella scelta che mi dona la qualità della vita, perché la vivo con entusiasmo e creatività, esprimendomi per quello che penso, testimoniando quello che vedo e che sono.
Fotografare è un atto di conoscenza: è possedere. Quello che si fotografa non sono immagini ma è una riproduzione di noi stessi. La creatività non illustra, non imita, ma interpreta diventando la ricerca della verità ideale. La fotografia creativa non deve riprodurre ma interpretare rendendo visibile l’invisibile.
La forma è la chiave dell’esistenza, ed io cerco di esprimerla fotografando lo spazio, in correlazione con le cose coinvolte in esso. Lo spazio non è ciò che contiene la cosa ma ciò che emerge in relazione della cosa. Tutto ciò che ci circonda può venire ripreso per essere testimoniato con significato.