MARIO DONDERO
GLI ANNI DI PARIGI
a cura di Arminio Sciolli
Institut Français Milano (ex Centre Culturel Francais)
corso Magenta 63 - Milano
dal 12/11/2014 al 6/12/2014
L'Institut français Milano ha il piacere di proporre una mostra eccezionale di Mario Dondero, “padre del fotogiornalismo italiano”: 82 fotografie ripercorrono le sue lunghe permanenze a Parigi, a stretto contatto con i protagonisti della vita intellettuale francese dal dopoguerra agli anni 90.
Oltre alle foto il percorso espositivo prevede un prezioso dattiloscritto di Giorni felici di Beckett con correzioni a mano. La mostra presenta i ritratti delle figure incontrate a Saint-Germain-des-Prés, da Jean-Paul Sartre a Serge Gainsbourg, da Samuel Beckett a Eugène Ionesco a testimonianza della insaziabile curiosità del fotoreporter che, lavorando per testate sia italiane che francesi, faceva da tramite tra Parigi e l'Italia.
Non mancherà l'opera emblematica di quegli anni, la fotografia degli autori del Nouveau Roman, esempio perfetto di come un'immagine, in alcuni casi, non solo testimonia un evento, ma lo crea. La profonda conoscenza di questo ambiente da parte di Dondero, però, fa sì che questo scatto non sia una semplice casualità, bensì l'espressione del suo modo di lavorare, immerso nella realtà come lo sarà tutta la sua opera, che si tratti di fotografare un processo politico nella Grecia dei colonelli o i medici afgani nell'ospedale di Emergency o ancora un gruppo di scrittori al tavolo di un bar, l'autore dimostra la stessa naturalezza ed empatia.
Questa “photo de classe”, come la chiama Dondero, fu scattata nell'ottobre 1959; l'incontro fu organizzato con l'aiuto di Jérôme Lindon, direttore delle Editions de Minuit, che aderì con entusiasmo all'idea e convocò gli scrittori. Vennero così riuniti Alain Robbe-Grillet, Claude Simon, Claude Mauriac, Robert Pinget, Samuel Beckett, Nathalie Sarraute e Claude Ollier. Marguerite Duras rifiutò l'invito, Michel Butor e Jean Cayrol ritardarono. Pur scattata in fretta e in un'atmosfera un pò imbarazzata – Lindon era preoccupato del ritardo di Butor, alcuni degli autori non si conoscevano, Beckett impressionava tutti – la foto presenta una composizione particolarmente riuscita e sembra quasi il risultato casuale di una flânerie sulla Rive Gauche. Forse per questo è considerata il simbolo dell'Ecole du regard, e la si trova ancora oggi in tutti i manuali di letteratura. Nel 2011, il regista Christophe Honoré scrisse la sua pièce teatrale Nouveau Roman partendo proprio da questa immagine.
La celeberrima istantanea non offusca però il resto del reportage fatto quel giorno né le altre fotografie in mostra; una serie di ritratti in cui molte volte il personaggio è ripreso tra oggetti o persone familiari. Dondero ne cattura l'anima con disinvoltura, rifiutando gli effetti di stile, nascondendo dietro una nonchalance solo apparente una precisa etica della propria arte.
Scrive infatti Arminio Sciolli, curatore della mostra: “Dondero non improvvisa niente, non fotografa a caso né per caso. Ogni sua “improvvisazione” viene studiata e preparata con cura. Se riesce ad infiltrarsi grazie alla sua discrezione e al suo fascino latino, tiene sempre impugnata la Leica, da tempo metabolizzata nel suo corpo, le dita sempre pronte a scattare. Lo scatto avviene in un attimo impercettibile che lascia indisturbato l’ambiente. Il dominio dell’arte della fotografia, l’irrefrenabile gran voglia di sedurre, il desiderio di conoscere e dare testimonianza, tengono sempre in agguato Mario Dondero, uno dei grandi cacciatori di anime del XX° secolo.”
GLI ANNI DI PARIGI
a cura di Arminio Sciolli
Institut Français Milano (ex Centre Culturel Francais)
corso Magenta 63 - Milano
dal 12/11/2014 al 6/12/2014
L'Institut français Milano ha il piacere di proporre una mostra eccezionale di Mario Dondero, “padre del fotogiornalismo italiano”: 82 fotografie ripercorrono le sue lunghe permanenze a Parigi, a stretto contatto con i protagonisti della vita intellettuale francese dal dopoguerra agli anni 90.
Oltre alle foto il percorso espositivo prevede un prezioso dattiloscritto di Giorni felici di Beckett con correzioni a mano. La mostra presenta i ritratti delle figure incontrate a Saint-Germain-des-Prés, da Jean-Paul Sartre a Serge Gainsbourg, da Samuel Beckett a Eugène Ionesco a testimonianza della insaziabile curiosità del fotoreporter che, lavorando per testate sia italiane che francesi, faceva da tramite tra Parigi e l'Italia.
Non mancherà l'opera emblematica di quegli anni, la fotografia degli autori del Nouveau Roman, esempio perfetto di come un'immagine, in alcuni casi, non solo testimonia un evento, ma lo crea. La profonda conoscenza di questo ambiente da parte di Dondero, però, fa sì che questo scatto non sia una semplice casualità, bensì l'espressione del suo modo di lavorare, immerso nella realtà come lo sarà tutta la sua opera, che si tratti di fotografare un processo politico nella Grecia dei colonelli o i medici afgani nell'ospedale di Emergency o ancora un gruppo di scrittori al tavolo di un bar, l'autore dimostra la stessa naturalezza ed empatia.
Questa “photo de classe”, come la chiama Dondero, fu scattata nell'ottobre 1959; l'incontro fu organizzato con l'aiuto di Jérôme Lindon, direttore delle Editions de Minuit, che aderì con entusiasmo all'idea e convocò gli scrittori. Vennero così riuniti Alain Robbe-Grillet, Claude Simon, Claude Mauriac, Robert Pinget, Samuel Beckett, Nathalie Sarraute e Claude Ollier. Marguerite Duras rifiutò l'invito, Michel Butor e Jean Cayrol ritardarono. Pur scattata in fretta e in un'atmosfera un pò imbarazzata – Lindon era preoccupato del ritardo di Butor, alcuni degli autori non si conoscevano, Beckett impressionava tutti – la foto presenta una composizione particolarmente riuscita e sembra quasi il risultato casuale di una flânerie sulla Rive Gauche. Forse per questo è considerata il simbolo dell'Ecole du regard, e la si trova ancora oggi in tutti i manuali di letteratura. Nel 2011, il regista Christophe Honoré scrisse la sua pièce teatrale Nouveau Roman partendo proprio da questa immagine.
La celeberrima istantanea non offusca però il resto del reportage fatto quel giorno né le altre fotografie in mostra; una serie di ritratti in cui molte volte il personaggio è ripreso tra oggetti o persone familiari. Dondero ne cattura l'anima con disinvoltura, rifiutando gli effetti di stile, nascondendo dietro una nonchalance solo apparente una precisa etica della propria arte.
Scrive infatti Arminio Sciolli, curatore della mostra: “Dondero non improvvisa niente, non fotografa a caso né per caso. Ogni sua “improvvisazione” viene studiata e preparata con cura. Se riesce ad infiltrarsi grazie alla sua discrezione e al suo fascino latino, tiene sempre impugnata la Leica, da tempo metabolizzata nel suo corpo, le dita sempre pronte a scattare. Lo scatto avviene in un attimo impercettibile che lascia indisturbato l’ambiente. Il dominio dell’arte della fotografia, l’irrefrenabile gran voglia di sedurre, il desiderio di conoscere e dare testimonianza, tengono sempre in agguato Mario Dondero, uno dei grandi cacciatori di anime del XX° secolo.”