UMBERTO BIGNARDI
ARCHIVIO INELUTTABILE
a cura di Giovanni Andrea Semerano
con un testo di Nanni Cagnone
Centro Culturale La Camera Verde
via Giovanni Miani 20 - Roma
dal 28/3/2013 al 16/5/2013
Cento opere su carta, in formato A4, tecnica mista, divise in serie di 6 o di 8, che Umberto Bignardi costruisce come sequenze di un percorso teso a sviluppare i molteplici incastri tra potere e lavoro, e i segni di una società dello spettacolo oramai destinata a essere sempre di più l'espressione violenta di un frammento di se stessa.
Schizzo quasi marginale di una battaglia di superfici. I molteplici segni diventano così mirati, puntati, e la pittura, in questo archivio ineluttabile, definisce una propria intrinseca lotta. L'appunto secondo Bignardi diventa il centro della storia, e attraverso l'apparenza astratta la figura trova la forma dell'idea. Le sequenze che Bignardi propone costruiscono specchi e risvolti, opposti segni che sembrano anticipare e spezzare.
Movimento e riflessione, fotogrammi pittorici che visti tutti insieme innescano l'antico movimento delle lanterne magiche. La storia che si compone attraverso questa serie è la nostra storia, di questi anni, e Bignardi analizza i virus, le macchie rosse, le guerre, gli schemi industriali e pubblicitari, e così dentro una critica al segno e nell'irriverenza ironica, questo archivio ineluttabile ci complica la visione attraversando la vita.
Umberto Bignardi è nato a Bologna nel 1935. Nel 1954 si iscrive al corso di scenografia all’Accademia di Belle Arti della sua città; l’anno seguente si trasferisce a Roma dove prosegue quegli studi nel corso di Toti Scialoja. Alla fine degli anni ’50 si dedica completamente alla pittura, nel 1959 espone nella collettiva “giovane pittura a Roma”alla galleria la Tartaruga di Plinio De Martis. Per tutto il 1960 lavora ad un ciclo di tecniche miste su carta. Sempre alla tartaruga, nel 1961, ha la sua prima personale. Durante tutto il 1962 realizza una serie di grandi collages su tela. Questi lavori sono esposti nel marzo del 1963 in una personale alla nuova sede della Tartaruga in Piazza del Popolo. Lasciata la tecnica del collage, nel 1964 riprende l’uso del disegno e della pittura partendo dalla particolare struttura di una serie di immagini fotografiche, come nel caso dei “Clairol”. 1964: personale alla De’ Foscherari di Bologna e collettiva “arte nuova” Lunds Konstall in Svezia. Il 1965 è l’anno in cui inizia la trasposizione grafico pittorica delle cronofotografie di E. Muybridge e dei fotofinish. Stabilisce un rapporto con la galleria L’Attico dove, nel gennaio del 1966 tiene una personale nella quale, oltre ai risultati delle ricerche sull’immagine-movimento espone i media-trovati-modificati: lo specchio/schermo “fantavisore” e il “prismobile”. Nello stesso anno è ivitato alla XXXVII Biennale di Venezia. Sempre nel1966 si avvicina al cinema indipendente tramite l’amicizia con Alfredo Leonardi. Inizia anche la collaborazione con alcuni esponenti del teatro-immagine. Nel 1967 crea il Rotor, schermo cilindrico ruotante sul quale si alternano superfici riflettenti (specchi) e assorbenti (schermi). L’installazione Rotor è concepita come un tutto unico con la proiezione del film Motion Vision. Espone il Rotor in due mostre collettive: “Fuoco, Immagine, Acqua, Terra” alla galleria l’Attico di Roma e “Arte Povera, Im-Spazio” alla galleria La Bertesca di Genova. Il Rotor è una delle prime istallazioni multimediali mai viste, un esempio originale di expanded cinema. Nel 1967 progetta anche l’impianto scenico e cura la regia dei filmati (riprese di Turi e Capanna) per lo spettacolo Teatrale “Illuminazione” testo di Nanni Balestrini, regia teatrale di Mario Ricci. Nel ’67 tiene due mostre personali, una alla galleria Modern Art Agency di Lucio Amelio a Napoli, l’altra alla Galleria del Deposito a Genova. Nel 1968, il Rotor è esposto in due musei tedeschi: lo Stadlisches Museum di Wiesbaden e il Kunsthaus Hamburg. Del 1968 è anche l’esperienza della rassegna “Situazione ‘68” al parterre di San Gallo a Firenze, è l’ultima mostra di Bignardi, alla fine dello stesso anno si allontanerà dai luoghi e circuiti del sistema dell’arte.
ARCHIVIO INELUTTABILE
a cura di Giovanni Andrea Semerano
con un testo di Nanni Cagnone
Centro Culturale La Camera Verde
via Giovanni Miani 20 - Roma
dal 28/3/2013 al 16/5/2013
Cento opere su carta, in formato A4, tecnica mista, divise in serie di 6 o di 8, che Umberto Bignardi costruisce come sequenze di un percorso teso a sviluppare i molteplici incastri tra potere e lavoro, e i segni di una società dello spettacolo oramai destinata a essere sempre di più l'espressione violenta di un frammento di se stessa.
Schizzo quasi marginale di una battaglia di superfici. I molteplici segni diventano così mirati, puntati, e la pittura, in questo archivio ineluttabile, definisce una propria intrinseca lotta. L'appunto secondo Bignardi diventa il centro della storia, e attraverso l'apparenza astratta la figura trova la forma dell'idea. Le sequenze che Bignardi propone costruiscono specchi e risvolti, opposti segni che sembrano anticipare e spezzare.
Movimento e riflessione, fotogrammi pittorici che visti tutti insieme innescano l'antico movimento delle lanterne magiche. La storia che si compone attraverso questa serie è la nostra storia, di questi anni, e Bignardi analizza i virus, le macchie rosse, le guerre, gli schemi industriali e pubblicitari, e così dentro una critica al segno e nell'irriverenza ironica, questo archivio ineluttabile ci complica la visione attraversando la vita.
Umberto Bignardi è nato a Bologna nel 1935. Nel 1954 si iscrive al corso di scenografia all’Accademia di Belle Arti della sua città; l’anno seguente si trasferisce a Roma dove prosegue quegli studi nel corso di Toti Scialoja. Alla fine degli anni ’50 si dedica completamente alla pittura, nel 1959 espone nella collettiva “giovane pittura a Roma”alla galleria la Tartaruga di Plinio De Martis. Per tutto il 1960 lavora ad un ciclo di tecniche miste su carta. Sempre alla tartaruga, nel 1961, ha la sua prima personale. Durante tutto il 1962 realizza una serie di grandi collages su tela. Questi lavori sono esposti nel marzo del 1963 in una personale alla nuova sede della Tartaruga in Piazza del Popolo. Lasciata la tecnica del collage, nel 1964 riprende l’uso del disegno e della pittura partendo dalla particolare struttura di una serie di immagini fotografiche, come nel caso dei “Clairol”. 1964: personale alla De’ Foscherari di Bologna e collettiva “arte nuova” Lunds Konstall in Svezia. Il 1965 è l’anno in cui inizia la trasposizione grafico pittorica delle cronofotografie di E. Muybridge e dei fotofinish. Stabilisce un rapporto con la galleria L’Attico dove, nel gennaio del 1966 tiene una personale nella quale, oltre ai risultati delle ricerche sull’immagine-movimento espone i media-trovati-modificati: lo specchio/schermo “fantavisore” e il “prismobile”. Nello stesso anno è ivitato alla XXXVII Biennale di Venezia. Sempre nel1966 si avvicina al cinema indipendente tramite l’amicizia con Alfredo Leonardi. Inizia anche la collaborazione con alcuni esponenti del teatro-immagine. Nel 1967 crea il Rotor, schermo cilindrico ruotante sul quale si alternano superfici riflettenti (specchi) e assorbenti (schermi). L’installazione Rotor è concepita come un tutto unico con la proiezione del film Motion Vision. Espone il Rotor in due mostre collettive: “Fuoco, Immagine, Acqua, Terra” alla galleria l’Attico di Roma e “Arte Povera, Im-Spazio” alla galleria La Bertesca di Genova. Il Rotor è una delle prime istallazioni multimediali mai viste, un esempio originale di expanded cinema. Nel 1967 progetta anche l’impianto scenico e cura la regia dei filmati (riprese di Turi e Capanna) per lo spettacolo Teatrale “Illuminazione” testo di Nanni Balestrini, regia teatrale di Mario Ricci. Nel ’67 tiene due mostre personali, una alla galleria Modern Art Agency di Lucio Amelio a Napoli, l’altra alla Galleria del Deposito a Genova. Nel 1968, il Rotor è esposto in due musei tedeschi: lo Stadlisches Museum di Wiesbaden e il Kunsthaus Hamburg. Del 1968 è anche l’esperienza della rassegna “Situazione ‘68” al parterre di San Gallo a Firenze, è l’ultima mostra di Bignardi, alla fine dello stesso anno si allontanerà dai luoghi e circuiti del sistema dell’arte.