ENRICO TESTA
ABLATIVO
Einaudi, 19/3/2013
Collezione di Poesia
L'ablativo è un caso latino che non indica l'«io» né il possesso, non marca le attese né le esclamazioni, ma sintetizza un allontanamento o un distacco, un'uscita da un luogo o da uno stato: un passaggio in cui il soggetto, non piú fine a se stesso e come portato via, improvvisamente scopre per sé un altro destino. Un titolo che bene risponde al nuovo libro di Enrico Testa, la cui poesia è fortemente «ablativa», da sempre radicata nei nodi dell'assenza o della perdita. Qui questi temi si concretizzano in vari toni e cadenze: il sentimento della fine, il succedersi delle generazioni, la piccola scena della famiglia, ma anche inaspettate pause di quiete, intermezzi di natura e, talvolta, annunci di un sospetto di gioia. Una poesia piú corporea rispetto alle precedenti raccolte: sempre fantasmatiche le presenze, però nette e concrete nel loro anchilosato affannarsi ai margini della scrittura. E con una vena essenziale e ironicamente brillante, che forse non aveva mai raggiunto, nelle poesie di Testa, questi livelli di efficacia, di risonanza, di memorabilità.
Enrico Testa è nato nel 1956 a Genova, dove insegna Storia della lingua italiana all'università. Dopo Le faticose attese (San Marco dei Giustiniani 1988), ha pubblicato da Einaudi le raccolte poetiche In controtempo (1994), La sostituzione (2001), Pasqua di neve (2008), L'esistenza. Tutte le poesie 1980 - 1992 (2010) e Ablativo (2013). Sempre per Einaudi ha curato il Quaderno di traduzioni di Giorgio Caproni (1998) e l'antologia Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000 (2005). Tra i suoi saggi: Lo stile semplice. Discorso e romanzo (Einaudi 1997), Per interposta persona. Lingua e poesia nel secondo Novecento (Bulzoni 1999), Montale (Einaudi 2000), Eroi e figuranti. Il personaggio nel romanzo (Einaudi 2009), Una costanza sfigurata. Lo statuto del soggetto nella poesia di Sanguineti (Interlinea 2012).
ABLATIVO
Einaudi, 19/3/2013
Collezione di Poesia
L'ablativo è un caso latino che non indica l'«io» né il possesso, non marca le attese né le esclamazioni, ma sintetizza un allontanamento o un distacco, un'uscita da un luogo o da uno stato: un passaggio in cui il soggetto, non piú fine a se stesso e come portato via, improvvisamente scopre per sé un altro destino. Un titolo che bene risponde al nuovo libro di Enrico Testa, la cui poesia è fortemente «ablativa», da sempre radicata nei nodi dell'assenza o della perdita. Qui questi temi si concretizzano in vari toni e cadenze: il sentimento della fine, il succedersi delle generazioni, la piccola scena della famiglia, ma anche inaspettate pause di quiete, intermezzi di natura e, talvolta, annunci di un sospetto di gioia. Una poesia piú corporea rispetto alle precedenti raccolte: sempre fantasmatiche le presenze, però nette e concrete nel loro anchilosato affannarsi ai margini della scrittura. E con una vena essenziale e ironicamente brillante, che forse non aveva mai raggiunto, nelle poesie di Testa, questi livelli di efficacia, di risonanza, di memorabilità.
Enrico Testa è nato nel 1956 a Genova, dove insegna Storia della lingua italiana all'università. Dopo Le faticose attese (San Marco dei Giustiniani 1988), ha pubblicato da Einaudi le raccolte poetiche In controtempo (1994), La sostituzione (2001), Pasqua di neve (2008), L'esistenza. Tutte le poesie 1980 - 1992 (2010) e Ablativo (2013). Sempre per Einaudi ha curato il Quaderno di traduzioni di Giorgio Caproni (1998) e l'antologia Dopo la lirica. Poeti italiani 1960-2000 (2005). Tra i suoi saggi: Lo stile semplice. Discorso e romanzo (Einaudi 1997), Per interposta persona. Lingua e poesia nel secondo Novecento (Bulzoni 1999), Montale (Einaudi 2000), Eroi e figuranti. Il personaggio nel romanzo (Einaudi 2009), Una costanza sfigurata. Lo statuto del soggetto nella poesia di Sanguineti (Interlinea 2012).