LUCIANO PALMIERI
INFINITE NATURE IMMATERIALI
Palazzo dei Principi
corso Cavour 7 - Correggio
17/10/2015 - 29/11/2015
La mostra di Luciano Palmieri presso Palazzo dei Principi vuole essere un approfondimento sulla sua produzione, partendo da quel primo tassello correggese dell'artista che è Vita immateriale (2011), collocata all'ingresso della nuova ala dell’ospedale civico San Sebastiano, in occasione della sua recente inaugurazione.
Sanmartinese di nascita e milanese di adozione, Palmieri è già agli inizi degli anni Ottanta tra i più importanti nomi promossi da Luciano Inga-Pin della galleria Diagramma di Milano, ma riscuote parallelamente notevole successo anche alla galleria Catherine Issert di Saint Paul de Vence, alla Eva Keppel di Düsseldorf, alla 121 di Anversa e alla Swart di Amsterdam, solo per citarne alcune.
Nel 1986, in occasione della mostra alla Rotonda di via Besana a Milano, viene annoverato da Renato Barilli nel gruppo dei Nuovi Futuristi assieme ad Abate, Bonfiglio, Brevi, Cella, Crosa, Innocente, Lodola, Luraschi, Plumcake e Postal.
Innovazione, sperimentazione, artificio, estro compositivo che si avvale delle nuove tecnologie: questi i punti in comune con il Futurismo di inizi Novecento.
Ma alla velocità o alla conquista dello spazio di Boccioni (Forme uniche della continuità nello spazio, 1913) Palmieri predilige i robotici marchingegni e le geometrie di Depero: è questo il trait-d’union con tutta una serie di sue prime opere che scaturiscono da una riflessione sul mondo, attraverso le infinte possibilità plastiche del pvc e delle sostanze acriliche. Gli alberi, strabordanti di innesti, e la natura (Intaglio + Risveglio, 1986) sono costruzioni possenti e megalitiche, esternazione di fantasia ma anche riflesso di una natura che ha già dovuto dialogare con la scienza.
C'è anche una sorta di reminescenza pop nelle prime opere degli anni Ottanta, se non fosse che esse hanno tutto per stupire, ma non necessariamente sono l’elogio dell’oggetto del consumismo di massa, indispensabile a tutti i costi. C'è piuttosto una preferenza per ciò di per sé strano, quasi inutile e quasi di gusto kitsch, a volte dozzinale, ma caricato di ironia e di un senso nuovo.
Del gusto pop è anche la cromia vivace degli inizi, che si coniuga a neofuturistici ingranaggi dotati di movimento e capacità di emettere suoni, mentre è proprio l'esito imprevisto ad avvicinare per certi versi Palmieri ai ready-made di Duchamp e al Dadaismo.
Nel presente catalogo l’artista ha voluto includere opere più recenti e legate al territorio locale: oltre alla già citata Vita immateriale (2011), La Conoscenza (2007), realizzata per la Scuola Secondaria di I grado A. Allegri di San Martino in Rio.
In quest’ultima si sente ancora il divertito, ma solo apparente, nonsense del Dadaismo, mentre meno importanza è data alla sua provocatoria dissacrazione della “storia dell’arte da manuale”, perché Palmieri preferisce gli oggetti comuni. Un insieme di matite ed enormi libri, grandi pagine da sfogliare come in un paese dell’incanto, rendono la scuola un luogo da vivere con il gusto della scoperta e la voglia d’apprendere.
Cardine dell’esposizione correggese sono le Nature immateriali, definite per la prima volta anche infinite. Dopo gli anni Ottanta Palmieri inizia a prediligere il rame (Formazione corallina, 1994-95) o l’acciaio smaltato; contemporaneamente, la sua mano si assottiglia e si inaugura una nuova stagione. Il rapporto naturale-artificiale, da sempre suo interesse, si incentra ora maggiormente sulla rappresentazione della natura in un contesto di vita estremamente tecnologizzato.
Non più oggetti, quindi, con cui divertirsi e costruire insoliti accostamenti, bizzarri anche nel gioco linguistico del titolo, ma strutture sempre più filiformi, esili arabeschi di rami spogli di colore, semplice acciaio inox.
La natura perde la sua materialità, diventando sinonimo di un ciclo imperituro di nascita e di morte, in cui ciò che sopravvive è l’energia. Scheletro degli alberi sono filamenti che si intrecciano, abbozzi di eliche simili ma mai identici. La natura è tutta lì: una struttura di DNA, energia generatrice, un divenire innumerevoli forme e, quindi, mondo. La visione laica di Palmieri include la scienza e l’arte come uniche vie filosofiche: nelle ultime opere i riferimenti a dati tangibili sono eliminati e vengono introdotte particelle elementari che si muovono in senso curvilineo e si aggregano secondo principi determinati dal peso e dalla temperatura.
L’artista si lascia trascinare dall’ispirazione per meglio cristallizzare questi contenuti nelle sue opere: esse non si chiudono, infatti, in se stesse e quella sorta di confine a cui può tendere il loro profilo, in realtà, continua. Tutte le opere possono essere il proseguimento l’una dell’altra.
L’energia è l’unico elemento fondamentale, l’unica forma vitale che si muove e si organizza in eliche e catene. Palmieri cerca le primarie concatenazioni che daranno vita alle future forme e corpi. Scienza ed arte si ritrovano pertanto vicine. Non a caso alcune di queste opere (Vita immateriale, 2011 o Nature immateriali, 2013- 2014-15) possono richiamare L. Fontana e lo Spazialismo: il concetto di spazio è infatti molto forte perché è in esso che fluisce l’energia del rinnovamento della vita.
Da qui l’inevitabile scelta del titolo di questa mostra correggese.
INFINITE NATURE IMMATERIALI
Palazzo dei Principi
corso Cavour 7 - Correggio
17/10/2015 - 29/11/2015
La mostra di Luciano Palmieri presso Palazzo dei Principi vuole essere un approfondimento sulla sua produzione, partendo da quel primo tassello correggese dell'artista che è Vita immateriale (2011), collocata all'ingresso della nuova ala dell’ospedale civico San Sebastiano, in occasione della sua recente inaugurazione.
Sanmartinese di nascita e milanese di adozione, Palmieri è già agli inizi degli anni Ottanta tra i più importanti nomi promossi da Luciano Inga-Pin della galleria Diagramma di Milano, ma riscuote parallelamente notevole successo anche alla galleria Catherine Issert di Saint Paul de Vence, alla Eva Keppel di Düsseldorf, alla 121 di Anversa e alla Swart di Amsterdam, solo per citarne alcune.
Nel 1986, in occasione della mostra alla Rotonda di via Besana a Milano, viene annoverato da Renato Barilli nel gruppo dei Nuovi Futuristi assieme ad Abate, Bonfiglio, Brevi, Cella, Crosa, Innocente, Lodola, Luraschi, Plumcake e Postal.
Innovazione, sperimentazione, artificio, estro compositivo che si avvale delle nuove tecnologie: questi i punti in comune con il Futurismo di inizi Novecento.
Ma alla velocità o alla conquista dello spazio di Boccioni (Forme uniche della continuità nello spazio, 1913) Palmieri predilige i robotici marchingegni e le geometrie di Depero: è questo il trait-d’union con tutta una serie di sue prime opere che scaturiscono da una riflessione sul mondo, attraverso le infinte possibilità plastiche del pvc e delle sostanze acriliche. Gli alberi, strabordanti di innesti, e la natura (Intaglio + Risveglio, 1986) sono costruzioni possenti e megalitiche, esternazione di fantasia ma anche riflesso di una natura che ha già dovuto dialogare con la scienza.
C'è anche una sorta di reminescenza pop nelle prime opere degli anni Ottanta, se non fosse che esse hanno tutto per stupire, ma non necessariamente sono l’elogio dell’oggetto del consumismo di massa, indispensabile a tutti i costi. C'è piuttosto una preferenza per ciò di per sé strano, quasi inutile e quasi di gusto kitsch, a volte dozzinale, ma caricato di ironia e di un senso nuovo.
Del gusto pop è anche la cromia vivace degli inizi, che si coniuga a neofuturistici ingranaggi dotati di movimento e capacità di emettere suoni, mentre è proprio l'esito imprevisto ad avvicinare per certi versi Palmieri ai ready-made di Duchamp e al Dadaismo.
Nel presente catalogo l’artista ha voluto includere opere più recenti e legate al territorio locale: oltre alla già citata Vita immateriale (2011), La Conoscenza (2007), realizzata per la Scuola Secondaria di I grado A. Allegri di San Martino in Rio.
In quest’ultima si sente ancora il divertito, ma solo apparente, nonsense del Dadaismo, mentre meno importanza è data alla sua provocatoria dissacrazione della “storia dell’arte da manuale”, perché Palmieri preferisce gli oggetti comuni. Un insieme di matite ed enormi libri, grandi pagine da sfogliare come in un paese dell’incanto, rendono la scuola un luogo da vivere con il gusto della scoperta e la voglia d’apprendere.
Cardine dell’esposizione correggese sono le Nature immateriali, definite per la prima volta anche infinite. Dopo gli anni Ottanta Palmieri inizia a prediligere il rame (Formazione corallina, 1994-95) o l’acciaio smaltato; contemporaneamente, la sua mano si assottiglia e si inaugura una nuova stagione. Il rapporto naturale-artificiale, da sempre suo interesse, si incentra ora maggiormente sulla rappresentazione della natura in un contesto di vita estremamente tecnologizzato.
Non più oggetti, quindi, con cui divertirsi e costruire insoliti accostamenti, bizzarri anche nel gioco linguistico del titolo, ma strutture sempre più filiformi, esili arabeschi di rami spogli di colore, semplice acciaio inox.
La natura perde la sua materialità, diventando sinonimo di un ciclo imperituro di nascita e di morte, in cui ciò che sopravvive è l’energia. Scheletro degli alberi sono filamenti che si intrecciano, abbozzi di eliche simili ma mai identici. La natura è tutta lì: una struttura di DNA, energia generatrice, un divenire innumerevoli forme e, quindi, mondo. La visione laica di Palmieri include la scienza e l’arte come uniche vie filosofiche: nelle ultime opere i riferimenti a dati tangibili sono eliminati e vengono introdotte particelle elementari che si muovono in senso curvilineo e si aggregano secondo principi determinati dal peso e dalla temperatura.
L’artista si lascia trascinare dall’ispirazione per meglio cristallizzare questi contenuti nelle sue opere: esse non si chiudono, infatti, in se stesse e quella sorta di confine a cui può tendere il loro profilo, in realtà, continua. Tutte le opere possono essere il proseguimento l’una dell’altra.
L’energia è l’unico elemento fondamentale, l’unica forma vitale che si muove e si organizza in eliche e catene. Palmieri cerca le primarie concatenazioni che daranno vita alle future forme e corpi. Scienza ed arte si ritrovano pertanto vicine. Non a caso alcune di queste opere (Vita immateriale, 2011 o Nature immateriali, 2013- 2014-15) possono richiamare L. Fontana e lo Spazialismo: il concetto di spazio è infatti molto forte perché è in esso che fluisce l’energia del rinnovamento della vita.
Da qui l’inevitabile scelta del titolo di questa mostra correggese.