TOM SCHOFIELD
1280*1024
Laboratorio Sociale Occupato Buridda
via Bertani, 1 (Ex Facolta' di Economia e commercio) - Genova
9-12 giugno 2012 (orario: 16-19)
Un evento di Suite-Case in collaborazione con Nopasswd in[ter]dependent contemporary culture
Il workshop sarà un’opportunità per artisti, designer e creativi di scambiarsi pratiche e conoscenze nelle aree di data visualisation, sonification e scultura. Si tratterà di sessioni tecniche di lavoro nell’ambiente di programmazione processing, o di seminari attorno al concetto di open data, hacktivism etc.
Il lavoro di Tom Schofield si sviluppa attorno alla ricerca sul rapporto tra new media e informazione e gioca sullo scambio tra segni, gesti e codici. Nel ribadire come i media siano, sempre e comunque, dispositivi che mettono in connessione, l’artista sembra subire un fascino nei confronti di tecnologie obsolete o immaginarie che lo porta ad inventare e costruire macchine “inutili” che utilizzano i dati non tanto per il loro contenuto/significato, ma soprattutto come unità materica fondamentale ed inevitabilmente destinata alla trasmissione.
1280*1024 è un progetto interattivo basato sull’alta definizione che permette agli schermi di ultima generazione di presentare un’elevatissima quantità di informazioni simultaneamente. L’artista si serve di un software (crawler) per raccogliere dati in zone poco frequentate della rete, che verrannopoi trasmessi in codice binario da una luce pulsante, un pixel dopo l’altro, fino a raggiungere la saturazione completa di punti-dati. 1280*1024 è un lavoro sulla gerarchia che si stabilisce nel panorama delle informazioni di cui disponiamo; sull’idea di separazione e sulla coesistenza di una massa di dati impossibile da gestire per la nostra attenzione : anziché veicolare un’informazione unitaria e coerente, lo schermo diventa una piattaforma che possiamo immaginare come una sequenza di micro-schermi, ciascuno impegnato a catturare il nostro sguardo e a far emergere il suo messaggio indipendente. Inoltre, attraverso l’intervento degli utenti i dati prendono corpo, e lo spazio fisico e quello virtuale (che è fatto esclusivamente di informazioni) messi i relazione dimostrando il loro essere fondamentalmente in continuità. 1280*1024 suggerisce come la nostra capacità di percepire ed interpretare informazioni risulti strutturalmente modificata dalle macchine, e sfida la tradizione che ci vuole in grado di prestare attenzione realmente soltanto a una cosa per volta.
La questione dell’informazione è cruciale in un momento storico in cui stiamo assistendo ad un processo di digitalizzazione totalizzante, in cui non solo un’enorme massa di documenti (dalle riviste a Google Books, dagli archivi ai musei…), trasferiti dalla loro versione analogica al codice binario, diventa accessibile con un click, ma anche consultabile in maniera profondamente diversa da prima grazie ai software di indicizzazione e ricerca che offrono possibilità impensabili nella dimensione cartacea. La materia di cui è formato il cyberspazio è fatta da un flusso di dati la cui estensione sembra irrimediabilmente impossibile da cogliere o da mappare. Tutti i tentativi di rappresentare visivamente la geaografia di un istante qualsiasi del web, sono falliti di fronte a dimensioni tendenti all’infinito. Eppure la rete ha i suoi centri e le sue periferie, differenti livelli di densità abitativa, distanze, strade , autostrade e punti di raccordo. E soglie, punti di accessibilità, sbarramenti ed aree semi-nascoste. Le logiche del ranking, infatti, fanno sì che alcune aree del web restino poco frequentate e soltanto una piccola percentuale di risorse risulta effettivamente disponibile per la maggioranza degli utenti. 1280* va a sovvertire proprio questa struttura gerarchica, e recupera dati dispersi che si accendono e muoiono come una supernova, in pochi secondi, quelli appena necessari per la lettura, prima di venire inghiottiti nuovamente in qualche angolo buio del cyberspazio. Ad eseguire questa missione di salvataggio, tuttavia, è un software che agisce e seleziona secondo i criteri impersonali scritti nel codice che l’ha creato. Del resto, secondo uno studio di recente pubblicazione, soltanto il 49% del traffico che circola sul web è rappresentato da esseri umani: la maggioranza delle visite a siti internet viene effettuata do bot (programmi per l’indicizzazione, spam, eccetera).
Se una delle epidemie che caratterizzano il nostro decennio è quella dell’ego-broadcasting, la ricerca di un audience per ciascuno di noi, l’abitudine di far parte dei media quotidianamente, le installazioni di Schofield, nonostante la loro interattività, sembrano invece riproporci la poesia apocalittica delle telecomunicazioni disincarnate dagli individui, quasi come se si trattasse di emissioni in presa diretta da un inconscio tecnologico globale, o del residuo superstite di una civiltà scomparsa, di cui non restano che pulsazioni elettromagnetiche, ma che continua a comunicare in automatico con le sue macchine celibi.
(Gabriella Arrigoni)
1280*1024
Laboratorio Sociale Occupato Buridda
via Bertani, 1 (Ex Facolta' di Economia e commercio) - Genova
9-12 giugno 2012 (orario: 16-19)
Un evento di Suite-Case in collaborazione con Nopasswd in[ter]dependent contemporary culture
Il workshop sarà un’opportunità per artisti, designer e creativi di scambiarsi pratiche e conoscenze nelle aree di data visualisation, sonification e scultura. Si tratterà di sessioni tecniche di lavoro nell’ambiente di programmazione processing, o di seminari attorno al concetto di open data, hacktivism etc.
Il lavoro di Tom Schofield si sviluppa attorno alla ricerca sul rapporto tra new media e informazione e gioca sullo scambio tra segni, gesti e codici. Nel ribadire come i media siano, sempre e comunque, dispositivi che mettono in connessione, l’artista sembra subire un fascino nei confronti di tecnologie obsolete o immaginarie che lo porta ad inventare e costruire macchine “inutili” che utilizzano i dati non tanto per il loro contenuto/significato, ma soprattutto come unità materica fondamentale ed inevitabilmente destinata alla trasmissione.
1280*1024 è un progetto interattivo basato sull’alta definizione che permette agli schermi di ultima generazione di presentare un’elevatissima quantità di informazioni simultaneamente. L’artista si serve di un software (crawler) per raccogliere dati in zone poco frequentate della rete, che verrannopoi trasmessi in codice binario da una luce pulsante, un pixel dopo l’altro, fino a raggiungere la saturazione completa di punti-dati. 1280*1024 è un lavoro sulla gerarchia che si stabilisce nel panorama delle informazioni di cui disponiamo; sull’idea di separazione e sulla coesistenza di una massa di dati impossibile da gestire per la nostra attenzione : anziché veicolare un’informazione unitaria e coerente, lo schermo diventa una piattaforma che possiamo immaginare come una sequenza di micro-schermi, ciascuno impegnato a catturare il nostro sguardo e a far emergere il suo messaggio indipendente. Inoltre, attraverso l’intervento degli utenti i dati prendono corpo, e lo spazio fisico e quello virtuale (che è fatto esclusivamente di informazioni) messi i relazione dimostrando il loro essere fondamentalmente in continuità. 1280*1024 suggerisce come la nostra capacità di percepire ed interpretare informazioni risulti strutturalmente modificata dalle macchine, e sfida la tradizione che ci vuole in grado di prestare attenzione realmente soltanto a una cosa per volta.
La questione dell’informazione è cruciale in un momento storico in cui stiamo assistendo ad un processo di digitalizzazione totalizzante, in cui non solo un’enorme massa di documenti (dalle riviste a Google Books, dagli archivi ai musei…), trasferiti dalla loro versione analogica al codice binario, diventa accessibile con un click, ma anche consultabile in maniera profondamente diversa da prima grazie ai software di indicizzazione e ricerca che offrono possibilità impensabili nella dimensione cartacea. La materia di cui è formato il cyberspazio è fatta da un flusso di dati la cui estensione sembra irrimediabilmente impossibile da cogliere o da mappare. Tutti i tentativi di rappresentare visivamente la geaografia di un istante qualsiasi del web, sono falliti di fronte a dimensioni tendenti all’infinito. Eppure la rete ha i suoi centri e le sue periferie, differenti livelli di densità abitativa, distanze, strade , autostrade e punti di raccordo. E soglie, punti di accessibilità, sbarramenti ed aree semi-nascoste. Le logiche del ranking, infatti, fanno sì che alcune aree del web restino poco frequentate e soltanto una piccola percentuale di risorse risulta effettivamente disponibile per la maggioranza degli utenti. 1280* va a sovvertire proprio questa struttura gerarchica, e recupera dati dispersi che si accendono e muoiono come una supernova, in pochi secondi, quelli appena necessari per la lettura, prima di venire inghiottiti nuovamente in qualche angolo buio del cyberspazio. Ad eseguire questa missione di salvataggio, tuttavia, è un software che agisce e seleziona secondo i criteri impersonali scritti nel codice che l’ha creato. Del resto, secondo uno studio di recente pubblicazione, soltanto il 49% del traffico che circola sul web è rappresentato da esseri umani: la maggioranza delle visite a siti internet viene effettuata do bot (programmi per l’indicizzazione, spam, eccetera).
Se una delle epidemie che caratterizzano il nostro decennio è quella dell’ego-broadcasting, la ricerca di un audience per ciascuno di noi, l’abitudine di far parte dei media quotidianamente, le installazioni di Schofield, nonostante la loro interattività, sembrano invece riproporci la poesia apocalittica delle telecomunicazioni disincarnate dagli individui, quasi come se si trattasse di emissioni in presa diretta da un inconscio tecnologico globale, o del residuo superstite di una civiltà scomparsa, di cui non restano che pulsazioni elettromagnetiche, ma che continua a comunicare in automatico con le sue macchine celibi.
(Gabriella Arrigoni)