ROBERTO CUOGHI
ZOLOTO
Massimo De Carlo
Via G. Ventura 5 - Milano
dal 30/5/2012 al 6/7/2012
Il 30 maggio 2012 Massimo De Carlo inaugura a Milano la mostra di Roberto Cuoghi dal titolo ZOLOTO. Il motivo guida della terza personale dell’artista alla galleria è la caricatura al proprio lavoro, risultato di un arrovellamento sulle definizioni, sull’inganno dell’apparenza e sugli sconfinamenti tra interiorità ed esteriorità. L’insofferenza che l’artista avverte, di rimbalzo, riguardo ai significati attribuiti al proprio lavoro è in mostra sotto forma di parodia.
I disegni e le opere pittoriche sono personificazioni che volutamente non arrivano a meritare qualifica di autoritratti. Declinazioni possibili dell’autore, ragionamenti e fantasie su scelte non fatte, oppure estensioni di caratteristiche prese una alla volta e sigillate in una dimensione più radicale. Ogni volto è una risposta sotto forma di proiezione, ammissibile o impietosa, oppure autocelebrativa, come la serie che si riferisce a una marca di sigari economici: una puntualizzazione sulla decisione, a ventiquattro anni, di cambiare drasticamente il proprio aspetto in quello di un uomo di mezza età. Definita come trasfigurazione nel proprio padre, l’immagine di riferimento è invece sempre stata un piccolo ritratto sul marchio di sigari che l’artista consumava per attestare nuove abitudini di comportamento.
Il presupposto caricaturale prosegue in mostra attraverso una sorta di messa in ridicolo del Dio Babilonese Pazuzu, di cui l’artista ha realizzato nel 2008 un ingrandimento statuario partendo dalla scansione dell’originale amuleto conservato al Musée du Louvre di Parigi.
Sotto tiro è il principio di immanenza, per cui lo spirito del Demone penetra nella sostanza di ogni sua rappresentazione. In un vorticoso conflitto di valori, il Monoteismo, fondato sulla proibizione a venerare altri Dei e a costruirne immagini, non fa che accreditare il principio cui si oppone, attraverso i Divieti Sacrali. Il Dio geloso della Rivelazione, non nega affatto il preconcetto animistico, al contrario, lo accredita, minacciando di punire la disobbedienza dei padri nei figli, fino alla quarta generazione.
Segnalando il difetto all’origine, che ha strutturato il pensiero occidentale per accomodamenti più che per rigore, l’artista propone soluzioni per intralciare l’incarnazione dell’idolo.
Le conseguenze per disattivare la questione originaria partono dalla moltiplicazione speculare del Dio fuso in se stesso, imbarazzando nell’intima natura la sua funzione di amuleto, costretto in direzioni opposte. Le riproduzioni si animano così della volontà di percepire uno spirito inassimilabile alle proprietà dell’oggetto: imbrogliato dalla sua anatomia o da materiali strategicamente contro-pervasivi, fino a un ricettacolo di 177 teste unificate in un reticolo plastico. Risalendo alla radice tra immaginazione e figurazione appare, in tutta la sua demenzialità, la sfida della trascendenza.
Roberto Cuoghi è nato a Modena nel 1973. Vive e lavora a Milano. Tra le mostre personali più recenti quella all’ UCLA Hammer Museum, Los Angeles, 2011; Šuillakku al Castello di Rivoli e all’ICA, Londra, 2008; Foolish Things, a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Alessandro Rabottini, Eldorado project room, GAMeC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo, 2003. Cuoghi ha partecipato a numerose esposizioni collettive presso le più importanti sedi espositive italiane e internazionali come Surreal versus Surrealismo en el arte contemporáneo, IVAM Centre Julio Gonzales, Valencia, 2011; 10000 Lives, a cura di Massimiliano Gioni, Gwangju Biennale, Gwangju, 2010; Skin Fruit: Selections from the Dakis Joannou Collection, a cura di Jeff Koons, New Museum, New York, 2010; Italics: Arte Italiana fra Tradizione e Rivoluzione, 1968-2008, a cura di Francesco Bonami, Palazzo Grassi, Venezia, 2008; Italian Mentalscapes, a cura di Demetrio Paparoni, Tel Aviv Museum of Art, Tel Aviv, 2007; Biennale Cuvée - World Selection of Contemporary Art, OK Center for Contemporary Art, Linz, 2006; Polyphonix 40, a cura di Manuela Corti, Centre Georges Pompidou, Parigi, 2002.
ZOLOTO
Massimo De Carlo
Via G. Ventura 5 - Milano
dal 30/5/2012 al 6/7/2012
Il 30 maggio 2012 Massimo De Carlo inaugura a Milano la mostra di Roberto Cuoghi dal titolo ZOLOTO. Il motivo guida della terza personale dell’artista alla galleria è la caricatura al proprio lavoro, risultato di un arrovellamento sulle definizioni, sull’inganno dell’apparenza e sugli sconfinamenti tra interiorità ed esteriorità. L’insofferenza che l’artista avverte, di rimbalzo, riguardo ai significati attribuiti al proprio lavoro è in mostra sotto forma di parodia.
I disegni e le opere pittoriche sono personificazioni che volutamente non arrivano a meritare qualifica di autoritratti. Declinazioni possibili dell’autore, ragionamenti e fantasie su scelte non fatte, oppure estensioni di caratteristiche prese una alla volta e sigillate in una dimensione più radicale. Ogni volto è una risposta sotto forma di proiezione, ammissibile o impietosa, oppure autocelebrativa, come la serie che si riferisce a una marca di sigari economici: una puntualizzazione sulla decisione, a ventiquattro anni, di cambiare drasticamente il proprio aspetto in quello di un uomo di mezza età. Definita come trasfigurazione nel proprio padre, l’immagine di riferimento è invece sempre stata un piccolo ritratto sul marchio di sigari che l’artista consumava per attestare nuove abitudini di comportamento.
Il presupposto caricaturale prosegue in mostra attraverso una sorta di messa in ridicolo del Dio Babilonese Pazuzu, di cui l’artista ha realizzato nel 2008 un ingrandimento statuario partendo dalla scansione dell’originale amuleto conservato al Musée du Louvre di Parigi.
Sotto tiro è il principio di immanenza, per cui lo spirito del Demone penetra nella sostanza di ogni sua rappresentazione. In un vorticoso conflitto di valori, il Monoteismo, fondato sulla proibizione a venerare altri Dei e a costruirne immagini, non fa che accreditare il principio cui si oppone, attraverso i Divieti Sacrali. Il Dio geloso della Rivelazione, non nega affatto il preconcetto animistico, al contrario, lo accredita, minacciando di punire la disobbedienza dei padri nei figli, fino alla quarta generazione.
Segnalando il difetto all’origine, che ha strutturato il pensiero occidentale per accomodamenti più che per rigore, l’artista propone soluzioni per intralciare l’incarnazione dell’idolo.
Le conseguenze per disattivare la questione originaria partono dalla moltiplicazione speculare del Dio fuso in se stesso, imbarazzando nell’intima natura la sua funzione di amuleto, costretto in direzioni opposte. Le riproduzioni si animano così della volontà di percepire uno spirito inassimilabile alle proprietà dell’oggetto: imbrogliato dalla sua anatomia o da materiali strategicamente contro-pervasivi, fino a un ricettacolo di 177 teste unificate in un reticolo plastico. Risalendo alla radice tra immaginazione e figurazione appare, in tutta la sua demenzialità, la sfida della trascendenza.
Roberto Cuoghi è nato a Modena nel 1973. Vive e lavora a Milano. Tra le mostre personali più recenti quella all’ UCLA Hammer Museum, Los Angeles, 2011; Šuillakku al Castello di Rivoli e all’ICA, Londra, 2008; Foolish Things, a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Alessandro Rabottini, Eldorado project room, GAMeC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Bergamo, 2003. Cuoghi ha partecipato a numerose esposizioni collettive presso le più importanti sedi espositive italiane e internazionali come Surreal versus Surrealismo en el arte contemporáneo, IVAM Centre Julio Gonzales, Valencia, 2011; 10000 Lives, a cura di Massimiliano Gioni, Gwangju Biennale, Gwangju, 2010; Skin Fruit: Selections from the Dakis Joannou Collection, a cura di Jeff Koons, New Museum, New York, 2010; Italics: Arte Italiana fra Tradizione e Rivoluzione, 1968-2008, a cura di Francesco Bonami, Palazzo Grassi, Venezia, 2008; Italian Mentalscapes, a cura di Demetrio Paparoni, Tel Aviv Museum of Art, Tel Aviv, 2007; Biennale Cuvée - World Selection of Contemporary Art, OK Center for Contemporary Art, Linz, 2006; Polyphonix 40, a cura di Manuela Corti, Centre Georges Pompidou, Parigi, 2002.