ALBERTO ANDREIS - GIOVANNI
MARINELLI
LE CITTÀ INVISIBILI
a cura di Gaia Conti e Christina Magnanelli Weitensfelder
Officina delle Zattere
Dorsoduro 947 - Venezia
4/9/2015 - 18/10/2015
Alberto Andreis e Giovanni Marinelli sono i protagonisti di una bi-personale il cui oggetto è l’interpretazione della realtà attraverso lo studio della città come organismo fisico e meta-fisico.
Il titolo dell’esposizione, Le città invisibili, è un chiaro omaggio alla sorprendente, e ancor oggi innovativa, opera del grande scrittore italiano Italo Calvino.
Lo spirito dell’esposizione è raccontare di una città personale, intima, nascosta, di città che potrebbero essere qui, ma forse si trovano altrove. Un altrove, che essendo difficilmente localizzabile, le rende di fatto invisibili.
Giovanni Marinelli, è un fotografo di lungo corso che in questa nuova produzione riesce a cristallizzare in un gesto un’atmosfera, un pensiero. L’artista individua nell’oscurità e nel non detto il suo modus operandi. Poca, pochissima luce, quasi il buio totale. Il nero è il colore dell’inconoscibile. I suoi Blackplaces creano una comunicazione liberata dai canoni tradizionali, che tende a sussurrare l’incomunicabile, piuttosto che gridarlo apertamente, una determinazione interiore velata da nostalgia, da tristi ricordi che affiorano piano piano.
Le atmosfere degli scatti di Alberto Andreis, artista poliedrico, sono altrettanto nostalgiche, anche se fattivamente dissimili. Il suo lavoro si muove in un territorio di prossimità, ma non di compiuta identificazione e i suoi sono dei soggetti urbani non asserviti alle esigenze della visualizzazione architettonica. Blues, Reds, Blacks e Greens – i titoli delle immagini, i blu, i rossi, i neri e i verdi. Il filo conduttore che lega la sua narrazione sta nel particolare che sottolinea, una luce, un cartellone,un’atmosfera, un profilo diventano il punto di emanazione tematica.
La città invisibile è un’atmosfera onirica, un simbolo, è finzione e chimera, è mentire e dire la verità. La propria. Con gli occhi di chi guarda e diversamente negli occhi di chi vede. Le città invisibili di questi due fotografi ritrovano nel fondo della memoria, nell’inconscio o nella ragione, le figure di molte città, per raccontarle. Entrambi hanno la capacità di interpretare, attraverso l’arte, lo spirito del proprio tempo e restituirlo in assoluta libertà.
LE CITTÀ INVISIBILI
a cura di Gaia Conti e Christina Magnanelli Weitensfelder
Officina delle Zattere
Dorsoduro 947 - Venezia
4/9/2015 - 18/10/2015
Alberto Andreis e Giovanni Marinelli sono i protagonisti di una bi-personale il cui oggetto è l’interpretazione della realtà attraverso lo studio della città come organismo fisico e meta-fisico.
Il titolo dell’esposizione, Le città invisibili, è un chiaro omaggio alla sorprendente, e ancor oggi innovativa, opera del grande scrittore italiano Italo Calvino.
Lo spirito dell’esposizione è raccontare di una città personale, intima, nascosta, di città che potrebbero essere qui, ma forse si trovano altrove. Un altrove, che essendo difficilmente localizzabile, le rende di fatto invisibili.
Giovanni Marinelli, è un fotografo di lungo corso che in questa nuova produzione riesce a cristallizzare in un gesto un’atmosfera, un pensiero. L’artista individua nell’oscurità e nel non detto il suo modus operandi. Poca, pochissima luce, quasi il buio totale. Il nero è il colore dell’inconoscibile. I suoi Blackplaces creano una comunicazione liberata dai canoni tradizionali, che tende a sussurrare l’incomunicabile, piuttosto che gridarlo apertamente, una determinazione interiore velata da nostalgia, da tristi ricordi che affiorano piano piano.
Le atmosfere degli scatti di Alberto Andreis, artista poliedrico, sono altrettanto nostalgiche, anche se fattivamente dissimili. Il suo lavoro si muove in un territorio di prossimità, ma non di compiuta identificazione e i suoi sono dei soggetti urbani non asserviti alle esigenze della visualizzazione architettonica. Blues, Reds, Blacks e Greens – i titoli delle immagini, i blu, i rossi, i neri e i verdi. Il filo conduttore che lega la sua narrazione sta nel particolare che sottolinea, una luce, un cartellone,un’atmosfera, un profilo diventano il punto di emanazione tematica.
La città invisibile è un’atmosfera onirica, un simbolo, è finzione e chimera, è mentire e dire la verità. La propria. Con gli occhi di chi guarda e diversamente negli occhi di chi vede. Le città invisibili di questi due fotografi ritrovano nel fondo della memoria, nell’inconscio o nella ragione, le figure di molte città, per raccontarle. Entrambi hanno la capacità di interpretare, attraverso l’arte, lo spirito del proprio tempo e restituirlo in assoluta libertà.