ENRICO CASTELLANI
ALLE RADICI DEL NON ILLUSORIO
a cura di Annamaria Maggi
Galleria Cardi
corso di Porta Nuova 38 - Milano
22/9/2015 - 19/12/2015
L’esperienza artistica di Enrico Castellani si colloca all’interno della corrente dell’astrattismo. Un astrattismo autoreferenziale, strutturale e costruttivo con valenze minimali e concettuali, in cui viene definitivamente superato il vitalismo informale di matrice europea ed americana. La tangenza è piuttosto con le esperienze degli anni sessanta Optical e Cinetiche del Gruppo T e N oppure con quelle del Gruppo Zero di area Germanica.
Ancorato alla classicità dei mezzi: tela, telaio e chiodi, Castellani supera l’informale a favore di un’espressione plastica e visiva che definisce una pittura fredda e impersonale caratterizzata da superfici monocrome strutturate tridimensionalmente da rilievi ed avvallamenti, vuoti e pieni, estroflessioni ed introflessioni. La superficie è dinamicamente concepita, strutturata geometricamente e razionalmente, progettata, e innervata da articolazioni minime e primarie, in cui non esiste alcun riferimento virtuale od illusorio.
L’unico intervento esterno e modificatore è la luce che battendo sulla superficie in tensione ne modifica la percezione visiva. Non esiste attitudine spiritualistica e mistica, l’artista mette in atto un processo materialista per attivare la percezione fisica e mentale di una dimensione ipoteticamente infinita. Considerato uno dei più mportanti pittori dei nostri tempi Enrico Castellani ha mosso la sua poetica dall’idea di produrre oggetti pittorici dall’essenza indiscutibile, non interpretabile, “l’opera è ciò che si vede”.
Egli agisce sulla tela sensibilizzando la superficie con dei rilievi (estroflessioni ed introflessioni) allo scopo di renderla percettibile. La tela viene suddivisa da reticoli geometrici e mentali nel modo più impersonale possibile. Il solo criterio compositivo è quello della concretezza che tende all’infinito.
Il suo lavoro si caratterizza per essere lucido, essenziale e avulso da ogni emotività.
Nato in provincia di Rovigo, Enrico Castellani studia arte, scultura e architettura in Belgio fino al 1956, anno in cui si laurea alla École Nationale Superieure. L'anno successivo torna in Italia, stabilendosi a Milano, dove diviene uno degli esponenti più attivi della nuova scena artistica. Dopo le prime esperienze di carattere informale, ispirate all’Action Painting americana e riconoscendo questo tipo di arte pronta per essere superata, Castellani collabora alla rivista Azimuth, da lui fondata insieme a Piero Manzoni, ed elabora un nuovo inizio che propone l'azzeramento totale dell'esperienza artistica precedente.
Nel 1959 realizza la sua prima superficie a rilievo, creando una poetica che sarà la sua cifra stilistica. Con costanza e rigore definisce ciò che la critica ha chiamato “ripetizione differente”, considerata da molti critici di estrema purezza, dove la ripetizione accuratamente scelta dei pieni e dei vuoti, data dalle ritmiche estroflessioni della tela, costituisce un percorso sempre nuovo, anche se coerente e intenso. Da allora il suo procedere continua a svilupparsi nell’ambito dell’estroflessione, ma nella sua coerente produzione troviamo alcune opere che si discostano nettamente dalle superfici a rilievo, rivelando molto su temi cari a Castellani quali il tempo, il ritmo e lo spazio.
Nel 1967 realizza “Ambiente bianco” per la mostra “Lo spazio dell’immagine”, a Palazzo Trinci, a Foligno; nel 1968, in occasione de “Il teatro delle mostre”, alla galleria La Tartaruga di Roma, viene presentato “Il muro del tempo”; nel 1969 realizza “Spartito” e nel 1970 “Obelisco”.
Dal suo esordio sino ad oggi si susseguono una serie di importanti esposizioni in spazi pubblici e privati.
Partecipa alla Biennale di Venezia nel 1964, nel 1966 (con una sala personale), nel 1984 e nel 2003. Nel 1965 partecipa alla collettiva "The Responsive Eye" al MOMA di New York e alla VIII Biennale di San Paulo in Brasile. Nel 1970 prende parte alla collettiva "Vitalità del negativo nell'arte italiana", a cura di Achille Bonito Oliva, al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 1981 partecipa a "Identité Italien. L'art en Italie depuis 1959", a cura di Germano Celant, al Centre Pompidou diParigi.
Nel 1983 è a Palazzo Reale di Milano per la mostra “Arte Programmata e cinetica 1953-63”; nel 1994 è invitato alla mostra "The Italian metamorhosis" al Salomon R. Guggenheim Museum di New York.
Un'importante mostra antologica curata da Germano Celant è stata allestita alla Fondazione Prada di Milano nel 2001 e a Kettle's Yard a Cambridge nel 2002. Nel 2005 al Museo Pushkin a Mosca, viene allestita una sua mostra curata da Bruno Corà.
Il 13 ottobre 2010 Enrico Castellani riceve dal Principe Hitaki, Patrono Onorario della Japan Art Association, il Praemium Imperiale per la pittura, il più alto riconoscimento artistico a livello internazionale.
Con questa esposizione la Galleria La Galleria Cardi conferma nuovamente il suo interesse per gli artisti storici, nazionali ed internazionali.
Immagine: Superficie bianca, 1969, Acrilico su tela 114 x 146.7 cm.
ALLE RADICI DEL NON ILLUSORIO
a cura di Annamaria Maggi
Galleria Cardi
corso di Porta Nuova 38 - Milano
22/9/2015 - 19/12/2015
L’esperienza artistica di Enrico Castellani si colloca all’interno della corrente dell’astrattismo. Un astrattismo autoreferenziale, strutturale e costruttivo con valenze minimali e concettuali, in cui viene definitivamente superato il vitalismo informale di matrice europea ed americana. La tangenza è piuttosto con le esperienze degli anni sessanta Optical e Cinetiche del Gruppo T e N oppure con quelle del Gruppo Zero di area Germanica.
Ancorato alla classicità dei mezzi: tela, telaio e chiodi, Castellani supera l’informale a favore di un’espressione plastica e visiva che definisce una pittura fredda e impersonale caratterizzata da superfici monocrome strutturate tridimensionalmente da rilievi ed avvallamenti, vuoti e pieni, estroflessioni ed introflessioni. La superficie è dinamicamente concepita, strutturata geometricamente e razionalmente, progettata, e innervata da articolazioni minime e primarie, in cui non esiste alcun riferimento virtuale od illusorio.
L’unico intervento esterno e modificatore è la luce che battendo sulla superficie in tensione ne modifica la percezione visiva. Non esiste attitudine spiritualistica e mistica, l’artista mette in atto un processo materialista per attivare la percezione fisica e mentale di una dimensione ipoteticamente infinita. Considerato uno dei più mportanti pittori dei nostri tempi Enrico Castellani ha mosso la sua poetica dall’idea di produrre oggetti pittorici dall’essenza indiscutibile, non interpretabile, “l’opera è ciò che si vede”.
Egli agisce sulla tela sensibilizzando la superficie con dei rilievi (estroflessioni ed introflessioni) allo scopo di renderla percettibile. La tela viene suddivisa da reticoli geometrici e mentali nel modo più impersonale possibile. Il solo criterio compositivo è quello della concretezza che tende all’infinito.
Il suo lavoro si caratterizza per essere lucido, essenziale e avulso da ogni emotività.
Nato in provincia di Rovigo, Enrico Castellani studia arte, scultura e architettura in Belgio fino al 1956, anno in cui si laurea alla École Nationale Superieure. L'anno successivo torna in Italia, stabilendosi a Milano, dove diviene uno degli esponenti più attivi della nuova scena artistica. Dopo le prime esperienze di carattere informale, ispirate all’Action Painting americana e riconoscendo questo tipo di arte pronta per essere superata, Castellani collabora alla rivista Azimuth, da lui fondata insieme a Piero Manzoni, ed elabora un nuovo inizio che propone l'azzeramento totale dell'esperienza artistica precedente.
Nel 1959 realizza la sua prima superficie a rilievo, creando una poetica che sarà la sua cifra stilistica. Con costanza e rigore definisce ciò che la critica ha chiamato “ripetizione differente”, considerata da molti critici di estrema purezza, dove la ripetizione accuratamente scelta dei pieni e dei vuoti, data dalle ritmiche estroflessioni della tela, costituisce un percorso sempre nuovo, anche se coerente e intenso. Da allora il suo procedere continua a svilupparsi nell’ambito dell’estroflessione, ma nella sua coerente produzione troviamo alcune opere che si discostano nettamente dalle superfici a rilievo, rivelando molto su temi cari a Castellani quali il tempo, il ritmo e lo spazio.
Nel 1967 realizza “Ambiente bianco” per la mostra “Lo spazio dell’immagine”, a Palazzo Trinci, a Foligno; nel 1968, in occasione de “Il teatro delle mostre”, alla galleria La Tartaruga di Roma, viene presentato “Il muro del tempo”; nel 1969 realizza “Spartito” e nel 1970 “Obelisco”.
Dal suo esordio sino ad oggi si susseguono una serie di importanti esposizioni in spazi pubblici e privati.
Partecipa alla Biennale di Venezia nel 1964, nel 1966 (con una sala personale), nel 1984 e nel 2003. Nel 1965 partecipa alla collettiva "The Responsive Eye" al MOMA di New York e alla VIII Biennale di San Paulo in Brasile. Nel 1970 prende parte alla collettiva "Vitalità del negativo nell'arte italiana", a cura di Achille Bonito Oliva, al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 1981 partecipa a "Identité Italien. L'art en Italie depuis 1959", a cura di Germano Celant, al Centre Pompidou diParigi.
Nel 1983 è a Palazzo Reale di Milano per la mostra “Arte Programmata e cinetica 1953-63”; nel 1994 è invitato alla mostra "The Italian metamorhosis" al Salomon R. Guggenheim Museum di New York.
Un'importante mostra antologica curata da Germano Celant è stata allestita alla Fondazione Prada di Milano nel 2001 e a Kettle's Yard a Cambridge nel 2002. Nel 2005 al Museo Pushkin a Mosca, viene allestita una sua mostra curata da Bruno Corà.
Il 13 ottobre 2010 Enrico Castellani riceve dal Principe Hitaki, Patrono Onorario della Japan Art Association, il Praemium Imperiale per la pittura, il più alto riconoscimento artistico a livello internazionale.
Con questa esposizione la Galleria La Galleria Cardi conferma nuovamente il suo interesse per gli artisti storici, nazionali ed internazionali.
Immagine: Superficie bianca, 1969, Acrilico su tela 114 x 146.7 cm.