MARCO LAGANÀ
LE CITTÀ-METEORE
Artrè Gallery Bruna Solinas
Vico dei Garibaldi 43r - Genova
dal 12 dicembre 2014 al 6 gennaio 2015
La tecnica della cartapesta è nota in Italia fin dal XIV secolo. Pur non essendo considerata una forma d’arte maggiore nell’immaginario popolare, e neppure protagonista delle cronache artistiche,veniva adoperata con una certa frequenza anche dai grandi scultori. Ciò avveniva per i lavori destinati ad una committenza meno abbiente, che non poteva permettersi materiali pregiati come il marmo o il bronzo, o per opere che dovevano essere realizzate in breve tempo.
Donatello, per citare uno scultore dei più noti, la utilizzò durante tutta la sua carriera. Fu largamenteimpiegata nel tempo anche per necessità tecniche di leggerezza, resistenza e maneggevolezza (si pensi alla realizzazione degli apparati effimeri od alla decorazione di ambienti come cappelle ecclesiastiche o interni privati, in cui veniva affiancata o sostituita allo stucco).
La tecnica della cartapesta utilizza materiali poveri o di recupero, come carta e stracci; per questo rimane confinata ad un idea di lavoro artigianale. Ma gli esperti del ramo sanno che questa è una interpretazione molto restrittiva. Lo sdoganamento dei cosiddetti materiali umili in epoca contemporanea è noto a tutti a partire proprio dal movimento denominato Arte Povera;ciononostante l’idea che la cartapesta sia prettamente artigianale è ancora piuttosto radicata nel grande pubblico.
Marco Laganà, con le sue opere, dà una dimostrazione tangibile di quali livelli espressivi e lirici possa raggiungere questa tecnica. Con il rigore esecutivo che solo i puri artisti possiedono, egli realizza la sua materia prima con il metodo antico della macerazione della carta, utilizzando colle animali e leganti che lui stesso (e la lunga esperienza di restauratore in questo lo favorisce) prepara nel suo laboratorio. La sua tavolozza presenta una gamma di colori naturali – ocre del mondo terreno, azzurri e verdi di quello acquatico – che abbinati o in contrasto, esaltano la concretezza materica delle sue opere, e contemporaneamente ingannano la percezione dello spettatore, creando una visione naturale ed allo stesso tempo astratta.La sua straordinaria manualità, unita ad una fantasia giocosa e positiva, dà vita a creature e a microcosmi unici. Le atmosfere che – sapiente scenografo- Laganà allestisce, sono visioni fantastiche, etrasportano lo spettatore in mondi incontaminati, dentro e fuori sé stessi. Riconducono al tempo dell’infanzia, al tempo dell’ottimismo e dei sogni realizzabili.Animali e ambientazioni scavano fino a riportare alla luce il bambino – sopito o meno – che ognuno di noi si porta dentro. E ci si ritrova stupefatti, a ricambiare lo sguardo incuriosito di una volpe, o a condividere l’attesa di un gattino che osserva l’uccellino sul ramo. Non preda, ma interlocutore, personaggio fiabesco.
Gli Alberi d’acqua, dai colori marini, sono in diretto rapporto con ambientazioni e cromie di grandi maestri del Novecento quali Klee (si pensi a Polifonia del 1932), o Klimt (Faggeto I del 1902), che non a caso operarono tra l’astrattismo e simbolismo.
Le Città-Meteore, ispirate alla famosa località del nord della Grecia, sono piccoli mondi che seducono lo spettatore. Luci ed ombre, archetti e boschi sospesi, parlano della bellezza del mistero ed al tempo stesso restituiscono una meravigliosa sensazione di pace ed armonia. Infine, inaspettatamentes’illuminano, stravolgendo la visione univocadell’oggetto per coinvolgere l’ambiente circostante, e la suggestione si espande,con giochi di luci ed ombre, annullando la dimensione temporale.
La magia e l’incanto sono naturali doti di Laganà, autore di ambientazioni e personaggi che, non è esagerato affermare, si relazionano con immediatezza alla parte migliore – la più pura – di ciascuno di noi.
(Gaia de Marzo)
LE CITTÀ-METEORE
Artrè Gallery Bruna Solinas
Vico dei Garibaldi 43r - Genova
dal 12 dicembre 2014 al 6 gennaio 2015
La tecnica della cartapesta è nota in Italia fin dal XIV secolo. Pur non essendo considerata una forma d’arte maggiore nell’immaginario popolare, e neppure protagonista delle cronache artistiche,veniva adoperata con una certa frequenza anche dai grandi scultori. Ciò avveniva per i lavori destinati ad una committenza meno abbiente, che non poteva permettersi materiali pregiati come il marmo o il bronzo, o per opere che dovevano essere realizzate in breve tempo.
Donatello, per citare uno scultore dei più noti, la utilizzò durante tutta la sua carriera. Fu largamenteimpiegata nel tempo anche per necessità tecniche di leggerezza, resistenza e maneggevolezza (si pensi alla realizzazione degli apparati effimeri od alla decorazione di ambienti come cappelle ecclesiastiche o interni privati, in cui veniva affiancata o sostituita allo stucco).
La tecnica della cartapesta utilizza materiali poveri o di recupero, come carta e stracci; per questo rimane confinata ad un idea di lavoro artigianale. Ma gli esperti del ramo sanno che questa è una interpretazione molto restrittiva. Lo sdoganamento dei cosiddetti materiali umili in epoca contemporanea è noto a tutti a partire proprio dal movimento denominato Arte Povera;ciononostante l’idea che la cartapesta sia prettamente artigianale è ancora piuttosto radicata nel grande pubblico.
Marco Laganà, con le sue opere, dà una dimostrazione tangibile di quali livelli espressivi e lirici possa raggiungere questa tecnica. Con il rigore esecutivo che solo i puri artisti possiedono, egli realizza la sua materia prima con il metodo antico della macerazione della carta, utilizzando colle animali e leganti che lui stesso (e la lunga esperienza di restauratore in questo lo favorisce) prepara nel suo laboratorio. La sua tavolozza presenta una gamma di colori naturali – ocre del mondo terreno, azzurri e verdi di quello acquatico – che abbinati o in contrasto, esaltano la concretezza materica delle sue opere, e contemporaneamente ingannano la percezione dello spettatore, creando una visione naturale ed allo stesso tempo astratta.La sua straordinaria manualità, unita ad una fantasia giocosa e positiva, dà vita a creature e a microcosmi unici. Le atmosfere che – sapiente scenografo- Laganà allestisce, sono visioni fantastiche, etrasportano lo spettatore in mondi incontaminati, dentro e fuori sé stessi. Riconducono al tempo dell’infanzia, al tempo dell’ottimismo e dei sogni realizzabili.Animali e ambientazioni scavano fino a riportare alla luce il bambino – sopito o meno – che ognuno di noi si porta dentro. E ci si ritrova stupefatti, a ricambiare lo sguardo incuriosito di una volpe, o a condividere l’attesa di un gattino che osserva l’uccellino sul ramo. Non preda, ma interlocutore, personaggio fiabesco.
Gli Alberi d’acqua, dai colori marini, sono in diretto rapporto con ambientazioni e cromie di grandi maestri del Novecento quali Klee (si pensi a Polifonia del 1932), o Klimt (Faggeto I del 1902), che non a caso operarono tra l’astrattismo e simbolismo.
Le Città-Meteore, ispirate alla famosa località del nord della Grecia, sono piccoli mondi che seducono lo spettatore. Luci ed ombre, archetti e boschi sospesi, parlano della bellezza del mistero ed al tempo stesso restituiscono una meravigliosa sensazione di pace ed armonia. Infine, inaspettatamentes’illuminano, stravolgendo la visione univocadell’oggetto per coinvolgere l’ambiente circostante, e la suggestione si espande,con giochi di luci ed ombre, annullando la dimensione temporale.
La magia e l’incanto sono naturali doti di Laganà, autore di ambientazioni e personaggi che, non è esagerato affermare, si relazionano con immediatezza alla parte migliore – la più pura – di ciascuno di noi.
(Gaia de Marzo)