PENSIERI VERTICALI
Adelphi, 23/1/2013
collana "La collana dei casi"
Se scorrendo le opere di Morton Feldman, scrive Mario Bortolotto, si possono notare talvolta repliche e persino ridondanze, ciò "non accade con i suoi testi, che comprendono note autobiografiche, aneddoti, bontades, spunti e scatti polemici, critica, progetti e altro ancora". E se la novità radicale rappresentata dall'irruzione di Feldman sulla scena newyorkese è in quella musica diversa da ogni altra, quella musica lieve e smisurata, basata (è sempre Bortolotto a parlare) su "uno spazio-tempo che è solamente suo", "una musica eminentemente auratica", che andrebbe ascoltata "come il suono del tamburo primitivo illustrato da Marius Schneider" - ciò che sorprende in questi scritti è la scintillante vivacità di una penna da cui polemica, ironia e paradossi prorompono incontenibili. Sfogliare queste pagine è un po' come affacciarsi al Cedar - il bar dell'Ottava Strada nel quale, in compagnia di personaggi come Pollock o Rauschenberg o de Kooning, Feldman trascorreva notti intere immerso in discussioni accanite - e ascoltarlo inveire contro l'accademismo e contro ogni ideologia artistica autoritaria, fare la caricatura di Stockhausen, attaccare ferocemente Boulez, lanciare come petardi aforismi ora beffardi ora virulenti, scagliarsi contro i cliché a buon mercato, contro l'illusione del metodo, e contro i riti di un mondo musicale irrimediabilmente benpensante.