IL CASTELLO DI ELSINORE
n. 65, 2012
Il primo numero del 2012 de «il castello di elsinore» accoglie una gamma variegata di studi sul teatro scritto e recitato, da Shakespeare a Pirandello a Gustavo Modena.
Per la sezione “Saggi” il primo contributo critico, firmato da Roberto Alonge, prende in esame due colonne della drammaturgia shakespeariana quali sono Amleto e Otello, proponendone nuove chiavi di lettura. Quanto al primo dramma, lo studioso si pone in dichiarata opposizione sia con Freud, che ancora una volta vi riconosce le tracce del complesso edipico, sia col fronte critico che individua in Amleto l’emblema dell’eroe romantico. Attraverso l’analisi dei passaggi cardinali del testo, Alonge, per parte sua, riconduce il personaggio di Amleto nell’alveolo del grande «mito fondatore della civiltà patriarcale dell’Occidente»; un mito che ha in Oreste il suo capostipite. Così che il continuo rinviare la vendetta da parte del principe di Danimarca risulta non più meditazione escatologica, ma metodo di accerchiamento nei confronti della madre e, con i ripetuti attacchi ad Ofelia, all’universo femminile tutto. L’esame dell’Otello conduce invece l’autore alla conclusione per cui si tratterebbe non tanto di dramma di gelosia, ma di dramma di integrazione razziale: un registro del tentativo fallito del Moro di farsi accettare dalla società occidentale per le sue gesta militari e, soprattutto, tramite il matrimonio con la figlia del più importante senatore veneziano. Anna Scannapieco offre un rapido profilo del rapporto tra Gustavo Modena e l’arte attorica: una carriera intrapresa come un «sacerdozio» secondo gli ideali democratici e repubblicani, viene condannata dall’attore con cinico disincanto all’alba dell’Unità, davanti al riconoscimento dell’inettitudine politica del popolo italiano. Con Ibsen and the Italian Risorgimento, Franco Perrelli torna ad approfondire i suoi studi sullo scrittore norvegese, questa volta da un punto di vista orientato sulla grande storia. Se le insurrezioni del 1848-49 sono colte da Ibsen come il segnale dei sentimenti di libertà e uguaglianza che percorrono l’Europa, maggiore effetto avrà su lui l’impresa di unificazione dell’Italia. Proprio l’affratellamento del popolo italiano per il proprio Risorgimento viene portato ad esempio contro l’inanità dei paesi scandinavi, retrivi a schierarsi al fianco della Danimarca nella lotta fatale contro la Prussia per il dominio della regione del Schleswig-Holstein (1863-64). Ivan Pupo riflette infine sul ruolo della traduzione di Crémieux e del copione di scena di Pitoëff per la rappresentazione parigina dei Sei personaggi pirandelliani, nei termini delle relazioni possibili tra «(ri)scrittura drammaturgica e (ri)scrittura scenica»; ovvero sulle influenze che la messinscena del 10 aprile 1923 ebbe sulla terza edizione del dramma datata 1925.
I “materiali” di questo numero propongono la traduzione di Riflessioni sulla pratica della memoria nel lavoro dell’attore di teatro, di François Kahn, curata da Marcella Scopelliti. L’introduzione della stessa studiosa presenta il lavoro dell’artista francese e le relazioni di questo con la sperimentazione parateatrale di Grotowski. I pilastri del parallelo scorrere del teatro di Kahn e di quello grotowskiano (al di là della presenza o meno del pubblico, recuperata peraltro dal successore del maestro polacco, Thomas Richards) sono fondamentalmente due: la concezione della «memoria come strumento dell’attore scienziato che indaga facendo» (corsivo nel testo) e l’attenzione alle azioni fisiche di origine stanislavskiana quali unica chiave d’accesso al ricordo, anche emotivo.
Nello spazio che chiude il fascicolo, dedicato ai libri, Philiep Bossier segnala due interessanti studi di recente pubblicazione. Il primo, del canadese Peter E. Thompson, sull’attore Cosme Pèrez, in arte Juan Rana, eversivo zanni spagnolo. L’altro della ricercatrice americana Virginia Scott, che in Women on the Stage in Early Modern France 1540-1750 propone una curiosa ricostruzione della presenza femminile sulle scene francesi lungo due secoli di Commedia dell’Arte.
- Lorenzo Galletti
(fonte: www.drammaturgia.it )
n. 65, 2012
Il primo numero del 2012 de «il castello di elsinore» accoglie una gamma variegata di studi sul teatro scritto e recitato, da Shakespeare a Pirandello a Gustavo Modena.
Per la sezione “Saggi” il primo contributo critico, firmato da Roberto Alonge, prende in esame due colonne della drammaturgia shakespeariana quali sono Amleto e Otello, proponendone nuove chiavi di lettura. Quanto al primo dramma, lo studioso si pone in dichiarata opposizione sia con Freud, che ancora una volta vi riconosce le tracce del complesso edipico, sia col fronte critico che individua in Amleto l’emblema dell’eroe romantico. Attraverso l’analisi dei passaggi cardinali del testo, Alonge, per parte sua, riconduce il personaggio di Amleto nell’alveolo del grande «mito fondatore della civiltà patriarcale dell’Occidente»; un mito che ha in Oreste il suo capostipite. Così che il continuo rinviare la vendetta da parte del principe di Danimarca risulta non più meditazione escatologica, ma metodo di accerchiamento nei confronti della madre e, con i ripetuti attacchi ad Ofelia, all’universo femminile tutto. L’esame dell’Otello conduce invece l’autore alla conclusione per cui si tratterebbe non tanto di dramma di gelosia, ma di dramma di integrazione razziale: un registro del tentativo fallito del Moro di farsi accettare dalla società occidentale per le sue gesta militari e, soprattutto, tramite il matrimonio con la figlia del più importante senatore veneziano. Anna Scannapieco offre un rapido profilo del rapporto tra Gustavo Modena e l’arte attorica: una carriera intrapresa come un «sacerdozio» secondo gli ideali democratici e repubblicani, viene condannata dall’attore con cinico disincanto all’alba dell’Unità, davanti al riconoscimento dell’inettitudine politica del popolo italiano. Con Ibsen and the Italian Risorgimento, Franco Perrelli torna ad approfondire i suoi studi sullo scrittore norvegese, questa volta da un punto di vista orientato sulla grande storia. Se le insurrezioni del 1848-49 sono colte da Ibsen come il segnale dei sentimenti di libertà e uguaglianza che percorrono l’Europa, maggiore effetto avrà su lui l’impresa di unificazione dell’Italia. Proprio l’affratellamento del popolo italiano per il proprio Risorgimento viene portato ad esempio contro l’inanità dei paesi scandinavi, retrivi a schierarsi al fianco della Danimarca nella lotta fatale contro la Prussia per il dominio della regione del Schleswig-Holstein (1863-64). Ivan Pupo riflette infine sul ruolo della traduzione di Crémieux e del copione di scena di Pitoëff per la rappresentazione parigina dei Sei personaggi pirandelliani, nei termini delle relazioni possibili tra «(ri)scrittura drammaturgica e (ri)scrittura scenica»; ovvero sulle influenze che la messinscena del 10 aprile 1923 ebbe sulla terza edizione del dramma datata 1925.
I “materiali” di questo numero propongono la traduzione di Riflessioni sulla pratica della memoria nel lavoro dell’attore di teatro, di François Kahn, curata da Marcella Scopelliti. L’introduzione della stessa studiosa presenta il lavoro dell’artista francese e le relazioni di questo con la sperimentazione parateatrale di Grotowski. I pilastri del parallelo scorrere del teatro di Kahn e di quello grotowskiano (al di là della presenza o meno del pubblico, recuperata peraltro dal successore del maestro polacco, Thomas Richards) sono fondamentalmente due: la concezione della «memoria come strumento dell’attore scienziato che indaga facendo» (corsivo nel testo) e l’attenzione alle azioni fisiche di origine stanislavskiana quali unica chiave d’accesso al ricordo, anche emotivo.
Nello spazio che chiude il fascicolo, dedicato ai libri, Philiep Bossier segnala due interessanti studi di recente pubblicazione. Il primo, del canadese Peter E. Thompson, sull’attore Cosme Pèrez, in arte Juan Rana, eversivo zanni spagnolo. L’altro della ricercatrice americana Virginia Scott, che in Women on the Stage in Early Modern France 1540-1750 propone una curiosa ricostruzione della presenza femminile sulle scene francesi lungo due secoli di Commedia dell’Arte.
- Lorenzo Galletti
(fonte: www.drammaturgia.it )
"Il castello di Elsinore" è una rivista semestrale di teatro
profondamente radicata nell'Università italiana. Nata nel 1988 e curata dal DAMS
(Dipartimento di Discipline Artistiche, Musicali e dello Spettacolo)
dell'Università di Torino, la rivista raccoglie nel suo comitato direttivo quasi
la metà degli ordinari di Storia del teatro in Italia e illustri studiosi di
università straniere. Dal 2008 è pubblicata dalle Edizioni di Pagina. La rivista
è articolata in tre sezioni: la prima, intitolata Saggi, comprende rigorosi
studi critici su personaggi e opere della storia del teatro e dello spettacolo;
la seconda, Materiali, raccoglie e cura documenti, lettere e riflessioni di
poetica; la terza, Libri (o Polemiche), recensisce e analizza gli avvenimenti
più significativi della stagione teatrale italiana e straniera. I temi di cui la
rivista si occupa sono svariati e attraversano l'intera storia del teatro
europeo, dal teatro greco alla Commedia dell'Arte, dal teatro rinascimentale
italiano al teatro nordico di Ibsen e Strindberg, dal simbolismo europeo a
Pirandello.