KAPWANI KIWANGA
MEDIATED MEASURES
a cura di Simone Frangi
Viafarini DOCVA
via Procaccini 4 - Milano
18/6/2015 - 16/7/2015
Articolata in un regime ibrido d’esplorazione tra scienze sociali e pratica artistica, la ricerca di Kiwanga s’incarna di preferenza in territori culturali misti, dove domini di conoscenza a priori distinti riescono a incrociarsi. Grazie a sistemi e protocolli, che agiscono come prismi attraverso i quali osservare istanze culturali, Kiwanga mette alla prova la capacità di quest’ultime a mutare e a modificarsi nell'incontro con altre.
La formazione teorica di Kiwanga nel campo dell’antropologia e delle religioni comparate imprime ai suoi formati di ricerca una tensione particolare in cui la gestualità artistica si genera grazie all’incrocio di temporalità differenti, alla coesistenza dell'immersione nel passato e della proiezione nel futuro, alla de-gerarchizzazione delle fonti del sapere e all'invenzione di narrazioni e finzioni speculative. La coincidenza di registri eterogenei - dalla ricerca accademica alla cultura popolare - è una metodologia che l'artista utilizza con l'obiettivo di liberare la “produzione di conoscenza” da pregiudizi di valore, dissolvendo la separazione rigida tra le discipline e i diversi registri del sapere.
Film, installazioni e performance esplorano in modalità complementari la relazione tra il credere ed il sapere razionale cercando di immaginare possibilità diverse di rendere presente gli aspetti invisibili e intangibili del magico e del soprannaturale. Tramite il ricorso ai modi di rappresentazione tipici del documentario e a diverse fonti "materiali" (come gli archivi e documenti fotografici) oltre che a testimonianze scientifiche quanto soggettive, Kiwanga costruisce una complessa pratica artistica densa d’immaginari provenienti dall’afrofuturismo, dalle lotte anti-coloniali e dalla loro memoria, da sistemi di credenze religiose e dalla cultura vernacolare.
Il cuore del progetto milanese di Kapwani Kiwanga è l’assunzione dell’aptico - il toccare, lo sfiorare, il palpare - come modalità minima di relazione con un contesto urbano: il tessuto milanese, frangia estrema della dorsale economica definita Blue Banana e prototipo di quel corridoio europeo tra Manchester e Genova punteggiato da anonime megalopoli, viene misurato utilizzando il corpo come struttura di mediazione.
La strategia di lettura dell’anonimità urbana grazie all’estrema soggettività del corpo prende le mosse da un lavoro performativo ed etnografico sull’ambiente, che assume i candidi guanti da art handler come dispositivo di registrazione e collezione del contesto. A partire da una ricerca sulla manipolazione degli “oggetti etnici” trattati con i pesticidi nei musei etnografici europei, il guanto - superficie e barriera tra il corpo e l’oggetto - circola infatti nella produzione di Kiwanga, come analogia della dinamica tra fascinazione e rigetto culturale.
Immagine: Kapwani Kiwanga, documentazione della performance "Binding Ties: Grand Palais", 2014
MEDIATED MEASURES
a cura di Simone Frangi
Viafarini DOCVA
via Procaccini 4 - Milano
18/6/2015 - 16/7/2015
Articolata in un regime ibrido d’esplorazione tra scienze sociali e pratica artistica, la ricerca di Kiwanga s’incarna di preferenza in territori culturali misti, dove domini di conoscenza a priori distinti riescono a incrociarsi. Grazie a sistemi e protocolli, che agiscono come prismi attraverso i quali osservare istanze culturali, Kiwanga mette alla prova la capacità di quest’ultime a mutare e a modificarsi nell'incontro con altre.
La formazione teorica di Kiwanga nel campo dell’antropologia e delle religioni comparate imprime ai suoi formati di ricerca una tensione particolare in cui la gestualità artistica si genera grazie all’incrocio di temporalità differenti, alla coesistenza dell'immersione nel passato e della proiezione nel futuro, alla de-gerarchizzazione delle fonti del sapere e all'invenzione di narrazioni e finzioni speculative. La coincidenza di registri eterogenei - dalla ricerca accademica alla cultura popolare - è una metodologia che l'artista utilizza con l'obiettivo di liberare la “produzione di conoscenza” da pregiudizi di valore, dissolvendo la separazione rigida tra le discipline e i diversi registri del sapere.
Film, installazioni e performance esplorano in modalità complementari la relazione tra il credere ed il sapere razionale cercando di immaginare possibilità diverse di rendere presente gli aspetti invisibili e intangibili del magico e del soprannaturale. Tramite il ricorso ai modi di rappresentazione tipici del documentario e a diverse fonti "materiali" (come gli archivi e documenti fotografici) oltre che a testimonianze scientifiche quanto soggettive, Kiwanga costruisce una complessa pratica artistica densa d’immaginari provenienti dall’afrofuturismo, dalle lotte anti-coloniali e dalla loro memoria, da sistemi di credenze religiose e dalla cultura vernacolare.
Il cuore del progetto milanese di Kapwani Kiwanga è l’assunzione dell’aptico - il toccare, lo sfiorare, il palpare - come modalità minima di relazione con un contesto urbano: il tessuto milanese, frangia estrema della dorsale economica definita Blue Banana e prototipo di quel corridoio europeo tra Manchester e Genova punteggiato da anonime megalopoli, viene misurato utilizzando il corpo come struttura di mediazione.
La strategia di lettura dell’anonimità urbana grazie all’estrema soggettività del corpo prende le mosse da un lavoro performativo ed etnografico sull’ambiente, che assume i candidi guanti da art handler come dispositivo di registrazione e collezione del contesto. A partire da una ricerca sulla manipolazione degli “oggetti etnici” trattati con i pesticidi nei musei etnografici europei, il guanto - superficie e barriera tra il corpo e l’oggetto - circola infatti nella produzione di Kiwanga, come analogia della dinamica tra fascinazione e rigetto culturale.
Immagine: Kapwani Kiwanga, documentazione della performance "Binding Ties: Grand Palais", 2014