HIC SUNT LEONES
Omaggio a Leoncillo nel centenario della nascita
L’Attico
Via del Paradiso 41 - Roma
27/2/2015 - 25/3/2015
Ci sono mostre che oltre a gioia portano con sé malinconia: questa è una di quelle. Mi accade sempre, è vero, di palpitare alla vigilia di un evento da me curato o di cui sono autore. Ma qui, nel caso di Hic sunt leones, c’è di più, entrano in gioco rimandi della memoria che non possono lasciarmi indifferente. Leoncillo è stato lo sculture eponimo della galleria L’Attico guidata da mio padre, così come Pascali in seguito lo fu della mia.
E ora che, nel centenario della nascita di Leoncillo, ho riunito quattro sue sculture e le ho messe in stretta relazione nello spazio con i dipinti di Burri Fautrier Fontana Morandi, tanto da definirle installazioni, quanti particolari di vita vissuta, quante care inezie - frasi, volti, tic, toni di voce - si riaffacciano nitide dalla nebbia. E’ questo che mi commuove contemplando queste opere: il vissuto che vi è sotteso e che in parte ho condiviso. Mi sovviene ad esempio il viso ossuto di Leoncillo, le labbra sottili e il disegno del teschio leggibile sotto pelle.
Ugualmente rivedo Fautrier e la sua eleganza innata che non l’abbandonava nemmeno in stato di ubriachezza. Mentre Burri e Fontana li ho conosciuti sì di persona, ma non a fondo, e Morandi l’ho conosciuto attraverso i quadri. Sono tutti vecchi leoni, va da sé, e nella categoria ci metto pure mio padre. E di diritto ci entrano i critici che ho invitato a scrivere, ciascuno su una singola installazione: Calvesi, Crispolti e Rubiu, vicini alla galleria dalle origini, e Appella intervenuto in epoca più recente.
Mesi fa, curiosamente, quando ancora Hic sunt leones era in forse, ho incontrato a un vernissage un giovane artista che salutandomi mi ha apostrofato: vecchio leone! Ho sorriso fuori ma ancor più dentro di me. Allora è destino, mi sono detto, che si faccia questa mostra tra gioia e malinconia. Vengano, vengano lor signori a L’Attico in questi giorni, dove si sono trasferiti, per chi ha l’udito fine, i ruggiti mai sopiti del Colosseo a due passi da qui.
- Fabio Sargentini
Omaggio a Leoncillo nel centenario della nascita
L’Attico
Via del Paradiso 41 - Roma
27/2/2015 - 25/3/2015
Ci sono mostre che oltre a gioia portano con sé malinconia: questa è una di quelle. Mi accade sempre, è vero, di palpitare alla vigilia di un evento da me curato o di cui sono autore. Ma qui, nel caso di Hic sunt leones, c’è di più, entrano in gioco rimandi della memoria che non possono lasciarmi indifferente. Leoncillo è stato lo sculture eponimo della galleria L’Attico guidata da mio padre, così come Pascali in seguito lo fu della mia.
E ora che, nel centenario della nascita di Leoncillo, ho riunito quattro sue sculture e le ho messe in stretta relazione nello spazio con i dipinti di Burri Fautrier Fontana Morandi, tanto da definirle installazioni, quanti particolari di vita vissuta, quante care inezie - frasi, volti, tic, toni di voce - si riaffacciano nitide dalla nebbia. E’ questo che mi commuove contemplando queste opere: il vissuto che vi è sotteso e che in parte ho condiviso. Mi sovviene ad esempio il viso ossuto di Leoncillo, le labbra sottili e il disegno del teschio leggibile sotto pelle.
Ugualmente rivedo Fautrier e la sua eleganza innata che non l’abbandonava nemmeno in stato di ubriachezza. Mentre Burri e Fontana li ho conosciuti sì di persona, ma non a fondo, e Morandi l’ho conosciuto attraverso i quadri. Sono tutti vecchi leoni, va da sé, e nella categoria ci metto pure mio padre. E di diritto ci entrano i critici che ho invitato a scrivere, ciascuno su una singola installazione: Calvesi, Crispolti e Rubiu, vicini alla galleria dalle origini, e Appella intervenuto in epoca più recente.
Mesi fa, curiosamente, quando ancora Hic sunt leones era in forse, ho incontrato a un vernissage un giovane artista che salutandomi mi ha apostrofato: vecchio leone! Ho sorriso fuori ma ancor più dentro di me. Allora è destino, mi sono detto, che si faccia questa mostra tra gioia e malinconia. Vengano, vengano lor signori a L’Attico in questi giorni, dove si sono trasferiti, per chi ha l’udito fine, i ruggiti mai sopiti del Colosseo a due passi da qui.
- Fabio Sargentini