MASSIMO PALAZZI E RONNY FABER
DAHL
OPEN SOURCE
Space 4235
via Goito 8 - Genova
dal 16 gennaio al 3 febbraio 2015
La mostra mette assieme due progetti in corso d’opera nel comune obiettivo di coniugare la figura del curatore, dell’organizzatore e dell’artista all’insegna del concetto di open source. Nonostante la differenza delle aree di ricerca e delle singole attività, da diverso tempo Ronny e Massimo condividono l’interesse per le questioni formali e concettuali inerenti l’allestimento delle opere e la sua documentazione, l’attività artistica locale e il fare arte come processo privato. Dopo aver discusso molte volte tali questioni, si è reso necessario richiamare nuovamente l’argomento chiedendo quale relazione collega immagine e oggetto del desiderio, e più precisamente "che cosa è un’immagine privata?". La risposta potrebbe trovarsi nel dialogo spontaneo e imprevisto generato da alcuni pezzi raccolti nello stesso spazio espositivo. Questo è il motivo per cui l’indagine percettiva di alcuni oggetti colti nel tempo e nello spazio tramite la fotografia analogica fronteggia la questione di come esporre vestiti cuciti a mano intesi come produzione artistica in relazione a figurazioni urbane metropolitane.
Negli ultimi anni la diffusione delle immagini documentarie di opere e allestimenti è aumentata e si è accumulata enormemente. Un libero flusso di versioni ad alta e bassa qualità è entrato a far parte della grande quantità d’immagini che inondano la nostra iconosfera tecnocratica dove si perdono tutte le qualità materiali e i processi di produzione. Le immagini sono parte della veloce e facile retorica dei beni immateriali, dove l’informazione copre verità riguardanti la reale produzione materiale e la sua effettiva presenza fisica, proprio come accade con la merce. Parlando degli oggetti artistici contemporanei, la metodologia concettuale diventa il valore aggiunto a cose inutili, in un processo che spesso non comporta alcuna abilità da parte dell’artista che non realizza nemmeno il lavoro.
Questa mostra è incentrata sullo scontro tra oggetti tangibili e immagini e propone un sistema di linguaggio associativo dove estetica minimalista e artigianato si incontrano e dialogano. Open Source accenna a diversi modi possibili di lavorare attorno all’argomento proponendo un progetto condiviso, in cui entrambe le parti coinvolte possono vedere il codice sorgente e contribuire alla creazione dell'intero progetto. Lontano da qualsiasi ricerca di autenticità o dall’affermazione "tutti artisti’, il titolo si riferisce a una pratica comune per introdurre il nostro modo di giocare con gli oggetti, rallentando i processi per visualizzare il lavoro manuale.
OPEN SOURCE
Space 4235
via Goito 8 - Genova
dal 16 gennaio al 3 febbraio 2015
La mostra mette assieme due progetti in corso d’opera nel comune obiettivo di coniugare la figura del curatore, dell’organizzatore e dell’artista all’insegna del concetto di open source. Nonostante la differenza delle aree di ricerca e delle singole attività, da diverso tempo Ronny e Massimo condividono l’interesse per le questioni formali e concettuali inerenti l’allestimento delle opere e la sua documentazione, l’attività artistica locale e il fare arte come processo privato. Dopo aver discusso molte volte tali questioni, si è reso necessario richiamare nuovamente l’argomento chiedendo quale relazione collega immagine e oggetto del desiderio, e più precisamente "che cosa è un’immagine privata?". La risposta potrebbe trovarsi nel dialogo spontaneo e imprevisto generato da alcuni pezzi raccolti nello stesso spazio espositivo. Questo è il motivo per cui l’indagine percettiva di alcuni oggetti colti nel tempo e nello spazio tramite la fotografia analogica fronteggia la questione di come esporre vestiti cuciti a mano intesi come produzione artistica in relazione a figurazioni urbane metropolitane.
Negli ultimi anni la diffusione delle immagini documentarie di opere e allestimenti è aumentata e si è accumulata enormemente. Un libero flusso di versioni ad alta e bassa qualità è entrato a far parte della grande quantità d’immagini che inondano la nostra iconosfera tecnocratica dove si perdono tutte le qualità materiali e i processi di produzione. Le immagini sono parte della veloce e facile retorica dei beni immateriali, dove l’informazione copre verità riguardanti la reale produzione materiale e la sua effettiva presenza fisica, proprio come accade con la merce. Parlando degli oggetti artistici contemporanei, la metodologia concettuale diventa il valore aggiunto a cose inutili, in un processo che spesso non comporta alcuna abilità da parte dell’artista che non realizza nemmeno il lavoro.
Questa mostra è incentrata sullo scontro tra oggetti tangibili e immagini e propone un sistema di linguaggio associativo dove estetica minimalista e artigianato si incontrano e dialogano. Open Source accenna a diversi modi possibili di lavorare attorno all’argomento proponendo un progetto condiviso, in cui entrambe le parti coinvolte possono vedere il codice sorgente e contribuire alla creazione dell'intero progetto. Lontano da qualsiasi ricerca di autenticità o dall’affermazione "tutti artisti’, il titolo si riferisce a una pratica comune per introdurre il nostro modo di giocare con gli oggetti, rallentando i processi per visualizzare il lavoro manuale.