domenica 21 settembre 2014

DANIEL LIBESKIND: LA LINEA DEL FUOCO - QUODLIBET 2014




DANIEL LIBESKIND
LA LINEA DEL FUOCO
Scritti, disegni, macchine
a cura di Dario Gentili
introduzione di Lev Libeskind
con un testo di Aldo Rossi
Quodlibet (10 settembre 2014)
Collana: Abitare

Daniel Libeskind è molto noto per l’intensa attività professionale degli ultimi anni, quelli seguiti al completamento del suo opus magnum, il Museo ebraico di Berlino, salutato per primo da Bruno Zevi come l’opposto di un edificio tradizionale, «corpo guizzante a zig-zag che taglia, scudiscia la città, ne calamita le strettoie e gli slarghi, li elettrizza contestando stasi e quiete. Espressionismo a scala metropolitana, non più pago di urlare, deciso a rievocare l’orrore in modo gelido, tagliente, spietato».
Il primo abbozzo del celebre progetto ha il titolo provvisorio di Linea del fuoco, in riferimento all’origine dell’architettura narrata nel mito vitruviano, e questa antologia intende restituire il lato nascosto, più intimo e inedito del lavoro di Libeskind. La sua formazione è avvenuta anche grazie alle esperienze musicali avute fin dalla più giovane età, al dialogo a distanza con filosofi di prima grandezza, quali Jacques Derrida – come ricorda Dario Gentili nella postfazione –, e soprattutto all’arte del disegno, verso la quale la cultura architettonica manifesta oggi un’imprevista rinascita di interesse. Le virtuosistiche serie di disegni Micromegas (1979), Anatomia della melanconia (1981), Chamber Works (1983), Theatrum Mundi (1985), Sonnets in Babylon (2011), per lo più inedite, sono infatti inseparabili dalla riflessione sui grandi temi che riverberano nella sua architettura: la memoria, lo spazio e il suo negativo, il vuoto, sono il fuoco concettuale di questi scritti rapsodici. Per via del poco noto sodalizio, «quasi lunatico», con Aldo Rossi – a cui è dedicata l’appendice corredata delle «macchine» costruite da Libeskind per la Biennale del 1985 –, si è trasferito per alcuni anni in Italia. Oggi, nonostante tutti gli sconfinamenti disciplinari dall’architetto americano, restano valide proprio le parole che il maestro milanese gli dedicò trent'anni or sono: «guardando alcune cose, e anche i disegni di Daniel Libeskind, penso che non vi sia una strada del traguardo attraversata da molte deviazioni, ma semplicemente un percorso. L’insieme di questo percorso sarà ancora la tecnica o l’arte o l’architettura o qualcosa d’altro che chiamiamo il nostro mestiere».

Daniel Libeskind nato in Polonia nel 1946 da due sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti, ha vissuto e si è formato in Israele, Stati Uniti, Inghilterra e Italia. Dopo aver studiato fra gli altri con John Hejduk e Peter Eisenman, si è imposto all’attenzione internazionale con la partecipazione alla mostra Deconstructivist Architecture del 1988 al MoMA di New York e la realizzazione del Museo ebraico di Berlino (1989-1999).
È l’architetto incaricato del Master Plan per la ricostruzione dell’area di Ground Zero a New York, attualmente in fase di ultimazione. Fra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo Breaking ground. Un’avventura tra architettura e vita, Sperling & Kupfer, Milano 2005.