L'URLO DELL'IMMAGINE
Grafica dell'Espressionismo italiano
a cura di Marzia Ratti e Alessandra Belluomini Pucci
Palazzina delle Arti Rosaia
via del Prione, 236 - La Spezia
dal 14/3/2014 al 13/7/2014
Domenico Baccarini, Adolfo Balduini, Gino Barbieri, Umberto Boccioni, Anselmo Bucci, Giuseppe Ugo Caselli, Felice Casorati, Edoardo Del Neri, Benvenuto Maria Disertori, Moses Levy, Emilio Mantelli, Arturo Martini, Guido Marussig, Roberto Melli, Francesco Nonni, Mario Reviglione, Luigi Russolo, Lorenzo Viani, Adolfo Wildt.
Se i movimenti artistici in Europa sono sempre stati condivisi da tutti i Paesi, il comitato scientifico della mostra – composto da Renato Barilli, Alessandra Belluomini Pucci, Alessandra Borgogelli, Marzia Ratti, Nico Stringa, Giuseppe Virelli – è convinto da tempo che in Italia sia esistito un Espressionismo. Con anticipi a partire dalla metà del primo decennio del Novecento e piena maturazione nel secondo, non inferiore per valore a quello di altri Paesi occidentali, anche se meno evidente in quanto privo di un unico luogo di aggregazione, articolato anzi in molti centri, come è nel destino e nel merito della nostra storia culturale, l’Espressionismo italiano è – così come lo ha definito Alessandra Borgogelli, “un continente sommerso”. Hanno dissodato il terreno in tal senso la mostra L’Espressionismo italiano, curata da Renato Barilli e Alessandra Borgogelli, tenutasi a Torino nel 1990 e le varie attività che proprio il Museo della Spezia ha svolto in occasione del centenario della rivista L’Eroica.
La storia degli incisori de L’Eroica, in particolare quelli della generazione nata dopo il 1880, si intreccia strettamente allo sfaccettato e non univoco linguaggio dell’Espressionismo italiano, riconosciuto tardivamente come tale proprio per la modalità policentrica e variamente connotata – di cui si è detto – con cui il fenomeno si è manifestato.
La maggiore chance per questa esposizione è costituita dalla fortunata congiuntura della presenza a Viareggio della potente personalità di Lorenzo Viani – che, da sola, potrebbe reggere l’assunto dell’esistenza di un Espressionismo italiano – e, alla Spezia, della rivista L’Eroica che vivificò la xilografia facendone un’arte autonoma e prestigiosa e che, dal 1913, parteggiò coraggiosamente per i giovani autori che si erano distaccati dal magistero di Adolfo De Carolis per approdare ai lidi di una originale secessione espressionista di timbro mediterraneo.
Nei musei della Spezia e di Viareggio si conservano ancora molte di quelle opere che i giovani ribelli di inizio secolo condussero con vigore di incisione e di passione, scegliendo in specie la xilografia come tecnica più congeniale al linguaggio scabro ed essenziale che volevano deliberatamente opporre agli stilemi tardo liberty, percepiti ormai come superati e di maniera.
Da questi incisori – Viani e Levy per Viareggio, Melli, Mantelli e il cenacolo de L’Eroica per La Spezia – le curatrici sono partite in una ricognizione geografica più estesa, che si è mossa da Occidente a Oriente solo in ragione del punto di partenza, toccando gli autori che in un preciso momento del loro iter avevano intersecato, talvolta rapsodicamente, le strade dell’avanguardia espressionista.
L’attenzione si è rivolta anche a personalità ben più note per sviluppi in pittura e scultura, come nei casi di Adolfo Wildt, Felice Casorati e Arturo Martini. Inoltre non è stato trascurato il fatto che quasi tutti i protagonisti del Futurismo sono transitati per una fase tipicamente espressionista benché, anche nel loro caso, si sono selezionate solo opere a stampa riferite a quel preciso momento (Umberto Boccioni, Luigi Russolo, Anselmo Bucci). Questa attenta ricognizione degli apporti provenienti da varie aree regionali è stata occasione per rappresentare anche il faentino cenacolo Baccarini, soprattutto attraverso la figura poliedrica di Francesco Nonni.
Non da ultimo, l’esposizione ha voluto mettere in luce figure meno note – Emilio Mantelli, Adolfo Balduini e Giuseppe Caselli – che così sono emerse da un parziale stato d’ombra.
Da un canto dunque, sono state messe a sistema le voci variegate dell’Espressionismo italiano e in specie quelle della generazione anni Ottanta dell’Ottocento, concentrate su alcuni elementi chiave: la semplificazione, la deformazione, l’attenzione ai ‘Primitivi’ italiani; dall’altro, le tecniche incisorie e soprattutto la xilografia che divennero il veicolo più congeniale per questo linguaggio sintetico e intriso di pathos.
Grafica dell'Espressionismo italiano
a cura di Marzia Ratti e Alessandra Belluomini Pucci
Palazzina delle Arti Rosaia
via del Prione, 236 - La Spezia
dal 14/3/2014 al 13/7/2014
Domenico Baccarini, Adolfo Balduini, Gino Barbieri, Umberto Boccioni, Anselmo Bucci, Giuseppe Ugo Caselli, Felice Casorati, Edoardo Del Neri, Benvenuto Maria Disertori, Moses Levy, Emilio Mantelli, Arturo Martini, Guido Marussig, Roberto Melli, Francesco Nonni, Mario Reviglione, Luigi Russolo, Lorenzo Viani, Adolfo Wildt.
Se i movimenti artistici in Europa sono sempre stati condivisi da tutti i Paesi, il comitato scientifico della mostra – composto da Renato Barilli, Alessandra Belluomini Pucci, Alessandra Borgogelli, Marzia Ratti, Nico Stringa, Giuseppe Virelli – è convinto da tempo che in Italia sia esistito un Espressionismo. Con anticipi a partire dalla metà del primo decennio del Novecento e piena maturazione nel secondo, non inferiore per valore a quello di altri Paesi occidentali, anche se meno evidente in quanto privo di un unico luogo di aggregazione, articolato anzi in molti centri, come è nel destino e nel merito della nostra storia culturale, l’Espressionismo italiano è – così come lo ha definito Alessandra Borgogelli, “un continente sommerso”. Hanno dissodato il terreno in tal senso la mostra L’Espressionismo italiano, curata da Renato Barilli e Alessandra Borgogelli, tenutasi a Torino nel 1990 e le varie attività che proprio il Museo della Spezia ha svolto in occasione del centenario della rivista L’Eroica.
La storia degli incisori de L’Eroica, in particolare quelli della generazione nata dopo il 1880, si intreccia strettamente allo sfaccettato e non univoco linguaggio dell’Espressionismo italiano, riconosciuto tardivamente come tale proprio per la modalità policentrica e variamente connotata – di cui si è detto – con cui il fenomeno si è manifestato.
La maggiore chance per questa esposizione è costituita dalla fortunata congiuntura della presenza a Viareggio della potente personalità di Lorenzo Viani – che, da sola, potrebbe reggere l’assunto dell’esistenza di un Espressionismo italiano – e, alla Spezia, della rivista L’Eroica che vivificò la xilografia facendone un’arte autonoma e prestigiosa e che, dal 1913, parteggiò coraggiosamente per i giovani autori che si erano distaccati dal magistero di Adolfo De Carolis per approdare ai lidi di una originale secessione espressionista di timbro mediterraneo.
Nei musei della Spezia e di Viareggio si conservano ancora molte di quelle opere che i giovani ribelli di inizio secolo condussero con vigore di incisione e di passione, scegliendo in specie la xilografia come tecnica più congeniale al linguaggio scabro ed essenziale che volevano deliberatamente opporre agli stilemi tardo liberty, percepiti ormai come superati e di maniera.
Da questi incisori – Viani e Levy per Viareggio, Melli, Mantelli e il cenacolo de L’Eroica per La Spezia – le curatrici sono partite in una ricognizione geografica più estesa, che si è mossa da Occidente a Oriente solo in ragione del punto di partenza, toccando gli autori che in un preciso momento del loro iter avevano intersecato, talvolta rapsodicamente, le strade dell’avanguardia espressionista.
L’attenzione si è rivolta anche a personalità ben più note per sviluppi in pittura e scultura, come nei casi di Adolfo Wildt, Felice Casorati e Arturo Martini. Inoltre non è stato trascurato il fatto che quasi tutti i protagonisti del Futurismo sono transitati per una fase tipicamente espressionista benché, anche nel loro caso, si sono selezionate solo opere a stampa riferite a quel preciso momento (Umberto Boccioni, Luigi Russolo, Anselmo Bucci). Questa attenta ricognizione degli apporti provenienti da varie aree regionali è stata occasione per rappresentare anche il faentino cenacolo Baccarini, soprattutto attraverso la figura poliedrica di Francesco Nonni.
Non da ultimo, l’esposizione ha voluto mettere in luce figure meno note – Emilio Mantelli, Adolfo Balduini e Giuseppe Caselli – che così sono emerse da un parziale stato d’ombra.
Da un canto dunque, sono state messe a sistema le voci variegate dell’Espressionismo italiano e in specie quelle della generazione anni Ottanta dell’Ottocento, concentrate su alcuni elementi chiave: la semplificazione, la deformazione, l’attenzione ai ‘Primitivi’ italiani; dall’altro, le tecniche incisorie e soprattutto la xilografia che divennero il veicolo più congeniale per questo linguaggio sintetico e intriso di pathos.