FABRIZIO PLESSI
GLI ANNI SETTANTA
a cura di Marco Meneguzzo
Fondazione Mudima
via Tadino 26, Milano
dal 9/5/2014 al 25/6/2014
L’esposizione propone una delle opere più importanti dell’artista reggiano: ‘Gabbia d’acqua’, presentata alla Biennale di Venezia del 1972, oltre all’installazione ‘Crazy pool’ e a una serie di lavori su carta realizzata nel decennio decisivo della sua evoluzione creativa.
Dal 9 maggio al 25 giugno 2014, la Fondazione Mudima di Milano (via Tadino 26) ospita una personale di Fabrizio Plessi che indaga gli anni Settanta, un periodo estremamente proficuo e di grande progettualità nell’evoluzione del suo linguaggio artistico.
Curata da Marco Meneguzzo, l’esposizione che segna il ritorno di Plessi a Milano, ripercorre la storia di un decennio che ha visto l’autore reggiano affermarsi nel panorama dell’arte internazionale, nel quale Plessi abbandona gli strumenti tradizionali del creare, adottando il video e l’installazione come cifra caratteristica del proprio lavoro, e scegliendo l’acqua come soggetto esclusivo di tutta la sua ricerca espressiva, di ogni suo progetto e di ogni suo singolo disegno.
Sono anni in cui Plessi progetta e crea delle videoinstallazioni rimaste famose per la storia della video-arte non solo italiana. Tra queste spiccano due lavori fondamentali: la prima, la “Gabbia d’acqua”, esposta alla Biennale di Venezia del 1972 e mai esposta a Milano, che presenta una piramide in ferro, alla cui cuspide è sospesa una gabbia cubica che contiene acqua colorata, in cui ricorda Marco Meneguzzo, “al di là dell’aspetto paradossale - la gabbia apparentemente aperta che contiene l’incontenibile - è la presenza fisica, la ‘pesantezza’ visibile e addirittura ostentata dell’oggetto che contrasta con la fluidità dell’acqua, con l’idea dello ‘scorrere’, del passare”.
La seconda, “Crazy Pool” vede all’interno di una canoa in legno, allestita nella piscina vuota al piano inferiore della Fondazione Mudima, agitarsi un mare elettronico diffuso dagli schermi di televisori, in cui il video restituisce una percezione fredda e fluida, analoga a quella dell’elemento acquatico che ha scelto, ma tutt’altro che narrativo, come vorrebbe il medium utilizzato. Sottolinea ancora Marco Meneguzzo che “Plessi non usa il video per narrare, ma per esprimere, ed è molto difficile trovare nei suoi lavori che implicano l’uso del video anche il minimo accenno narrativo, mentre è quasi sempre utilizzato accanto e a contrasto di altri elementi, primo fra tutti l’acqua di cui sfrutta l’ambiguità percettiva”.
Un elemento di enorme importanza della rassegna milanese risiede nelle opere su carta intelata, tela emulsionata su legno e su carta millimetrata, mai più esposte da quarant’anni. Si tratta di un forte nucleo di grandi lavori progettuali, a metà tra un’iconografia pop e il concettualismo successivo, risalenti agli anni 1969/76, esposti allo Studio Nino Soldano, e ancora nella sua collezione, che testimonia la precocità di certi temi e di certi sviluppi futuri e centrali di Plessi, come l’interesse tutto concettuale per l’acqua come elemento “imprendibile”, mentre una serie di disegni su carta millimetrata – della collezione personale dell’artista, mostrano il robusto consolidarsi del concetto di videoinstallazione, ripreso da Plessi nel decennio successivo, e fonte di ispirazione diretta o mediata per una generazione più giovane di video-artisti.
Accompagna la mostra un volume sugli anni Settanta di Fabrizio Plessi, con un saggio critico e un’intervista inedita all’artista di Marco Meneguzzo, oltre a un’antologia critica di testi del periodo.
Fabrizio Plessi è nato a Reggio Emilia nel 1940. Ha compiuto i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove ha insegnato per molti anni. Usando il video come strumento artistico, ha tracciato un percorso innovativo che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Cofondatore della Kunsthochschule für Medien di Köln ha insegnato Umanizzazione delle Tecnologie e Scenografia Elettronica. Al Ludwig Museum di Köln famosa è la sua installazione Bombay-Bombay. Partecipa a 14 edizioni della Biennale di Venezia dal 1970 fino all’ultima del 2011 con Mari Verticali al Padiglione Venezia. In Italia è stato premiato dalla Quadriennale di Roma nel 1999. Nello stesso anno la Kestner Gesellschaft di Hannover lo premia come artista dell’anno con il premio NLB. Nel 2002 antologica Paradiso/Inferno alle Scuderie del Quirinale di Roma. Ha realizzato oltre 500 mostre personali, dal Centre Pompidou di Parigi (1982) al Guggenheim di New York (1998), dal Museum of Contemporary Art di San Diego (1998) al Guggenheim di Bilbao (2001). Partecipa a Documenta VIII di Kassel (1987) con la celebre installazione Roma. E’ presente a Berlino nel 2003 con una antologica al Martin Gropius Bau. Sempre a Berlino realizza una grande installazione per il Sony Center in Potzsdammer Platz.
Collabora con i musei più importanti in Austria come il Kunshistoriche Museum, il Museum Ludwig e la Neue Galerie di Linz. Anche i paesi emergenti hanno in Plessi un sicuro riferimento, come dimostra l’inaugurazione del nuovo Museo d’Arte Contemporanea di Rabat nel 2006.
Partecipa alla Biennale del Cairo come artista d’onore nel 2001; così come a quella di Sharjah e di Gwangiu in Corea nel 2000. Dal 2008 collabora con il gruppo Louis Vuitton, affiancando la sua arte agli eventi della celebre casa francese, come ad esempio l’America’s Cup. Stretti i rapporti con l’industria come dimostrano i suoi legami con BMW, Dornbracht, Loewe , Swarovski, Calvin Klein. Intellettuali e musicisti come Robert Wilson, Philip Glass e Michael Nyman hanno lavorato con lui. Indimenticabili le sue scenografie elettroniche realizzate per il memorabile concerto di Luciano Pavarotti al Central Park di New York nel 1993. Monumenta ad Agrigento è la sua ultima grandiosa installazione realizzata all’interno della Valle dei Templi. Da giugno 2013, al Passo del Brennero, il Plessi Museum ospita una sede espositiva permanente dedicata alla sua arte ed è il primo esempio italiano di spazio museale in autostrada.
GLI ANNI SETTANTA
a cura di Marco Meneguzzo
Fondazione Mudima
via Tadino 26, Milano
dal 9/5/2014 al 25/6/2014
L’esposizione propone una delle opere più importanti dell’artista reggiano: ‘Gabbia d’acqua’, presentata alla Biennale di Venezia del 1972, oltre all’installazione ‘Crazy pool’ e a una serie di lavori su carta realizzata nel decennio decisivo della sua evoluzione creativa.
Dal 9 maggio al 25 giugno 2014, la Fondazione Mudima di Milano (via Tadino 26) ospita una personale di Fabrizio Plessi che indaga gli anni Settanta, un periodo estremamente proficuo e di grande progettualità nell’evoluzione del suo linguaggio artistico.
Curata da Marco Meneguzzo, l’esposizione che segna il ritorno di Plessi a Milano, ripercorre la storia di un decennio che ha visto l’autore reggiano affermarsi nel panorama dell’arte internazionale, nel quale Plessi abbandona gli strumenti tradizionali del creare, adottando il video e l’installazione come cifra caratteristica del proprio lavoro, e scegliendo l’acqua come soggetto esclusivo di tutta la sua ricerca espressiva, di ogni suo progetto e di ogni suo singolo disegno.
Sono anni in cui Plessi progetta e crea delle videoinstallazioni rimaste famose per la storia della video-arte non solo italiana. Tra queste spiccano due lavori fondamentali: la prima, la “Gabbia d’acqua”, esposta alla Biennale di Venezia del 1972 e mai esposta a Milano, che presenta una piramide in ferro, alla cui cuspide è sospesa una gabbia cubica che contiene acqua colorata, in cui ricorda Marco Meneguzzo, “al di là dell’aspetto paradossale - la gabbia apparentemente aperta che contiene l’incontenibile - è la presenza fisica, la ‘pesantezza’ visibile e addirittura ostentata dell’oggetto che contrasta con la fluidità dell’acqua, con l’idea dello ‘scorrere’, del passare”.
La seconda, “Crazy Pool” vede all’interno di una canoa in legno, allestita nella piscina vuota al piano inferiore della Fondazione Mudima, agitarsi un mare elettronico diffuso dagli schermi di televisori, in cui il video restituisce una percezione fredda e fluida, analoga a quella dell’elemento acquatico che ha scelto, ma tutt’altro che narrativo, come vorrebbe il medium utilizzato. Sottolinea ancora Marco Meneguzzo che “Plessi non usa il video per narrare, ma per esprimere, ed è molto difficile trovare nei suoi lavori che implicano l’uso del video anche il minimo accenno narrativo, mentre è quasi sempre utilizzato accanto e a contrasto di altri elementi, primo fra tutti l’acqua di cui sfrutta l’ambiguità percettiva”.
Un elemento di enorme importanza della rassegna milanese risiede nelle opere su carta intelata, tela emulsionata su legno e su carta millimetrata, mai più esposte da quarant’anni. Si tratta di un forte nucleo di grandi lavori progettuali, a metà tra un’iconografia pop e il concettualismo successivo, risalenti agli anni 1969/76, esposti allo Studio Nino Soldano, e ancora nella sua collezione, che testimonia la precocità di certi temi e di certi sviluppi futuri e centrali di Plessi, come l’interesse tutto concettuale per l’acqua come elemento “imprendibile”, mentre una serie di disegni su carta millimetrata – della collezione personale dell’artista, mostrano il robusto consolidarsi del concetto di videoinstallazione, ripreso da Plessi nel decennio successivo, e fonte di ispirazione diretta o mediata per una generazione più giovane di video-artisti.
Accompagna la mostra un volume sugli anni Settanta di Fabrizio Plessi, con un saggio critico e un’intervista inedita all’artista di Marco Meneguzzo, oltre a un’antologia critica di testi del periodo.
Fabrizio Plessi è nato a Reggio Emilia nel 1940. Ha compiuto i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove ha insegnato per molti anni. Usando il video come strumento artistico, ha tracciato un percorso innovativo che lo ha reso celebre in tutto il mondo. Cofondatore della Kunsthochschule für Medien di Köln ha insegnato Umanizzazione delle Tecnologie e Scenografia Elettronica. Al Ludwig Museum di Köln famosa è la sua installazione Bombay-Bombay. Partecipa a 14 edizioni della Biennale di Venezia dal 1970 fino all’ultima del 2011 con Mari Verticali al Padiglione Venezia. In Italia è stato premiato dalla Quadriennale di Roma nel 1999. Nello stesso anno la Kestner Gesellschaft di Hannover lo premia come artista dell’anno con il premio NLB. Nel 2002 antologica Paradiso/Inferno alle Scuderie del Quirinale di Roma. Ha realizzato oltre 500 mostre personali, dal Centre Pompidou di Parigi (1982) al Guggenheim di New York (1998), dal Museum of Contemporary Art di San Diego (1998) al Guggenheim di Bilbao (2001). Partecipa a Documenta VIII di Kassel (1987) con la celebre installazione Roma. E’ presente a Berlino nel 2003 con una antologica al Martin Gropius Bau. Sempre a Berlino realizza una grande installazione per il Sony Center in Potzsdammer Platz.
Collabora con i musei più importanti in Austria come il Kunshistoriche Museum, il Museum Ludwig e la Neue Galerie di Linz. Anche i paesi emergenti hanno in Plessi un sicuro riferimento, come dimostra l’inaugurazione del nuovo Museo d’Arte Contemporanea di Rabat nel 2006.
Partecipa alla Biennale del Cairo come artista d’onore nel 2001; così come a quella di Sharjah e di Gwangiu in Corea nel 2000. Dal 2008 collabora con il gruppo Louis Vuitton, affiancando la sua arte agli eventi della celebre casa francese, come ad esempio l’America’s Cup. Stretti i rapporti con l’industria come dimostrano i suoi legami con BMW, Dornbracht, Loewe , Swarovski, Calvin Klein. Intellettuali e musicisti come Robert Wilson, Philip Glass e Michael Nyman hanno lavorato con lui. Indimenticabili le sue scenografie elettroniche realizzate per il memorabile concerto di Luciano Pavarotti al Central Park di New York nel 1993. Monumenta ad Agrigento è la sua ultima grandiosa installazione realizzata all’interno della Valle dei Templi. Da giugno 2013, al Passo del Brennero, il Plessi Museum ospita una sede espositiva permanente dedicata alla sua arte ed è il primo esempio italiano di spazio museale in autostrada.