GIUSEPPE
MARANIELLO
PONTI
Cardelli & Fontana
via Torrione Stella Nord 5 - Sarzana
18/7/2015 - 2/9/2015
Un lavoro esuberante, quello messo in atto da Maraniello, che non può essere circoscritto a posizioni teoriche, perché non può essere ingabbiato.
Si può rischiare di leggervi in modo sbilanciato il lato segnico-simbolico come predominante, o al contrario di valutarne i caratteri formali come determinanti, rispetto alla presenza di figure che sono volutamente lasciate in posizione marginale (ma non per questo meno importante).
Un lavoro di creazione di forme, nelle quali l’aspetto fisico, dell’occupazione concreta dello spazio, dichiara una aspirazione plastica anche nei lavori più specificamente “pittorici”. In queste opere, che esplorano tipologie, mondi e rappresentazioni differenti, molti aspetti di un’arte “radicata” sembrano venire meno.
Esse si collocano quasi sempre su un limite, rappresentando una forma di transizione tra fisicità e immaterialità, senza appartenere decisamente a un unico ambito.
Anche se nel colore, in alcune presenze di immagini, in taluni volumi e ingombri, vi è molta pienezza, nell’insieme il suo lavoro mette in scena un processo di svuotamento, di riduzione, di privazione.
Sono opere che appaiono prive di peso, sia nei personaggi che si librano ai vertici, negli spazi intermedi, negli arditi passaggi fuori asse, sia nella semplificazione di materia e colore, che riconduce i fattori connotativi all’essenziale. Sono anche prive di racconto, per quanto vi sia sempre, nei segni e nelle figure, qualche richiamo simbolico forte.
Il ricorso alla figura di un particolare centauro, al rebis androgino, a maschere, guerrieri, tuffatori, corridori che scavalcano intere montagne, non riflette la volontà di richiamare una storia, nemmeno quella che sempre si rinnova nella struttura narrativa del mito.
Questo non significa che tali presenze siano prive di senso, ma, come nei ritrovamenti di tracce di una cultura figurativa arcaica, nei recuperi archeologici, esse diventano segni di un racconto sepolto, che l’artista evoca, senza volere coscientemente attribuire una direzione di lettura a lavori che vivono del loro delicato equilibrio.
Il processo di riduzione messo in atto da Maraniello, sempre rinnovantesi nella diversa configurazione che le sue composizioni e costruzioni raggiungono, nello spazio architettonico, naturale o a parete, trova pien
PONTI
Cardelli & Fontana
via Torrione Stella Nord 5 - Sarzana
18/7/2015 - 2/9/2015
Un lavoro esuberante, quello messo in atto da Maraniello, che non può essere circoscritto a posizioni teoriche, perché non può essere ingabbiato.
Si può rischiare di leggervi in modo sbilanciato il lato segnico-simbolico come predominante, o al contrario di valutarne i caratteri formali come determinanti, rispetto alla presenza di figure che sono volutamente lasciate in posizione marginale (ma non per questo meno importante).
Un lavoro di creazione di forme, nelle quali l’aspetto fisico, dell’occupazione concreta dello spazio, dichiara una aspirazione plastica anche nei lavori più specificamente “pittorici”. In queste opere, che esplorano tipologie, mondi e rappresentazioni differenti, molti aspetti di un’arte “radicata” sembrano venire meno.
Esse si collocano quasi sempre su un limite, rappresentando una forma di transizione tra fisicità e immaterialità, senza appartenere decisamente a un unico ambito.
Anche se nel colore, in alcune presenze di immagini, in taluni volumi e ingombri, vi è molta pienezza, nell’insieme il suo lavoro mette in scena un processo di svuotamento, di riduzione, di privazione.
Sono opere che appaiono prive di peso, sia nei personaggi che si librano ai vertici, negli spazi intermedi, negli arditi passaggi fuori asse, sia nella semplificazione di materia e colore, che riconduce i fattori connotativi all’essenziale. Sono anche prive di racconto, per quanto vi sia sempre, nei segni e nelle figure, qualche richiamo simbolico forte.
Il ricorso alla figura di un particolare centauro, al rebis androgino, a maschere, guerrieri, tuffatori, corridori che scavalcano intere montagne, non riflette la volontà di richiamare una storia, nemmeno quella che sempre si rinnova nella struttura narrativa del mito.
Questo non significa che tali presenze siano prive di senso, ma, come nei ritrovamenti di tracce di una cultura figurativa arcaica, nei recuperi archeologici, esse diventano segni di un racconto sepolto, che l’artista evoca, senza volere coscientemente attribuire una direzione di lettura a lavori che vivono del loro delicato equilibrio.
Il processo di riduzione messo in atto da Maraniello, sempre rinnovantesi nella diversa configurazione che le sue composizioni e costruzioni raggiungono, nello spazio architettonico, naturale o a parete, trova pien
ezza
nella densità di colore, nella misura di superfici e aree che paiono calcolate
con il principio della sezione aurea, nell’ambiente che vanno ad abitare.
(dal testo di Francesco Tedeschi in catalogo)
(dal testo di Francesco Tedeschi in catalogo)