LA GRANDE MADRE
a cura di Massimiliano Gioni
Palazzo Reale
piazza Duomo 12 – Milano
25/8/2015 - 15/11/2015
La mostra è il frutto di una collaborazione tra istituzioni pubbliche e
private nella condivisione di un progetto che porta la grande arte
contemporanea, anche nelle sue dimensioni più attuali e innovatrici, nello
spazio espositivo più prestigioso della città, rappresentando l’evento di punta
del calendario di Expo in città nel secondo trimestre di Expo 2015.
“Il
palinsesto di Expo in città propone una mostra prestigiosa,ospitata in una delle
sedi espositive più visitate d’Italia, Palazzo Reale, che chiude il cerchio di
una proposta completa sull’arte, le sue stagioni e i suoi linguaggi. – ha
dichiarato l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno – Una proposta che non
solo offrirà al pubblico la possibilità di compiere un viaggio straordinario
nella storia dell’arte e della cultura italiana e internazionale, ma sarà anche
un’occasione speciale di approfondimento sulla figura della madre, che più di
tutte incarna l’idea della nutrizione, tema centrale di Expo2015. Un risultato
reso possibile grazie alla Fondazione Nicola Trussardi nel quadro di un ampio
dialogo tra pubblico e privato, stretti in un’alleanza per la diffusione
dell’arte e dellacultura”.
"La Grande Madre offre uno sguardo sulla
maternità e sulla condizione femminile filtrato attraverso un secolo di opere
d'arte, che ripropongono questioni oggi non solo presenti ma spesso ancora
irrisolte – ha sottolineato Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione
Nicola Trussardi – Questo ci permette di affrontare le problematiche legate al
tema generale di Expo secondo una prospettiva di genere che ribadisce la
centralità delle donne nella società, ruolo molto spesso non adeguatamente
riconosciuto. Nonostante gli enormi passi avanti fatti negli ultimi decenni e le
azioni sociali e politiche di difesa della donna che hanno contributo a
diffondere conoscenze e diritti anche nei paesi più poveri, molti sono i
pericoli che oggi minacciano di rallentare o ostacolare il percorso di
emancipazione femminile. Per questo motivo La Grande Madre può e deve essere un
occasione importante per riflettere sui valori di cui la presenza della donna è
portatrice in ogni settore sociale, contribuendo a rendere Expo una piattaforma
di ideee progetti concreti per lo sviluppo del pianeta.”
Attraverso le opere
di centoventisette artiste e artisti internazionali e con un allestimento che si
estenderà su una superficie di circa 2.000 metri quadrati al piano nobile di
Palazzo Reale, La Grande Madre analizzerà l'iconografia e la rappresentazione
della maternità nel'arte del Novecento, dalle avanguardie fino ai nostri giorni.
Dalle veneri paleolitiche alle “cattive ragazze“ del post femminismo,
passando per la tradizione millenaria della pittura religiosa con le sue
innumerevoli scene di maternità, la storia dell’arte e della cultura hanno
spesso posto al proprio centro la figura della madre, a volte assunta a simbolo
della creatività e metafora della definizione stessa di arte. La madre e la sua
versione più familiare di “mamma” sono anche stereotipi intimamente legati
all’immagine dell’Italia.
La Grande Madre sarà una mostra sul potere della
donna: non solo sul potere generativo e creativo della madre, ma soprattutto sul
potere negato alle donnee sul potere conquistato dalle donne nel corso del
Novecento. Partendo dalla rappresentazione della maternità, l’esposizione si
amplia per passare in rassegna un secolo di scontri e lotte tra emancipazione e
tradizione, raccontando le trasformazioni della sessualità, dei generi e della
percezione del corpo e dei suoi desideri.
Concepita come un museo temporaneo
nel quale si combinano storia dell’arte e cultura visiva,l’esposizione
ricostruirà una narrazione trasversale del ventesimo secolo, esplorando i miti e
i cliché del femminile, e dando vita a una complessa riflessione sulla figura
della donna come soggetto e – non più solo – come oggetto della
rappresentazione.
La mostra si aprirà con una presentazione
dell’archivio di Olga Fröbe-Kapteyn, che dagli anni Trenta ha raccolto per tutta
la vita migliaia di immagini di idoli femminili, madri, matrone, veneri e
divinità preistoriche confluite in una vasta collezione iconografica alla quale
hanno attinto Carl Gustav Jung, Erich Neumann e molti altri psicologi e
antropologi impegnati nelle ricerche sull’archetipo della grande madre e sulle
culture matriarcali della preistoria.
Qualche decennio prima gli scritti di
Sigmund Freud e le sue osservazioni sul complesso di Edipo avevano trasformato i
rapporti familiari e le relazioni tra madri e figli in un dramma di desideri
sessuali e tensioni represse che avrebbero segnato l’intero Novecento. Queste
atmosfere ritornano trasfigurate nei disegni e nelle incisioni coeve di Alfred
Kubin ed Edvard Munch. Le prime sale della mostra alterneranno queste visioni
allucinate all’immagine didascalica della maternità divulgata a fine Ottocento
attraverso le fotografie di Gertrude Käsebier e i film della prima regista
cinematografica donna Alice Guy-Blaché.
Un’importante sezione della mostra
sarà incentrata sulla partecipazione delle donne alle avanguardie storiche e, in
particolare, ai movimenti futurista, dadaista e surrealista. Giustapponendo il
lavoro di artiste e artisti, la mostra metterà in evidenza gli aspetti più
contrastanti della modernità, analizzando le radicali trasformazioni dei ruoli
sessuali che hanno accompagnato i profondi cambiamenti economici e sociali di
inizio Novecento. Lo studio della posizione della donna all’interno del
Futurismo – con opere di Benedetta, Umberto Boccioni, Giannina Censi, Valentine
De Saint-Point, Mina Loy, Filippo Tommaso Marinetti, Marisa Mori, Regina, Rosa
Rosà e altre – rivelerà lo scontro tra energie riformatrici e forze repressive
nell’Italia di inizio secolo.
Le sale dedicate al Dadaismo si concentreranno
sulla nascita del mito della donna meccanica e automatica – “la figlia nata
senza madre” come la battezzò Francis Picabia – collocandola nel panorama
sociale in rapidissimo mutamento degli anni Dieci e Venti, sia in Europa sia in
America. Passando dalle macchine celibi di Marcel Duchamp, Picabia e Man Ray,
alle bambole meccaniche di Sophie Taeuber-Arp, Emmy Henningse Hannah Höch,fino
alle performance irriverenti della Baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven, la
mostra descriverà le relazioni pericolose che all’inizio del Novecento si
intrecciarono tra biologia, meccanica e desiderio.
Il culto della donna nel
Surrealismo sarà analizzato attraverso la straordinaria presentazione di
cinquanta collage originali da La donna 100 teste di Max Ernst, esposti accanto
a opere e documenti di André Breton, Hans Bellmer, Salvador Dalí e altri.
Esplorando le implicazioni estetiche ed etiche della fascinazione surrealista
nei confronti del femminile, la mostra porterà in primo piano le opere di
artiste che abbracciarono e al contempo rifiutarono la retorica del Surrealismo,
all’interno del quale trovarono strumenti per l’emancipazione femminile ma anche
opprimenti stereotipi sessuali. Questa sezione includerà capolavori e opere
celebri di Leonora Carrington, Frida Kahlo, Dora Maar, Lee Miller, Meret
Oppenheim, Dorothea Tanning, Remedios Varo, Unica Zürn e altre artiste
dell’epoca, la cui fama è stata a lungo oscurata da quella dei loro colleghi
uomini.
Queste opere si intrecceranno a una selezione di scene madri del
cinema muto e a documenti sulla politica delle nascite nel fascismo, a loro
volta affiancati a immagini di madri addolorate e orgogliose eroine del cinema
neorealista. In questo album di famiglia corale, l’immagine della madre si
sovrappone spesso all’idea di nazione e stato, creando preoccupanti associazioni
tra corpi e patria.
La seconda parte della mostra avrà come epicentro ideale
una selezione di opere di Louise Bourgeois, che assimila l’influenza del
Surrealismo e la trasforma mescolandola con riferimenti a culture arcaiche, per
creare una mitologia individuale di straordinaria forza simbolica. Molte artiste
che emergono negli anni Sessanta e Settanta – tra cui Magdalena Abakanowicz, Ida
Applebroog, Lynda Benglis, Judy Chicago, Eva Hesse, Dorothy Iannone, Yayoi
Kusama, Anna Maria Maiolino, Ana Mendieta, Marisa Merz, Annette Messager e altre
– creano un nuovo vocabolario di forme in cui abbondano riferimenti biologici
con i quali le artiste rivendicano la centralità del corpo femminile, spesso
associandolo alle forze della natura e della terra. Più o meno negli stessi anni
– ai quali corrispondono le rivendicazioni dei movimenti femministi di cui
verranno presentati vari documenti in mostra – artiste assai diverse tra loro
come Carla Accardi, Joan Jonas, Mary Kelly, Yoko Ono, Martha Rosler, Valie
Export e altre descrivono lo spazio domestico come un luogo di tensioni e
soprusi, rimettendo in discussione la divisione del lavoro e dei ruoli sessuali
negli ambienti della casa e della famiglia.
Gerarchie e rapporti di potere
sono messi in crisi anche nelle opere di Sherrie Levine, Lee Lozano e Elaine
Sturtevant che – in modi diversi – si oppongono alle tradizionali modalità di
produzione e riproduzione. Attraverso copie e repliche o rifiutandosi del tutto
di creare ex novo, queste artiste immaginano nuovi modelli di proprietà e nuove
forme di possesso che si sottraggono all’autorità patriarcale.
Attraverso
l’accostamento di immagini trovate e collage, Barbara Kruger, Ketty La Rocca,
Suzanne Santoro e altre intraprendono una guerriglia semiotica che critica gli
slogan e i messaggi dei media e decostruisce l’immagine della donna e della
madre creata dai mezzi di comunicazione di massa. Le opere di artiste diverse
come Katharina Fritsch, Cindy Sherman, Rosemarie Trockel – attive dagli anni
Ottanta – si rimpossessano della storia dell’arte, mescolando generi e
riferimenti iconografici al tema della maternità e della pittura e scultura
religiose.
Negli anni Novanta emergono varie artiste la cui opera è segnata
da un’aggressiva semplicità. In una serie ormai leggendaria Rineke Dijkstra
ritrae madri e figli a poche ore dal parto. Sarah Lucas compone sculture e
bricolage dalle forme al contempo maschili e femminili. Catherine Opie documenta
la vita e i desideri delle comunità gay e sadomaso di Los Angeles. Mentre
pittrici assai diverse come Marlene Dumas e Nicole Eisenman rappresentano la
maternità come croce e delizia, liberazione e condanna.
Pipilotti Rist
mescola pittura barocca e videoclip in un’opera inedita che trasformerà il
soffitto di una sala di Palazzo Reale in un'affresco elettronico, mentre Rachel
Harrison documentale apparizioni della Madonna in un sobborgo della provincia
americana. Dalle opere di Nathalie Djurberg, Robert Gober, Keith Edmier, Kiki
Smith, Gillian Wearing e altri emerge una sensibilità post Fumana in cui
tecnologia e biologia aprono prospettive inedite attraverso le quali superare le
vecchie distinzioni di genere.
La mostra sarà arricchita da altre
presenze importanti, con installazioni di Jeff Koons, Thomas Schütte, Nari Ward
e opere di rilievo di Thomas Bayrle, Constantin Brancusi, Maurizio Cattelan,
Lucio Fontana, Kara Walker, per citare solo alcuni.
Nel suo celebre video
Grosse Fatigue, vincitore del Leone d’Argento all’ultima Biennale di Venezia,
Camille Henrot analizzerà i miti di creazione e la genesi dell’universo,
raccontando così la nascita della Madre Terra. Uno straordinario ciclo
fotografico di Lennart Nilsson – il primo ad avere fotografato un feto in
endoscopia in vivo – rappresenterà la maternità in maniera iperrealista,
trasformando la in uno spettacolo al limite della fantascienza.
Tra le opere
più recenti anche la prima presentazione in Italia della celebre serie di
ritratti delle Brown Sisters, realizzata da Nicholas Nixon scattando ogni anno
per quarant’anni il ritratto di gruppo delle sorelle Brown.
Da queste e da
molte altre opere in mostra, emergerà un’immagine della madre come proiezione di
desideri, ansie e aspirazioni individuali e collettive, maschili e femminili.
Forse un’immagine meno rassicurante di quella consueta a cui ci hanno abituato
la pubblicità e la retorica, ma decisamente più complessa e potente.
La
mostra La Grande Madre sarà accompagnata da un catalogo a cura di Massimiliano
Gioni, pubblicato in due lingue, italiano e inglese. Il volume raccoglierà più
di trecento immagini a colori che illustreranno testi monografici e
approfondimenti su tutti gli artisti presenti in mostra e una raccolta di saggi
e testi critici inediti, commissionati per l’occasione a Marco Belpoliti,
Barbara Casavecchia, Whitney Chadwick, Massimiliano Gioni, Ruth Hemus, Raffaella
Perna, Lucia Re, Pietro Rigolo, Adrien Sina, Guido Tintori, Calvin Tomkins, Lea
Vergine.
Il progetto grafico della mostra e dei prodotti editoriali è
firmato dallo studio Goto Design di New York. La Grande Madre è realizzata
grazie al sostegno di BNL Gruppo BNP Paribas, main sponsor dell’esposizione. Si
ringrazia SKY ARTE HD che in qualità di media partner realizzerà una produzione
originale per raccontare la mostra.