ELISEO MATTIACCI
MATERIALI E FORME DELLA SCULTURA
a cura di Francesca Cattoi ed Eliseo Mattiacci
collaborazione di Cornelia Mattiacci
CAMEC Centro Arte Moderna e Contemporanea
p.zza Cesare Battisti 1 - La Spezia
dall'11/7/2014 al 14/1/2015
“Le forme sono infinite, poche si possono fare”
Eliseo Mattiacci, 1996
L’opera di Eliseo Mattiacci (Cagli, 1940) attraversa i momenti più importanti della storia dell’arte nazionale e internazionale dagli anni sessanta ad oggi.
Presente alla mostra dal titolo “Arte Povera - Im spazio” curata a Genova da Germano Celant nel 1967, il suo percorso vede l’utilizzo e la sperimentazione di materiali differenti suggeriti di volta in volta dall’idea stessa dell’opera: dal ferro all’alluminio, dal piombo al vetro, dalla lana di vetro alle polveri naturali.
Il suo approccio privilegia l’utilizzo di elementi che spesso provengono dalla lavorazione industriale e le forme essenziali che ne derivano dialogano con quelle del suo disegno.
Nella mostra pensata per il CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea e concepita in accordo con l’artista, il suo lavoro viene presentato attraverso un percorso che, partendo dagli anni sessanta, arriva fino ai risultati più recenti. La selezione delle opere mette in evidenza il modus operandi dello scultore: l’esigenza di ottenere forme ed equilibri muovendosi tra idea e realizzazione, lo obbliga ad un controllo preciso delle forze visibili e invisibili che si instaurano tra un elemento e l’altro, come avviene con l’utilizzo di magneti permanenti e calamite. In ognuna delle quattro sale del Piano Uno sono raccolte opere che, impiegando lo stesso materiale, dal piombo al ferro, dal vetro all’alluminio, ne articolano le potenzialità e le contraddizioni.
Mattiacci è da sempre interessato agli eventi astronomici, allo sguardo dell’uomo verso il cielo. Continuamente in dialogo con le forze celesti, una delle sale è dedicata ai suoi Capta spazio, 2002, mentre il tema del cosmo e della sua esplorazione rimbalza da una sala all’altra.
Il visitatore viene però accolto con un’opera del 1970: Sentire il rumore del mare. Composta da una fotografia scattata da Claudio Abate sulla spiaggia di Ostia, l’opera è completata con un cavo che dalla fotografia arriva ad una cuffia dove si trovano due conchiglie. L’invito a sentire dentro le cuffie-conchiglie il rumore del mare, oltre ad essere un omaggio rivolto alla città della Spezia, porta all’interno dell’esperienza dell’arte i ricordi infantili e la fede senza riserve nella propria sensibilità e capacità di captare energie estranee alla razionalità del quotidiano.
Un percorso che rende omaggio ad uno scultore che con determinazione, sincerità, energia ha costruito un corpus di opere vasto e significativo, dove equilibri precari mettono in evidenza, nella scultura, il margine di insicurezza e il pericolo di rottura.
MATERIALI E FORME DELLA SCULTURA
a cura di Francesca Cattoi ed Eliseo Mattiacci
collaborazione di Cornelia Mattiacci
CAMEC Centro Arte Moderna e Contemporanea
p.zza Cesare Battisti 1 - La Spezia
dall'11/7/2014 al 14/1/2015
“Le forme sono infinite, poche si possono fare”
Eliseo Mattiacci, 1996
L’opera di Eliseo Mattiacci (Cagli, 1940) attraversa i momenti più importanti della storia dell’arte nazionale e internazionale dagli anni sessanta ad oggi.
Presente alla mostra dal titolo “Arte Povera - Im spazio” curata a Genova da Germano Celant nel 1967, il suo percorso vede l’utilizzo e la sperimentazione di materiali differenti suggeriti di volta in volta dall’idea stessa dell’opera: dal ferro all’alluminio, dal piombo al vetro, dalla lana di vetro alle polveri naturali.
Il suo approccio privilegia l’utilizzo di elementi che spesso provengono dalla lavorazione industriale e le forme essenziali che ne derivano dialogano con quelle del suo disegno.
Nella mostra pensata per il CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea e concepita in accordo con l’artista, il suo lavoro viene presentato attraverso un percorso che, partendo dagli anni sessanta, arriva fino ai risultati più recenti. La selezione delle opere mette in evidenza il modus operandi dello scultore: l’esigenza di ottenere forme ed equilibri muovendosi tra idea e realizzazione, lo obbliga ad un controllo preciso delle forze visibili e invisibili che si instaurano tra un elemento e l’altro, come avviene con l’utilizzo di magneti permanenti e calamite. In ognuna delle quattro sale del Piano Uno sono raccolte opere che, impiegando lo stesso materiale, dal piombo al ferro, dal vetro all’alluminio, ne articolano le potenzialità e le contraddizioni.
Mattiacci è da sempre interessato agli eventi astronomici, allo sguardo dell’uomo verso il cielo. Continuamente in dialogo con le forze celesti, una delle sale è dedicata ai suoi Capta spazio, 2002, mentre il tema del cosmo e della sua esplorazione rimbalza da una sala all’altra.
Il visitatore viene però accolto con un’opera del 1970: Sentire il rumore del mare. Composta da una fotografia scattata da Claudio Abate sulla spiaggia di Ostia, l’opera è completata con un cavo che dalla fotografia arriva ad una cuffia dove si trovano due conchiglie. L’invito a sentire dentro le cuffie-conchiglie il rumore del mare, oltre ad essere un omaggio rivolto alla città della Spezia, porta all’interno dell’esperienza dell’arte i ricordi infantili e la fede senza riserve nella propria sensibilità e capacità di captare energie estranee alla razionalità del quotidiano.
Un percorso che rende omaggio ad uno scultore che con determinazione, sincerità, energia ha costruito un corpus di opere vasto e significativo, dove equilibri precari mettono in evidenza, nella scultura, il margine di insicurezza e il pericolo di rottura.