MATTEO GUARNACCIA
GUERNICA BLUES
Una storia irriverente delle arti contemporanee
Shake, 27/6/2012
collana "Underground"
Un libro di storia dell’arte inusuale, scritto con ironia e irriverenza da una delle penne più felici della nuova critica. Per Guarnaccia un saggio di storia dell’arte non è una cerimonia solenne, una fiera di buone maniere e cravatte in tinta, un pranzo di gaIa” - come direbbe il Grande Timoniere - ma una festa incasinata, con un dancefloor troppo affollato, i soliti imbucati, bevande a go-go. appetizer sospetti sui vassoi, musica troppo alta, le risse, i furti - e il solito vicino che, prima o poi, chiamerà la polizia. La lista degli invitati, arbitraria come si deve, comprende un’ampia declinazione di personaggi che possono rientrare nell’ambigua categoria degli “artisti”. Nomi più o meno raccomandabili, messi insieme per la curiosità di vedere come sgomitano e flirtano tra loro. Una compagnia di lunatici, eroi, mascalzoni, furbi, santi e buffoni che, proponendosi di decodificare il mistero della quotidianità, ha offerto al mondo una stravagante molteplicità di visioni. Una banda ibrida e asimmetrica che ha reso la nostra vita più interessante, le nostre percezioni più acute, la nostra diffidenza verso la realtà condivisa più incorreggibile. Scritto tenendo bene a mente la presenza/funzione di Wikipedia, il libro declina le storie di artisti, diversi per formazione e sensibilità - da Basquiat a Disney, da Savinio a Jimi Hendrix, da Picasso a Crumb, da Yoko Ono a Giacometti - privilegiandone la ricerca esistenziale e la temperatura vitale più che l’aspetto nozionistico, l’elenco della loro produzione e il valore mercantile.
GUERNICA BLUES
Una storia irriverente delle arti contemporanee
Shake, 27/6/2012
collana "Underground"
Un libro di storia dell’arte inusuale, scritto con ironia e irriverenza da una delle penne più felici della nuova critica. Per Guarnaccia un saggio di storia dell’arte non è una cerimonia solenne, una fiera di buone maniere e cravatte in tinta, un pranzo di gaIa” - come direbbe il Grande Timoniere - ma una festa incasinata, con un dancefloor troppo affollato, i soliti imbucati, bevande a go-go. appetizer sospetti sui vassoi, musica troppo alta, le risse, i furti - e il solito vicino che, prima o poi, chiamerà la polizia. La lista degli invitati, arbitraria come si deve, comprende un’ampia declinazione di personaggi che possono rientrare nell’ambigua categoria degli “artisti”. Nomi più o meno raccomandabili, messi insieme per la curiosità di vedere come sgomitano e flirtano tra loro. Una compagnia di lunatici, eroi, mascalzoni, furbi, santi e buffoni che, proponendosi di decodificare il mistero della quotidianità, ha offerto al mondo una stravagante molteplicità di visioni. Una banda ibrida e asimmetrica che ha reso la nostra vita più interessante, le nostre percezioni più acute, la nostra diffidenza verso la realtà condivisa più incorreggibile. Scritto tenendo bene a mente la presenza/funzione di Wikipedia, il libro declina le storie di artisti, diversi per formazione e sensibilità - da Basquiat a Disney, da Savinio a Jimi Hendrix, da Picasso a Crumb, da Yoko Ono a Giacometti - privilegiandone la ricerca esistenziale e la temperatura vitale più che l’aspetto nozionistico, l’elenco della loro produzione e il valore mercantile.