CEZANNE E GLI ARTISTI ITALIANI DEL
'900
a cura di Maria Teresa Benedetti
Complesso del Vittoriano
via di San Pietro in Carcere - Roma
dal 5 ottobre al 2 febbraio 2014
Dal 5 ottobre al 2 febbraio 2014 il Complesso del Vittoriano presenta la grande mostra “Cézanne e gli artisti italiani del ’900”.
L’esposizione permette di rileggere diversi aspetti dell’attività dei protagonisti del ‘900 italiano: gli anni della formazione di Morandi, la conclusione dell’esperienza futurista di Boccioni, l’intensità emotiva di Carrà, la precisa attenzione per la costruzione delle nature morte in De Pisis, lo spazio volumetrico di Sironi, lo straordinario lavoro figurativo di Capogrossi, la ricerca di una drammatica verità di Pirandello. Gli artisti italiani partono dal segno di Paul Cézanne, tradizionalmente definito “padre dell’arte moderna”, che penetra nel nostro paese dai primi anni del secolo scorso, sia nutrendo la creatività dei protagonisti, sia esercitando un’influenza a livello diffuso, attiva a lungo.
Da quando Ardengo Soffici, attraente figura di artista, critico e polemista, di ritorno da Parigi nel 1907, trascrive le emozioni trasmessegli dalla pittura di Cézanne nell’articolo da lui pubblicato nel 1908 sulla rivista senese “Vita d’Arte”, l’artista francese diviene termine di confronto per quanti, fra gli artisti, intendono indagare le istanze più innovative della cultura europea, mentre l’inquieta complessità del suo percorso desta grande attrazione. Egli è ritenuto esemplare per la corrusca originalità della produzione giovanile, per la particolare partecipazione all’esperienza impressionista, per la consistenza plastica e volumetrica della produzione matura, oltre che per la sorprendente liberazione del colore verso allusività simboliche, quando, nella estrema maturità, la nozione del reale si mescola a una drammatica ansia di eterno.
L’esposizione, che raccoglie 100 opere (Cézanne, Morandi, Carrà, Boccioni, Severini, Sironi, Capogrossi e numerosi altri), vanta la collaborazione e il supporto di numerosi musei di grande prestigio: The State Hermitage Museum, San Pietroburgo; Musée d’Orsay, Parigi; Fondazione Collezione E.G. Bührle, Zurigo; Museo di Arte di São Paulo Assis Chateaubriand, San Paolo del Brasile; Musée Granet, Aix-en-Provence; National Gallery of Victoria, Melbourne; The Art Gallery of Ontario, Toronto; Szepmuveszeti Muzeum, Budapest; Virginia Museum of Fine Arts, Richmond; Museo Morandi, Bologna; MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto; Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale; Galleria Nazionale d'arte moderna e contemporanea, Roma; Museo del Novecento, Milano; Musei Vaticani, Città del Vaticano; GAM - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, Torino; Galleria d’Arte Moderna, Milano; Museo d'arte moderna e contemporanea “Filippo de Pisis”, Ferrara.
La mostra inizia documentando la circolazione dell’opera di Paul Cézanne nel nostro paese; si registrano presenze sporadiche in varie esposizioni, dalla “Prima mostra di impressionismo francese” a Firenze del 1910 curata da Ardengo Soffici alla rassegna a lui dedicata nel padiglione francese nella Biennale veneziana del 1920, con 28 dipinti provenienti quasi esclusivamente dalle collezioni fiorentine Fabbri e Loeser, poi disperse negli anni Venti.
Fin dall’inizio del secondo decennio letterati, critici e artisti si occupano di Cézanne sulle pagine de “La Voce”, rivista nei cui quaderni escono tavole di sue opere. Ardengo Soffici intende lo spirito di geometria e la sintesi formale cézanniana come preziose specificità e Roberto Longhi, nel 1914, definisce Cézanne “il più grande artista dell’era moderna, il cui testamento pittorico potrebbe essere quello di Piero dei Franceschi”. L’artista è avvertito da un lato come un innovatore, padre del cubismo e dell’arte pura, dall’altro come un classico, vicino ai grandi esempi della nostra tradizione.
Il primo, quindi, ad avere divulgato l’opera dell’artista è Ardengo Soffici, ma un rapporto palpabile con l’artista francese si può individuare nella maggior parte degli alfieri della nostra avanguardia, da Umberto Boccioni a Carlo Carrà, da Giorgio Morandi a Gino Severini fino ad arrivare agli artisti astratti.
Nel 1916 il linguaggio di Cézanne diviene per Umberto Boccioni, al quale probabilmente l’artista francese era già noto fin dagli anni simbolisti e futuristi, argine alle stanchezze dell’esperienza rivoluzionaria, soluzione palingenetica di fronte alle delusioni private e civili.
Anche le prime esperienze del giovane Giorgio Morandi sono calate nel vivo di un sorprendente dialogo con l’artista francese, eletto fin dal 1911 a suo maestro, come documentano paesaggi e figure a lui direttamente ispirati.
Quanto a Carlo Carrà, conclusa l’avventura metafisica, l’avere eletto Cézanne, insieme a Giotto, ispiratore della nuova direzione della sua arte, sfocia nella realizzazione dei paesaggi degli anni Venti, spogli e memorabili per intensità emotiva e adesione profonda al dato naturale. Legati inoltre all’artista francese sia per la volontà volumetrica e plastica che per la profonda poesia.
Gino Severini, raffinato e diretto protagonista della cultura francese a lui contemporanea, riprende nella distribuzione compositiva e negli atteggiamenti delle figure le opere cézanniane. E ciò anche se critica il metodo di lavoro dell’artista di Aix-en-Provence, basato sull’analisi della “sensazione”, elemento ritenuto da lui di marca impressionista.
Anche il giovane Filippo De Pisis ha un inizio cézanniano in nature morte che manifestano una precisa attenzione per la “costruzione” del dipinto, la definizione recisa dei blocchi compositivi. Poi, come è noto, prenderà strade più direttamente legate al suo temperamento.
L’opera di Mario Sironi è vicina, da un lato, ai caratteri corruschi dell’opera giovanile di Cézanne, dall’altro ricorda, nelle solenni figure degli anni Venti, di ispirazione classico-rinascimentale, l’intensa acquisizione di uno spazio volumetrico e mentale, tipico in particolare di alcuni ritratti del pittore francese, eseguiti a partire dalla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento.
Felice Carena si confronta con la pittura francese fin dal 1913, quando inizia a organizzare le mostre della Secessione, e Cézanne non tarda a comparire fra i suoi punti di riferimento nelle nature morte e nei nudi femminili, pure declinati con la presenza di una costante componente di “venezianità”.
Felice Casorati è invece profondamente interessato allo sguardo oggettivo e reificante dell’artista francese, da lui accentuato in senso fortemente metafisico.
Come non associare a Cézanne i volti scanditi in forme volumetriche, cubisteggianti di Roberto Melli? O trascurare l’influsso del maestro francese nei paesaggi e nelle figure della prima stagione di Franco Gentilini, nella produzione di Corrado Cagli intorno agli anni Trenta e in quella di Giuseppe Capogrossi quando è ancora legato a un linguaggio figurativo?
Analogamente in alcuni dei protagonisti della “Scuola romana”, da Francesco Trombadori ad Antonio Donghi e Riccardo Francalancia, aleggia ancora il gusto volumetrico di Cézanne, la capacità di rendere oggetti e paesaggi con la saldezza del suo colore, la sua inconfondibile energia plastica.
Nel secondo dopoguerra, in particolare per il magistero di Lionello Venturi e per l’attenzione verso il linguaggio ellittico dell’ultimo Cézanne, si possono avvicinare a lui artisti che affrontano anche stilemi astratti o “astratto-concreti”, come Fausto Pirandello, che dipinge mele e bagnanti di stampo cézanniano fin dagli anni della sua giovinezza, e sarà sempre connotato dall’adesione agli aspetti più impervi dell’arte di Cézanne, disposto, come il maestro, a sacrificare l’idea di una bellezza convenzionale all’individuazione di una drammatica verità.
La mostra ci consente di indagare quanto l’esempio cézanniano, mescolato ad altre suggestioni e complicato dall’attrazione per Picasso e il cubismo, sia stato fruttuoso per gli artisti italiani, come siano stati capaci di trasformarlo in connotazioni originali, riflesso del vigore delle singole personalità, oltre che specchio di specifici aspetti della nostra storia culturale.
Catalogo Skira a cura di Maria Teresa Benedetti , Alain Tapié
Immagine: Fausto Pirandello, Bagnanti nella rifrazione, 1960, olio su tela, cm 97x135, Collezione privata
a cura di Maria Teresa Benedetti
Complesso del Vittoriano
via di San Pietro in Carcere - Roma
dal 5 ottobre al 2 febbraio 2014
Dal 5 ottobre al 2 febbraio 2014 il Complesso del Vittoriano presenta la grande mostra “Cézanne e gli artisti italiani del ’900”.
L’esposizione permette di rileggere diversi aspetti dell’attività dei protagonisti del ‘900 italiano: gli anni della formazione di Morandi, la conclusione dell’esperienza futurista di Boccioni, l’intensità emotiva di Carrà, la precisa attenzione per la costruzione delle nature morte in De Pisis, lo spazio volumetrico di Sironi, lo straordinario lavoro figurativo di Capogrossi, la ricerca di una drammatica verità di Pirandello. Gli artisti italiani partono dal segno di Paul Cézanne, tradizionalmente definito “padre dell’arte moderna”, che penetra nel nostro paese dai primi anni del secolo scorso, sia nutrendo la creatività dei protagonisti, sia esercitando un’influenza a livello diffuso, attiva a lungo.
Da quando Ardengo Soffici, attraente figura di artista, critico e polemista, di ritorno da Parigi nel 1907, trascrive le emozioni trasmessegli dalla pittura di Cézanne nell’articolo da lui pubblicato nel 1908 sulla rivista senese “Vita d’Arte”, l’artista francese diviene termine di confronto per quanti, fra gli artisti, intendono indagare le istanze più innovative della cultura europea, mentre l’inquieta complessità del suo percorso desta grande attrazione. Egli è ritenuto esemplare per la corrusca originalità della produzione giovanile, per la particolare partecipazione all’esperienza impressionista, per la consistenza plastica e volumetrica della produzione matura, oltre che per la sorprendente liberazione del colore verso allusività simboliche, quando, nella estrema maturità, la nozione del reale si mescola a una drammatica ansia di eterno.
L’esposizione, che raccoglie 100 opere (Cézanne, Morandi, Carrà, Boccioni, Severini, Sironi, Capogrossi e numerosi altri), vanta la collaborazione e il supporto di numerosi musei di grande prestigio: The State Hermitage Museum, San Pietroburgo; Musée d’Orsay, Parigi; Fondazione Collezione E.G. Bührle, Zurigo; Museo di Arte di São Paulo Assis Chateaubriand, San Paolo del Brasile; Musée Granet, Aix-en-Provence; National Gallery of Victoria, Melbourne; The Art Gallery of Ontario, Toronto; Szepmuveszeti Muzeum, Budapest; Virginia Museum of Fine Arts, Richmond; Museo Morandi, Bologna; MART, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto; Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale; Galleria Nazionale d'arte moderna e contemporanea, Roma; Museo del Novecento, Milano; Musei Vaticani, Città del Vaticano; GAM - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, Torino; Galleria d’Arte Moderna, Milano; Museo d'arte moderna e contemporanea “Filippo de Pisis”, Ferrara.
La mostra inizia documentando la circolazione dell’opera di Paul Cézanne nel nostro paese; si registrano presenze sporadiche in varie esposizioni, dalla “Prima mostra di impressionismo francese” a Firenze del 1910 curata da Ardengo Soffici alla rassegna a lui dedicata nel padiglione francese nella Biennale veneziana del 1920, con 28 dipinti provenienti quasi esclusivamente dalle collezioni fiorentine Fabbri e Loeser, poi disperse negli anni Venti.
Fin dall’inizio del secondo decennio letterati, critici e artisti si occupano di Cézanne sulle pagine de “La Voce”, rivista nei cui quaderni escono tavole di sue opere. Ardengo Soffici intende lo spirito di geometria e la sintesi formale cézanniana come preziose specificità e Roberto Longhi, nel 1914, definisce Cézanne “il più grande artista dell’era moderna, il cui testamento pittorico potrebbe essere quello di Piero dei Franceschi”. L’artista è avvertito da un lato come un innovatore, padre del cubismo e dell’arte pura, dall’altro come un classico, vicino ai grandi esempi della nostra tradizione.
Il primo, quindi, ad avere divulgato l’opera dell’artista è Ardengo Soffici, ma un rapporto palpabile con l’artista francese si può individuare nella maggior parte degli alfieri della nostra avanguardia, da Umberto Boccioni a Carlo Carrà, da Giorgio Morandi a Gino Severini fino ad arrivare agli artisti astratti.
Nel 1916 il linguaggio di Cézanne diviene per Umberto Boccioni, al quale probabilmente l’artista francese era già noto fin dagli anni simbolisti e futuristi, argine alle stanchezze dell’esperienza rivoluzionaria, soluzione palingenetica di fronte alle delusioni private e civili.
Anche le prime esperienze del giovane Giorgio Morandi sono calate nel vivo di un sorprendente dialogo con l’artista francese, eletto fin dal 1911 a suo maestro, come documentano paesaggi e figure a lui direttamente ispirati.
Quanto a Carlo Carrà, conclusa l’avventura metafisica, l’avere eletto Cézanne, insieme a Giotto, ispiratore della nuova direzione della sua arte, sfocia nella realizzazione dei paesaggi degli anni Venti, spogli e memorabili per intensità emotiva e adesione profonda al dato naturale. Legati inoltre all’artista francese sia per la volontà volumetrica e plastica che per la profonda poesia.
Gino Severini, raffinato e diretto protagonista della cultura francese a lui contemporanea, riprende nella distribuzione compositiva e negli atteggiamenti delle figure le opere cézanniane. E ciò anche se critica il metodo di lavoro dell’artista di Aix-en-Provence, basato sull’analisi della “sensazione”, elemento ritenuto da lui di marca impressionista.
Anche il giovane Filippo De Pisis ha un inizio cézanniano in nature morte che manifestano una precisa attenzione per la “costruzione” del dipinto, la definizione recisa dei blocchi compositivi. Poi, come è noto, prenderà strade più direttamente legate al suo temperamento.
L’opera di Mario Sironi è vicina, da un lato, ai caratteri corruschi dell’opera giovanile di Cézanne, dall’altro ricorda, nelle solenni figure degli anni Venti, di ispirazione classico-rinascimentale, l’intensa acquisizione di uno spazio volumetrico e mentale, tipico in particolare di alcuni ritratti del pittore francese, eseguiti a partire dalla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento.
Felice Carena si confronta con la pittura francese fin dal 1913, quando inizia a organizzare le mostre della Secessione, e Cézanne non tarda a comparire fra i suoi punti di riferimento nelle nature morte e nei nudi femminili, pure declinati con la presenza di una costante componente di “venezianità”.
Felice Casorati è invece profondamente interessato allo sguardo oggettivo e reificante dell’artista francese, da lui accentuato in senso fortemente metafisico.
Come non associare a Cézanne i volti scanditi in forme volumetriche, cubisteggianti di Roberto Melli? O trascurare l’influsso del maestro francese nei paesaggi e nelle figure della prima stagione di Franco Gentilini, nella produzione di Corrado Cagli intorno agli anni Trenta e in quella di Giuseppe Capogrossi quando è ancora legato a un linguaggio figurativo?
Analogamente in alcuni dei protagonisti della “Scuola romana”, da Francesco Trombadori ad Antonio Donghi e Riccardo Francalancia, aleggia ancora il gusto volumetrico di Cézanne, la capacità di rendere oggetti e paesaggi con la saldezza del suo colore, la sua inconfondibile energia plastica.
Nel secondo dopoguerra, in particolare per il magistero di Lionello Venturi e per l’attenzione verso il linguaggio ellittico dell’ultimo Cézanne, si possono avvicinare a lui artisti che affrontano anche stilemi astratti o “astratto-concreti”, come Fausto Pirandello, che dipinge mele e bagnanti di stampo cézanniano fin dagli anni della sua giovinezza, e sarà sempre connotato dall’adesione agli aspetti più impervi dell’arte di Cézanne, disposto, come il maestro, a sacrificare l’idea di una bellezza convenzionale all’individuazione di una drammatica verità.
La mostra ci consente di indagare quanto l’esempio cézanniano, mescolato ad altre suggestioni e complicato dall’attrazione per Picasso e il cubismo, sia stato fruttuoso per gli artisti italiani, come siano stati capaci di trasformarlo in connotazioni originali, riflesso del vigore delle singole personalità, oltre che specchio di specifici aspetti della nostra storia culturale.
Catalogo Skira a cura di Maria Teresa Benedetti , Alain Tapié
Immagine: Fausto Pirandello, Bagnanti nella rifrazione, 1960, olio su tela, cm 97x135, Collezione privata