GIORGIO LEVI
ZAPPING
a cura di Miriam Cristaldi
Galleria Artré
piazza delle Vigne - Genova
dal 7/12/2011 all'1/2/2012
Oggi, nel frastuono dei rumori, in un mondo in rapida globalizzazione ? incapsulato da straordinarie tecnologie fino a poco tempo fa inimmaginabili ? in cui mancano indicatori stabili e dove la realtà è volentieri eterogenea, volatile e mutevolissima, si assiste alla presenza di una cultura “ibridata” (comporre, scomporre e ricomporre nuove realtà affrancandosi dalla tradizione) che si dirige verso ricerche d’identità “costantemente strattonate in direzioni antitetiche… costringendoci… a procedere tra forze contrapposte” oscillando ossessivamente “…tra i poli dell’individualità senza compromessi e dell’appartenenza totale... allo stato societario (Zygmunt Bauman).
La prima condizione resta irraggiungibile, la seconda offre l’occasione di essere facilmente risucchiati da qualsiasi cosa passi vicino.
Per sostenere la propria originalità in questo pianeta (dove sovente le gioie dei consumi si alternano agli orrori dei rifiuti), occorre un incessante sforzo titanico per sopperire a conflittuali bisogni di libertà e a istintive necessità di sicurezze; allo stesso tempo si è costretti a tenere costantemente d’occhio possibilità e opzioni rigeneranti di qualsiasi tipo e qualità strategica. Dalla culla alla bara.
Un po’ come l’uomo in bicicletta che per stare in equilibrio deve eternamente pedalare, pena la caduta.
In tale contesto nasce il lavoro pittorico dell'artista-medico Giorgio Levi, che ad uno sguardo fenomenico (e amoroso) del reale microscopico-naturale (sovente riferibile alla cellula e ai suoi sottoinsiemi) sa coniugare una visione camaleontica ad ampio spettro capace di shakerare capacità tecniche le più eterogenee possibili, sia che esse appartengano alla tradizione pittorica (per elaborarne il lutto) che alla complessità del fare contemporaneo dando corpo ad un’ironica, ibridata, pungente espressività.
Il progetto dell'artista? Testimoniare la fragrante fisicità del reale colta nel feroce risucchio di vorticosi e folli eventi, un mondo sull'orlo del collasso tradotto in pittura da sconquassi cromo-materici capaci di agglutinare o parcellizzare lacerti fisiologici che si aggregano, impazziti e in modo dismogeneo in spazialità multiple additando, attraverso filtri immaginativi, mortali pericoli e fascinose chimere, umbratili dolori e vistose delizie. La superficie pittorica sembra creparsi per lasciar fluire energetici flussi sotterranei.
Prendono così forma dinamici frammenti d'energia destinati a riprodursi in grumose e ossessive clonazioni o a sprofondare nei gorghi dei vuoti.
Disorientamento e controllo sono gli assi estetici sui quali cresce l'operato dell'artista: contrapposizioni in continua oscillazione tra l'essere e il non essere (titolo di un dipinto del 2010), che ...possono sintetizzare una buona parte della mia espressione pittorica, dove dal subconscio sembra affiorare l'ansia per un presente e un futuro che ci appaiono del tutto incerti..., precisa Levi in uno scritto.
Processualmente, sul piano esecutivo, reggono esperienze accidentali di tipo bipolare: da un lato si germinano capacità riproduttive con annesse fantasiose creatività, azioni clonanti, metamorfosi spinte, eccitazioni cromatiche; dall’altro, freni, blocchi, impedimenti, sbarrano slanci vitali trascinando sul campo allungate ombre mortifere.
Sull'altare dell'esistenza vita e morte si scambiano continuamente i ruoli: quando le forme corrono libere sulla superficie pittorica s’installano meccanismi automatici d'accerchiamento che le strozza; dove il colore accende carnalità materiche altrove, il nero e colori acidi, combustioni e cancellazioni, tramano il loro agire distruttivo; o ancora, quando agglomerati pittorico-metamorfici brulicano in una sorta di caos quantico” (trapassato da esplosioni gioiose sciolte in sfarfallii floreali), altre spazialità affondano nell'abisso per fornire alla percezione incontrollate vertigini che attirano la materia in ansiogeni e calamitici “buchi neri”;
Qui, Giorgio Levi non solo si affida a dinamismi di masse, a linee ritmiche concentriche capaci di creare evoluzioni articolate, ma ricerca azioni ed eventi simultanei per tradurre immagini astratte di forte impatto visivo, di suadente musicalità pittorica mediante naturalità di gesti e fluidità d'intenti atti a favorire scambi d'intime emozioni tra autore e fruitore.
Allo stesso tempo si sofferma con spirito critico-scientifico sulla complessità di strutture micro-molecolari così da creare masse organiche simili alla liquidità di vie lattee punteggiate da infiniti corpi celesti sovente concatenantesi in oppressivi horror vacui.
Ciò, dovuto a un fortissimo pullulare di forme biologiche (e non) collegate tra loro da interscambi, intersezioni, oppure avulse e arroccate in bozzoli cromatici di forte pregnanza, idonei a svelarne la quintessenza.
ZAPPING
a cura di Miriam Cristaldi
Galleria Artré
piazza delle Vigne - Genova
dal 7/12/2011 all'1/2/2012
Oggi, nel frastuono dei rumori, in un mondo in rapida globalizzazione ? incapsulato da straordinarie tecnologie fino a poco tempo fa inimmaginabili ? in cui mancano indicatori stabili e dove la realtà è volentieri eterogenea, volatile e mutevolissima, si assiste alla presenza di una cultura “ibridata” (comporre, scomporre e ricomporre nuove realtà affrancandosi dalla tradizione) che si dirige verso ricerche d’identità “costantemente strattonate in direzioni antitetiche… costringendoci… a procedere tra forze contrapposte” oscillando ossessivamente “…tra i poli dell’individualità senza compromessi e dell’appartenenza totale... allo stato societario (Zygmunt Bauman).
La prima condizione resta irraggiungibile, la seconda offre l’occasione di essere facilmente risucchiati da qualsiasi cosa passi vicino.
Per sostenere la propria originalità in questo pianeta (dove sovente le gioie dei consumi si alternano agli orrori dei rifiuti), occorre un incessante sforzo titanico per sopperire a conflittuali bisogni di libertà e a istintive necessità di sicurezze; allo stesso tempo si è costretti a tenere costantemente d’occhio possibilità e opzioni rigeneranti di qualsiasi tipo e qualità strategica. Dalla culla alla bara.
Un po’ come l’uomo in bicicletta che per stare in equilibrio deve eternamente pedalare, pena la caduta.
In tale contesto nasce il lavoro pittorico dell'artista-medico Giorgio Levi, che ad uno sguardo fenomenico (e amoroso) del reale microscopico-naturale (sovente riferibile alla cellula e ai suoi sottoinsiemi) sa coniugare una visione camaleontica ad ampio spettro capace di shakerare capacità tecniche le più eterogenee possibili, sia che esse appartengano alla tradizione pittorica (per elaborarne il lutto) che alla complessità del fare contemporaneo dando corpo ad un’ironica, ibridata, pungente espressività.
Il progetto dell'artista? Testimoniare la fragrante fisicità del reale colta nel feroce risucchio di vorticosi e folli eventi, un mondo sull'orlo del collasso tradotto in pittura da sconquassi cromo-materici capaci di agglutinare o parcellizzare lacerti fisiologici che si aggregano, impazziti e in modo dismogeneo in spazialità multiple additando, attraverso filtri immaginativi, mortali pericoli e fascinose chimere, umbratili dolori e vistose delizie. La superficie pittorica sembra creparsi per lasciar fluire energetici flussi sotterranei.
Prendono così forma dinamici frammenti d'energia destinati a riprodursi in grumose e ossessive clonazioni o a sprofondare nei gorghi dei vuoti.
Disorientamento e controllo sono gli assi estetici sui quali cresce l'operato dell'artista: contrapposizioni in continua oscillazione tra l'essere e il non essere (titolo di un dipinto del 2010), che ...possono sintetizzare una buona parte della mia espressione pittorica, dove dal subconscio sembra affiorare l'ansia per un presente e un futuro che ci appaiono del tutto incerti..., precisa Levi in uno scritto.
Processualmente, sul piano esecutivo, reggono esperienze accidentali di tipo bipolare: da un lato si germinano capacità riproduttive con annesse fantasiose creatività, azioni clonanti, metamorfosi spinte, eccitazioni cromatiche; dall’altro, freni, blocchi, impedimenti, sbarrano slanci vitali trascinando sul campo allungate ombre mortifere.
Sull'altare dell'esistenza vita e morte si scambiano continuamente i ruoli: quando le forme corrono libere sulla superficie pittorica s’installano meccanismi automatici d'accerchiamento che le strozza; dove il colore accende carnalità materiche altrove, il nero e colori acidi, combustioni e cancellazioni, tramano il loro agire distruttivo; o ancora, quando agglomerati pittorico-metamorfici brulicano in una sorta di caos quantico” (trapassato da esplosioni gioiose sciolte in sfarfallii floreali), altre spazialità affondano nell'abisso per fornire alla percezione incontrollate vertigini che attirano la materia in ansiogeni e calamitici “buchi neri”;
Qui, Giorgio Levi non solo si affida a dinamismi di masse, a linee ritmiche concentriche capaci di creare evoluzioni articolate, ma ricerca azioni ed eventi simultanei per tradurre immagini astratte di forte impatto visivo, di suadente musicalità pittorica mediante naturalità di gesti e fluidità d'intenti atti a favorire scambi d'intime emozioni tra autore e fruitore.
Allo stesso tempo si sofferma con spirito critico-scientifico sulla complessità di strutture micro-molecolari così da creare masse organiche simili alla liquidità di vie lattee punteggiate da infiniti corpi celesti sovente concatenantesi in oppressivi horror vacui.
Ciò, dovuto a un fortissimo pullulare di forme biologiche (e non) collegate tra loro da interscambi, intersezioni, oppure avulse e arroccate in bozzoli cromatici di forte pregnanza, idonei a svelarne la quintessenza.