lunedì 26 dicembre 2011

BALLA / AMBRON - RACCOLTA LERCARO, BOLOGNA


BALLA / AMBRON
Gli anni Venti fra Roma e Cotorniano
Raccolta Lercaro
Via Riva di Reno 55 - Bologna
dal 16/12/2011 al 18/3/2012

La mostra Balla / Ambron. Gli anni Venti tra Roma e Cotorniano, a cura di Andrea Dall’Asta S.I., Filippo Bacci di Capaci ed Elena Gigli, racconta la storia di un’amicizia tra la famiglia di Giacomo Balla (1871-1958) e quella di Emilio Ambron (1905-1996). Balla, protagonista della prima stagione futurista, conosce Amelia Almagià Ambron (1877-post 1937), madre di Emilio, negli anni successivi alla Prima guerra mondiale. A partire da quel momento ha inizio un rapporto che condurrà l'artista a soggiornare più volte nella tenuta degli Ambron a Cotorniano, nella campagna senese e, dal 1926 al 1929, a trovare ospitalità insieme alla propria famiglia a Villa Ambron ai Parioli (Roma). Le numerose cartoline e lettere inviate dall’artista, dalla moglie Elisa e dalle figlie Luce ed Elica - datate tra il 1919 e la metà degli anni Cinquanta e studiate ora da Elena Gigli - documentano l’intenso legame intercorso tra le due famiglie. Durante gli anni Venti, infatti, la residenza di Cotorniano diventa un fervente cenacolo culturale. Amelia, allieva di Antonio Mancini (1852-1930), pittore romano di ambito verista, è il punto di riferimento di una viva fucina di idee a cui partecipano i tre figli - Emilio, Nora e Gilda - e numerosi artisti tra i quali, oltre a Mancini e a Balla, anche Giovanni Colacicchi (1900-1992) e Mario Tozzi (1895-1979).
L'esposizione si apre con il Ritratto di Giacomo Balla realizzato da Emilio Ambron.
Prosegue con la sezione dedicata al grande artista, che comprende uno straordinario nucleo di lettere e cartoline, quest'ultime realizzate per lo più ad acquarelli, tempere, chine e pastelli su carta e cartoncino: splendido esempio - diremmo oggi – di mail art, giunte alla Raccolta Lercaro grazie alla donazione già disposta in vita da parte di Emilio e perfezionata nel 1997, dopo la sua morte, dalla moglie Carla.
Si tratta di vere e proprie opere di piccole dimensioni che accolgono veloci e divertenti messaggi scritti con grafia futurista, «parolibere» oscillanti tra poesia spontanea e brevi comunicazioni.
Accanto a questi materiali sono presentate altre opere del grande pittore, sempre appartenenti alla Raccolta Lercaro: un ritratto a tecnica mista di Gilda, due scorci a olio della campagna toscana e quattro disegni raffiguranti paesaggi, a testimonianza di quel ritorno alla figurazione che, dalla fine degli anni Venti, lo porta alla creazione di immagini legate ad affetti.
La mostra continua con un nucleo di opere di Emilio Ambron, uno tra i più interessanti artisti eredi dell'Orientalismo nel XX secolo, studiate da Filippo Bacci di Capaci.
Viaggiatore inquieto tra Europa, Africa e Asia, nel Secondo dopoguerra si fa portavoce del ritorno alla classicità e alla figura, soprattutto femminile.
Documentano la sua attività artistica una serie di dipinti, carboncini e sculture, che si collocano tra gli anni Venti e Trenta del Novecento.
Accanto alle opere di Emilio sono presenti anche lavori di Amelia, interessanti per comprendere il clima culturale dell’epoca tra le due guerre.
Tra gli artisti amici della famiglia sono documentati Mario Tozzi, che figura con due oli degli anni Quaranta, e Giovanni Colacicchi, del quale ricordiamo il Ritratto di Carla Ambron.
Nell'esposizione è infine presente il Ritratto di Umberto Boccioni, realizzato nel 1910 da Aroldo Bonzagni (1887-1918), giovane artista che segue i primi passi del movimento futurista. Pur non rientrando nella Donazione Ambron, ben si colloca, infatti, nel clima culturale che vede la nascita di questa avanguardia.