lunedì 30 settembre 2013

LUCA VITONE: NON SI È MAI SOLI - GALLERIA MILANO, MILANO


LUCA VITONE
NON SI È MAI SOLI
Galleria Milano
via Manin 13 (via Turati 14) - Milano
dall'1/10/2013 al 23/11/2013

La Galleria Milano presenta Non siamo mai soli, mostra personale di Luca Vitone, dedicata ad una serie di lavori pensati e realizzati nell’estate del 1994. Sette oggetti sono accompagnati da disegni a matita nera raffiguranti la planimetria degli appartamenti in cui erano collocati, con evidenziato in rosso il luogo del prelievo. Si tratta di cose e luoghi della memoria dell’artista: oggetti ricevuti in dono o in eredità, case dove ha vissuto, dove è cresciuto. Tra gli altri, un piccolo tavolo rosso e la sua seggiolina, affiancato dalla piantina di un’abitazione, con l’indicazione “Via delle Ginestre 24/14”: un mobile da bambini, dunque, situato inizialmente nella sua casa genovese e che poi lo accompagnerà nei suoi traslochi, assumendo via via funzioni diverse. «Gli oggetti industriali sono cose che si candidano all’universalità come creando una lingua franca», afferma Franco La Cecla (F. La Cecla, L. Vitone, Non è cosa. Vita affettiva degli oggetti – Non siamo mai soli. Oggetti e disegni, Elèuthera, Milano 1998, p. 39); l’operazione di Vitone è volta a sottrarli a questa neutralità. Non sono più oggetti impersonali, ma vengono investiti da un surplus di significazione: da semplici merci, definite dai loro valori d’uso e di scambio, divengono feticci, «perché si proietta su di essi una socialità o una intimità che non compete loro» (F. La Cecla, Non è cosa, cit., p. 45). Avviene dunque uno slittamento: dalla pura evidenza materiale, all’invisibile indagine dell’esistente compiuta dal soggetto.
Le mappe fungono da ponte tra la sfera privata e quella collettiva; nell’interazione tra le cose e le planimetrie, viene data a noi spettatori la chiave d’accesso ai ricordi dell’artista. Il tavolo non sarà più solo un tavolo, ma quel tavolo: nell’epoca della riproducibilità tecnica, l’aura viene ritrovata nell’irripetibilità. Gli oggetti parlano, raccontano, e non sono ciò che banalmente sembrano ad un primo sguardo: così anche i luoghi sono frutto di una ben più profonda complessità. «Abbiamo bisogno di re-imparare a pensare lo spazio», afferma Marc Augé in Nonluoghi (M. Augé, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 1993, p. 37): negli anni successivi Vitone si dedica alla serie Percorsi privati (1994-1999), costituita da disegni realizzati chiedendo a diverse persone di disegnare a memoria l’itinerario da compiere per raggiungere un determinato luogo. Non vi sono spazi stabili; essi sono, piuttosto, frutto di una costante ricerca che parte dall’uomo e all’uomo sempre ritorna: «disegnare un tragitto è la visualizzazione di un’esperienza.
È un processo di appropriazione che verifica il nostro grado di conoscenza del territorio e di noi stessi» (Vitone, in occasione della mostra Itinerari intimi, 1999: Percorsi privati 1994-1999). Contro la moderna «perdita topologica» (E. De Cecco, Intervista a Luca Vitone, Flash Art, n. 168, 1992, p. 82), ovvero il mancato rapporto con il proprio ambiente che caratterizza l’uomo contemporaneo, il luogo diviene un investimento comune e personale insieme: l’artista, dalla sua posizione comunicativa privilegiata, ha il compito di ristabilire questo legame, facendosi etnografo. D’altra parte, l’interdisciplinarietà è imprescindibile per Vitone: durante il suo percorso si è confrontato con musicologi (Der unbestimmte Ort, 1994), geografi (Il mondo come rappresentazione, 1992), poeti (Memorabilia, 2002), esperti gastronomici (Prêt-à-porter, 2004) e maestri profumieri (55a Biennale di Venezia, Padiglione Italia, 2013). Per quanto riguarda Non siamo mai soli, dalla collaborazione con l’antropologo Franco La Cecla è nato anche un libro a quattro mani, pubblicato per la prima volta nel 1998 (Op. cit.) e che in occasione della mostra alla Galleria Milano vedrà la quarta edizione.

Luca Vitone è attualmente in mostra alla 55a Biennale di Venezia, con un’opera realizzata con la collaborazione del naso Maria Candida Gentile. Dal titolo per l’eternità, è dedicata al dramma dell’inquinamento da amianto (“eternit”), con particolare riferimento alla vicenda di Casale Monferrato. Si tratta di un odore, un’opera esclusivamente olfattiva e invisibile, tuttavia talmente persistente da inondare tutto il Padiglione Italia con la sua impalpabile presenza.