ORAZIO DE FERRARI
LA FAVOLA DI LATONA
Il ritorno di un capolavoro
Palazzo Bianco
via Garibaldi 11 - Genova
22/3/2016 - 8/5/2016
Questa tela di grande impatto scenografico, oltre che dimensionale, è ricordata nel componimento poetico I Raguagli di Cirpo del ligure Luca Assarino, stampato nel 1642.
La descrizione del dipinto obbliga a ritenere che si tratti proprio del nostro quadro: "Una tela ove si vedeva Latona che, oltraggiata nell’acqua da alcuni villani, alzava gli occhi al cielo per domandar vendetta ed essi intanto rimaneano a poco a poco tramutati in rane. Era indicibile vedere con quale stupenda maestria havea la mano operatrice saputo esprimere gli affetti della Dea, e la confusione di quei malnati. Con quale industria in un solo individuo havea moltiplicato l’essenza di due differentissimi animali, e con qual ingegno, inserendo in un collo umano il capo d’una bestia, gli era riuscito il dinudar altrui un piede, e calzarlo colla zampa d’un mostro acquatile".
Sappiamo dunque per certo che l’opera fu eseguita entro il 1642 da Orazio De Ferrari, che la firma, suggerendo così che si trattava di una commissione importante. Ma quando fu dipinta? E per chi?
Il capolavoro, prima di pervenire a Giorgio Baratti, attuale proprietario, è acquistato nel 2005 dagli antiquari madrileni Jorge Coll e Nicolás Cortés presso i discendenti di Rodrigo Díaz de Vivar y Mendoza VII Duca dell’Infantado e pubblicato nel catalogo della mostra Maestros del Barroco Europeo, Madrid, Galleria Coll&Cortés, 2005 con una scheda curata dalla storica dell’arte genovese Elena De Laurentiis.
Le ricerche condotte sulla provenienza da Piero Boccardo, direttore dei Musei di Strada Nuova, permettono ragionevolmente di individuare la tela con quella che nel 1653 si trovava nella collezione del defunto Manuel Alonso de Fonseca Fuentes de Zúñiga Acevedo (ca. 1590-1653), conte di Fuentes e VI conte di Monterrey, nel cui inventario è descritto "un quadro grande de una fabula con una muger, dos ninos y un hombre conbertido en rrana", ovvero una favola con una donna, due bambini e un uomo trasformato in rana, senza un preciso riferimento attributivo, ma con la eccezionale stima di 2.750 reales.
Il conte di Monterrey, era stato ambasciatore straordinario a Roma nel 1621 e nel 1628, e poi Viceré di Napoli dal 1631 al 1637. A Genova soggiorna al momento del suo arrivo in Italia, probabilmente via mare, nel 1621, nuovamente nel 1628 e poi, alla fine della sua residenza a Napoli, nel febbraio 1638.
A lui e a questo anno si devono far risalire le circostanze di esecuzione del capolavoro qui esposto, riapparso dopo secoli nei meandri del collezionismo privato ed eccezionalmente esposto al pubblico nella città in cui fu dipinto.
(Anna Orlando)
LA FAVOLA DI LATONA
Il ritorno di un capolavoro
Palazzo Bianco
via Garibaldi 11 - Genova
22/3/2016 - 8/5/2016
Questa tela di grande impatto scenografico, oltre che dimensionale, è ricordata nel componimento poetico I Raguagli di Cirpo del ligure Luca Assarino, stampato nel 1642.
La descrizione del dipinto obbliga a ritenere che si tratti proprio del nostro quadro: "Una tela ove si vedeva Latona che, oltraggiata nell’acqua da alcuni villani, alzava gli occhi al cielo per domandar vendetta ed essi intanto rimaneano a poco a poco tramutati in rane. Era indicibile vedere con quale stupenda maestria havea la mano operatrice saputo esprimere gli affetti della Dea, e la confusione di quei malnati. Con quale industria in un solo individuo havea moltiplicato l’essenza di due differentissimi animali, e con qual ingegno, inserendo in un collo umano il capo d’una bestia, gli era riuscito il dinudar altrui un piede, e calzarlo colla zampa d’un mostro acquatile".
Sappiamo dunque per certo che l’opera fu eseguita entro il 1642 da Orazio De Ferrari, che la firma, suggerendo così che si trattava di una commissione importante. Ma quando fu dipinta? E per chi?
Il capolavoro, prima di pervenire a Giorgio Baratti, attuale proprietario, è acquistato nel 2005 dagli antiquari madrileni Jorge Coll e Nicolás Cortés presso i discendenti di Rodrigo Díaz de Vivar y Mendoza VII Duca dell’Infantado e pubblicato nel catalogo della mostra Maestros del Barroco Europeo, Madrid, Galleria Coll&Cortés, 2005 con una scheda curata dalla storica dell’arte genovese Elena De Laurentiis.
Le ricerche condotte sulla provenienza da Piero Boccardo, direttore dei Musei di Strada Nuova, permettono ragionevolmente di individuare la tela con quella che nel 1653 si trovava nella collezione del defunto Manuel Alonso de Fonseca Fuentes de Zúñiga Acevedo (ca. 1590-1653), conte di Fuentes e VI conte di Monterrey, nel cui inventario è descritto "un quadro grande de una fabula con una muger, dos ninos y un hombre conbertido en rrana", ovvero una favola con una donna, due bambini e un uomo trasformato in rana, senza un preciso riferimento attributivo, ma con la eccezionale stima di 2.750 reales.
Il conte di Monterrey, era stato ambasciatore straordinario a Roma nel 1621 e nel 1628, e poi Viceré di Napoli dal 1631 al 1637. A Genova soggiorna al momento del suo arrivo in Italia, probabilmente via mare, nel 1621, nuovamente nel 1628 e poi, alla fine della sua residenza a Napoli, nel febbraio 1638.
A lui e a questo anno si devono far risalire le circostanze di esecuzione del capolavoro qui esposto, riapparso dopo secoli nei meandri del collezionismo privato ed eccezionalmente esposto al pubblico nella città in cui fu dipinto.
(Anna Orlando)