ALBERTO GARUTTI
TEMPO PRIMO
a cura di Flaminio Gualdoni
Galleria Monopoli
Via Giovanni Ventura 6 - Milano
16/3/2016 - 7/5/2016
Un tratto importante del corso d’opere di Alberto Garutti è il secondo lustro degli anni ’70, quello che ne vede l’avvio e il tempo primo.
Egli muove, come molti allora, dall’impiego del supporto fotografico, la costante che caratterizza un clima fervido in cui esperienze di tipo totalmente criticistico s’incrociano con voglie di narratività e di esplorazione d’un diverso dire possibile, oltre il codice convenzionale del rappresentare e del far vedere su cui l’idea stessa di fotografia si fonda.
I lavori di Garutti si connotano per un approccio al linguaggio tecnicamente reinventivo, ma soprattutto per la densità emotiva e intellettuale che ne fa, da subito, un caso a parte.
Dal punto di vista delle scelte tecniche, è alla prima evidente che della fotografia in quanto tale poco gli importa. Essa è un territorio di possibili, la cui facoltà è di ospitare uno sguardo e le sue implicazioni radianti.
Già si pone, Garutti, la questione dello spazio come misura essenzialmente esistenziale, tanto più defisicizzata quanto più assorta nel sentirsi dell’autore che avverte se stesso in questo fare antideclaratorio, mormorante: è, questo, il punto di deragliamento e redoublement tra la condizione fisiologica del percepire (la sequenza, la figura architettonica, la continuità/discontinuità con il muro e la sua neutralità apparente…) e l’innesco di una produzione di senso completamente altra, come una deriva voluttuosa e a un tempo mentalmente distillata, sorvegliatissima, nella trama di minime emozioni e grandi ansie d’orizzonte.
Sono, per dire all’antica, “storiette”, dove però non è luogo di racconto ma di condensazione d’una sequenza di stati e d’avvertimenti dell’animo in cui il codice primario del fotografico si fa autre, non vedere ma visione, annettendosi filigrane del pittorico in una condizione fastosamente ambigua, e proprio perciò capace di senso.
È già qui, in nuce, l’annuncio del Garutti che verrà, e che questa stagione d’avvio pienamente manifesta, a un livello di complessità e di maturità del tutto evidente. Le pitture e gli inchiostri del tempo immediatamente successivo, primi anni ’80, ne daranno prova amplissima.
Alberto Garutti nato a Galbiate il 18 maggio 1948, e’ considerato uno dei piu’ importanti artisti dell’Arte Pubblica.
Tra le personali piu’ importanti degli anni 70 documentiamo le mostre che lo portano al Diagramma, 1975, da Massimo Minini a Brescia e da Lucio Amelio a Napoli nel 1976, da Ugo Ferranti a Roma nel 1977, da Paul Maenz a Colonia e da Françoise Lambert a Milano nel 1978, e ancora nel 1979 da Ferranti e nel 1980 da Lambert.
TEMPO PRIMO
a cura di Flaminio Gualdoni
Galleria Monopoli
Via Giovanni Ventura 6 - Milano
16/3/2016 - 7/5/2016
Un tratto importante del corso d’opere di Alberto Garutti è il secondo lustro degli anni ’70, quello che ne vede l’avvio e il tempo primo.
Egli muove, come molti allora, dall’impiego del supporto fotografico, la costante che caratterizza un clima fervido in cui esperienze di tipo totalmente criticistico s’incrociano con voglie di narratività e di esplorazione d’un diverso dire possibile, oltre il codice convenzionale del rappresentare e del far vedere su cui l’idea stessa di fotografia si fonda.
I lavori di Garutti si connotano per un approccio al linguaggio tecnicamente reinventivo, ma soprattutto per la densità emotiva e intellettuale che ne fa, da subito, un caso a parte.
Dal punto di vista delle scelte tecniche, è alla prima evidente che della fotografia in quanto tale poco gli importa. Essa è un territorio di possibili, la cui facoltà è di ospitare uno sguardo e le sue implicazioni radianti.
Già si pone, Garutti, la questione dello spazio come misura essenzialmente esistenziale, tanto più defisicizzata quanto più assorta nel sentirsi dell’autore che avverte se stesso in questo fare antideclaratorio, mormorante: è, questo, il punto di deragliamento e redoublement tra la condizione fisiologica del percepire (la sequenza, la figura architettonica, la continuità/discontinuità con il muro e la sua neutralità apparente…) e l’innesco di una produzione di senso completamente altra, come una deriva voluttuosa e a un tempo mentalmente distillata, sorvegliatissima, nella trama di minime emozioni e grandi ansie d’orizzonte.
Sono, per dire all’antica, “storiette”, dove però non è luogo di racconto ma di condensazione d’una sequenza di stati e d’avvertimenti dell’animo in cui il codice primario del fotografico si fa autre, non vedere ma visione, annettendosi filigrane del pittorico in una condizione fastosamente ambigua, e proprio perciò capace di senso.
È già qui, in nuce, l’annuncio del Garutti che verrà, e che questa stagione d’avvio pienamente manifesta, a un livello di complessità e di maturità del tutto evidente. Le pitture e gli inchiostri del tempo immediatamente successivo, primi anni ’80, ne daranno prova amplissima.
Alberto Garutti nato a Galbiate il 18 maggio 1948, e’ considerato uno dei piu’ importanti artisti dell’Arte Pubblica.
Tra le personali piu’ importanti degli anni 70 documentiamo le mostre che lo portano al Diagramma, 1975, da Massimo Minini a Brescia e da Lucio Amelio a Napoli nel 1976, da Ugo Ferranti a Roma nel 1977, da Paul Maenz a Colonia e da Françoise Lambert a Milano nel 1978, e ancora nel 1979 da Ferranti e nel 1980 da Lambert.