GIULIO TURCATO
DALLA FORMA POETICA ALLA PITTURA DI SUPERFICIE
CAMEC Centro Arte Moderna e Contemporanea
piazza Cesare Battisti 1 - La Spezia
05/02/2016 - 09/10/2016
A vent’anni dalla scomparsa di Giulio Turcato (1912-1995), una delle voci più originali del produzione artistica del XX secolo, il CAMeC della Spezia attinge al suo formidabile corpus, ne ripercorre il sorprendente iter e gli rende omaggio con un progetto espositivo di oltre 80 opere.
Turcato nasce a Mantova nel 1912, ultima le esperienze formative e professionali a Venezia e Milano, e nel 1947 si trasferisce definitivamente a Roma, dove prosegue il suo percorso di ricerca. Si iscrive qui al PCI perché condivide con il partito l’idea che la cultura deve avere rapporti ed effetti sul rinnovamento della società.
Ma il suo spirito libertario e antiaccademico continua ad andare controcorrente anche all’interno del partito “rivoluzionario e d’opposizione”. L’artista attraversa qui fasi cruciali, prendendo parte alle compagini più significative che vivono in Italia e nella capitale nell’immediato secondo dopoguerra (il Fronte Nuovo delle Arti, Forma 1, il Gruppo degli Otto), ma senza mai interrompere la sua vocazione fortemente individuale e sperimentale, e sempre con una “partecipazione laterale e di transito” (come sottolinea il critico Flaminio Gualdoni).
Verso la fine del 1946, con Fazzini, Guttuso e Monachesi, redige il Manifesto del neo-cubismo, espressione della necessità di rinnovare il linguaggio nel raffigurare la realtà. E già nel 1947, sottolinea di praticare un’arte non solo marxista ma anche formalista, in aperto dissenso con l’estetica del PCI.
Turcato dunque fu sempre uno spirito inquieto e battagliero, libero, creativo e ribelle nella politica come nell’arte, dove mai si adeguò al conformismo imperante del cosiddetto “realismo socialista” del Pci. Ammirò per un breve periodo anche la rivoluzione cinese, per poi rimanerne deluso. Restò nel Pci fino al 1956, quando dopo l’invasione di Budapest da parte delle truppe del Patto di Varsavia, avvenne la rottura definitiva. Durissimo fu lo scontro diretto con Palmiro Togliatti e Antonello Trombadori, voce ufficiale del partito in tema d’arte. Turcato, 10 anni dopo, spiegherà anche altre ragioni per cui lasciò il PCI. Eccole.
Distintiva e assolutamente personale è la sua adesione alla pittura Informale, adesione che coincide con l’abbandono della tela come supporto. Spicca e stupisce il suo imprevedibile utilizzo di materiali i più diversi fra di loro; come la gommapiuma, il cui “crostone scabroso è pieno di avvertimenti nuovi e di meraviglia”, svela lo stesso Turcato; così come risalta l’incredibile immissione di oggetti a mo’ di frammento narrativo (pillole medicinali, banconote), o sollecitazione formale (catrame, sabbie, polveri luminescenti e fluorescenti), fino a mettere in discussione, con l’originale impiego di tratti di stile basati su segni e gesti, tutti quegli elementi tradizionali di espressione artistica come le linee, i colori e gli elementi figurativi oltre che i supporti stessi dell’opera e gli strumenti per eseguirla. Parlano da soli tanti titoli: La Pelle, Ritrovamenti, Tranquillanti, Superficie Lunare, Arcipelago, Astrale, Itinerari, Oltre Lo Spettro, Cangiante.
Da segnalare, infine, una curiosa quanto stimolante particolarità nella Mostra, in perfetta sintonia con l’eclettico impianto artistico dell’ autore: una sala del CAMeC ospiterà, concepita da Andrea Nicoli, docente del Conservatorio “G. Puccini”, La Spezia, un’installazione sonora dialogante con le opere esposte. Così la racconta l’autore: “l’istallazione musicale sarà concepita nella sala che ospita l’opera in più elementi Oltre lo spettro, ulteriore indagine intorno al colore portata avanti dall’artista negli anni Settanta, e sarà il frutto delle suggestioni e degli stimoli generati dall’impatto visivo e trasposti nel linguaggio musicale contemporaneo”.
DALLA FORMA POETICA ALLA PITTURA DI SUPERFICIE
CAMEC Centro Arte Moderna e Contemporanea
piazza Cesare Battisti 1 - La Spezia
05/02/2016 - 09/10/2016
A vent’anni dalla scomparsa di Giulio Turcato (1912-1995), una delle voci più originali del produzione artistica del XX secolo, il CAMeC della Spezia attinge al suo formidabile corpus, ne ripercorre il sorprendente iter e gli rende omaggio con un progetto espositivo di oltre 80 opere.
Turcato nasce a Mantova nel 1912, ultima le esperienze formative e professionali a Venezia e Milano, e nel 1947 si trasferisce definitivamente a Roma, dove prosegue il suo percorso di ricerca. Si iscrive qui al PCI perché condivide con il partito l’idea che la cultura deve avere rapporti ed effetti sul rinnovamento della società.
Ma il suo spirito libertario e antiaccademico continua ad andare controcorrente anche all’interno del partito “rivoluzionario e d’opposizione”. L’artista attraversa qui fasi cruciali, prendendo parte alle compagini più significative che vivono in Italia e nella capitale nell’immediato secondo dopoguerra (il Fronte Nuovo delle Arti, Forma 1, il Gruppo degli Otto), ma senza mai interrompere la sua vocazione fortemente individuale e sperimentale, e sempre con una “partecipazione laterale e di transito” (come sottolinea il critico Flaminio Gualdoni).
Verso la fine del 1946, con Fazzini, Guttuso e Monachesi, redige il Manifesto del neo-cubismo, espressione della necessità di rinnovare il linguaggio nel raffigurare la realtà. E già nel 1947, sottolinea di praticare un’arte non solo marxista ma anche formalista, in aperto dissenso con l’estetica del PCI.
Turcato dunque fu sempre uno spirito inquieto e battagliero, libero, creativo e ribelle nella politica come nell’arte, dove mai si adeguò al conformismo imperante del cosiddetto “realismo socialista” del Pci. Ammirò per un breve periodo anche la rivoluzione cinese, per poi rimanerne deluso. Restò nel Pci fino al 1956, quando dopo l’invasione di Budapest da parte delle truppe del Patto di Varsavia, avvenne la rottura definitiva. Durissimo fu lo scontro diretto con Palmiro Togliatti e Antonello Trombadori, voce ufficiale del partito in tema d’arte. Turcato, 10 anni dopo, spiegherà anche altre ragioni per cui lasciò il PCI. Eccole.
Distintiva e assolutamente personale è la sua adesione alla pittura Informale, adesione che coincide con l’abbandono della tela come supporto. Spicca e stupisce il suo imprevedibile utilizzo di materiali i più diversi fra di loro; come la gommapiuma, il cui “crostone scabroso è pieno di avvertimenti nuovi e di meraviglia”, svela lo stesso Turcato; così come risalta l’incredibile immissione di oggetti a mo’ di frammento narrativo (pillole medicinali, banconote), o sollecitazione formale (catrame, sabbie, polveri luminescenti e fluorescenti), fino a mettere in discussione, con l’originale impiego di tratti di stile basati su segni e gesti, tutti quegli elementi tradizionali di espressione artistica come le linee, i colori e gli elementi figurativi oltre che i supporti stessi dell’opera e gli strumenti per eseguirla. Parlano da soli tanti titoli: La Pelle, Ritrovamenti, Tranquillanti, Superficie Lunare, Arcipelago, Astrale, Itinerari, Oltre Lo Spettro, Cangiante.
Da segnalare, infine, una curiosa quanto stimolante particolarità nella Mostra, in perfetta sintonia con l’eclettico impianto artistico dell’ autore: una sala del CAMeC ospiterà, concepita da Andrea Nicoli, docente del Conservatorio “G. Puccini”, La Spezia, un’installazione sonora dialogante con le opere esposte. Così la racconta l’autore: “l’istallazione musicale sarà concepita nella sala che ospita l’opera in più elementi Oltre lo spettro, ulteriore indagine intorno al colore portata avanti dall’artista negli anni Settanta, e sarà il frutto delle suggestioni e degli stimoli generati dall’impatto visivo e trasposti nel linguaggio musicale contemporaneo”.