giovedì 12 aprile 2012

ANTONIO BARRANI: LE CINQUE TERRE RITROVATE - GALATA MUSEO DEL MARE, GENOVA




ANTONIO BARRANI
LE CINQUE TERRE RITROVATE
Galata Museo del Mare
Calata De Mari - Genova
dal 12 aprile al 10 maggio 2012

Si inaugura giovedì 12 aprile alle ore 17.30 al Museo Galata del Mare la mostra “Le Cinque Terre ritrovate” con dipinti di Antonio Barrani. Interverranno Vincenzo Resasco: sindaco di Vernazza, Marco Ferrari presidente Mediateca Ligure, Gianni Franzone: conservatore della Wolsoniana di Genova, Maria Profumo presidente del Museo Galata di Genova.

Scrive nel catalogo Vincenzo Resasco, sindaco di Vernazza:” Nelle Cinque Terre ritrovate di Antonio Barrani , nelle marine dei borghi, ammantate della loro atmosfera fantastica e fiabesca appaiono nuovi elementi , determinanti per la rinascita di Vernazza e Monterosso : le ruspe. Sulla riva del mare accanto alle multicolori mongolfiere ed alle barchette di carta della nostra infanzia la ruspa non è fuori luogo Dall'acqua purtroppo è arrivata l il 25 ottobre 2011 la distruzione di Vernazza e dall'acqua,dal mare sono arrivati i soccorsi , la salvezza e la resurrezione. I pontoni hanno scaricato enormi polipi di acciaio che hanno iniziato con i loro tentacoli meccanici a liberare e a ridar luce ai vicoli invasi dal fango e dalle rocce scese dai monti. Piano piano le Cinque Terre saranno ritrovate, piano piano ritorneranno a vivere ma i draghi d'acciaio non riposeranno. Continueranno a lavorare più in alto ,lungo il fiume e sulle colline a sanare le profonde ferite e lacerazioni che la nostra terra ha patito”

Mentre Gianni Franzone, critico d’arte, conservatore della Wolsoniana di Genova scrive: “ L’universo umano, poetico e artistico di Antonio Barrani è intrinsecamente legato al suo territorio, alle Cinque Terre e, in particolare, a Vernazza. Un senso di appartenenza profondo e inevitabile, un’intimità commovente e imbarazzante lo unisce a quei luoghi; è un affetto genuino e irresistibile per una terra bellissima e aspra, autentica e dura, per un mare salvifico e spietato che l’artista ha trasfuso nella sua opera, declinandolo con un segno ora naif ora ironico, ora fantastico ora inquietante, conferendole così quello specifico sapore vagamente allucinato, straniante e affascinante ad un tempo, che la contraddistingue. Non stupisce dunque che la terribile alluvione che recentemente ha devastato quei luoghi trovi eco nei suoi ultimi lavori. Eppure, al primo sguardo, le sue nuove tavole non sembrano mostrare segni tangibili di quel disastro naturale, cui la dissennatezza dell’uomo – come Barrani sa bene – ha dato un contributo non secondario. Di primo acchito vi scorgiamo l’usuale atmosfera sospesa e onirica, da idillio surreale: la distesa cupa e compatta del mare, il cielo affollato di pianeti, farfalle, trottole, cuoricini, barchette fatte con spartiti musicali recuperati chissà dove, e ancora le case e il campanile, qualche uccello che rivela l’ascendenza da dinosauri mostruosi. Se però guardiamo bene, scorgiamo una ruspa. E’ come una microepifania, il segnale che qualcosa è intervenuto a incrinare l’incanto o a rafforzare lo spaesamento, anche se la ruspa non è né minacciosa né sinistra e ha l’apparenza benevola e familiare di un giocattolo da bambini, un po’ meccano un po’ lego. Sembra quasi armonizzarsi col contesto, perché Barrani sa che, quando tutto cambia, è solo il persistere del passato a dare un senso al futuro. Anche la mongolfiera, con il pallone gonfio di vento, non ospita nel suo cesto-conchiglia curiosi d’antan o annoiati di oggi ansiosi di sperimentare vecchie invenzioni. Accoglie, invece, un microcosmo di casette dai tetti rossi e sembra l’incongruenza di un bambino intelligente e birichino.

Barrani non stravolge il suo segno per adeguarlo alla tragedia. Sa che sarebbe inutile. Sa che la maniera migliore per esorcizzare e neutralizzare la tragedia è fare come se non fosse accaduta o, meglio, come se fosse già passata. Perché è convinto che la sua terra può superare anche questa prova. E il suo lavoro d’artista non può esserle che d’aiuto.”