AVANGUARDIA RUSSA
Esperienze di un nuovo mondo
Gallerie d'Italia - Palazzo Leoni Montanari
contrà Santa Corona 25 Vicenza
dall'11/11/2011 al 26/2/2012
A Vicenza, a Palazzo Leoni Montanari, 85 importanti opere dell’Avanguardia russa giungono per la prima volta in Italia dai musei regionali russi, in un emozionante dialogo con la collezione di icone di Intesa Sanpaolo.
"Ricomporre la storia dell’Avanguardia russa costituisce ogni volta una nuova sfida, che può offrire inedite prospettive o distruggere ormai radicati pregiudizi, che si mescola alla conoscenza della storia delle idee o che sollecita lo sguardo ‘innocente’ del nuovo spettatore” (Nicoletta Misler e John E. Bowlt).
E in effetti la mostra che si apre l’11 novembre prossimo negli spazi delle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, sede museale di Intesa Sanpaolo a Vicenza, propone un racconto assolutamente inedito del fenomeno dell’Avanguardia russa – per approccio e opere esposte – cogliendone la pluralità espressiva, ma anche i filoni tematici principali e soprattutto la suggestiva matrice comune.
Per la prima volta, infatti, il pubblico italiano potrà ammirare 85 opere dell’Avanguardia russa che provengono dai Musei regionali di Ivanovo, Kostroma, Jaroslav’ e Tula. Un’occasione dunque importante, promossa da Intesa Sanpaolo, CSAR - Centro di Alti Studi sulla Cultura e le Arti della Russia all’Università Ca’ Foscari di Venezia (costituito nel marzo 2011), Foundation for Interregional Projects di Mosca, Ivanovo Art Museum e organizzata nell’ambito dell’Anno della Cultura e Lingua russa in Italia e della Cultura e Lingua italiana in Russia.
L’iniziativa, su progetto di Mikhail Dmitriev, Presidente della Foundation for Interregional Projects, con il sostegno e il patrocinio del Ministero della Cultura della Federazione Russa e del Governo della Regione di Ivanovo e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica italiana, vanta il coinvolgimento della città e del territorio grazie alla collaborazione con il Comune di Vicenza. Così, se di solito la nostra conoscenza delle tendenze artistiche che si susseguono in Russia all’inizio del Novecento è affidata a una serie di notissimi capolavori e a pochi prestigiosi protagonisti, Kandinskij, Malevič, Rodčenko, pure presenti in mostra con lavori chiave (pensiamo al Cuneo viola di Kandinskij, alla fondamentale opera suprematista di Malevič del 1915 dal Museo di Ivanovo o a composizione n 61 di Rodčenko del 1918), la lunga serie di inediti esposti a Vicenza consente di osservare il fenomeno dell’Avanguardia russa da nuovi punti di vista, con nuove chiavi di lettura. Che significa anche: mettere in luce figure ancora poco conosciute e che acquisiscono nuovo valore come Olga Rozonova (lei insieme alle altre artiste definite dal poeta cubo-futurista Benedikt Livčic “vere Amazzoni, cavallerizze scite”) o evidenziare tematiche essenziali per la storia dell’Avanguardia russa, come quella del rapporto con l’arte popolare e la pittura di icone.
E in effetti, a Palazzo Leoni Montanari la mostra – curata da Silvia Burini direttore dello CSAR, da Giuseppe Barbieri Direttore della Scuola dottorale inter-ateneo in Storia delle Arti di Ca’ Foscari, da Mikhail Dmitriev e Svetlana Volovenskaja, rispettivamente Presidente e curatrice dei programmi della Foundatiom for Interregional Projects – sviluppa una puntuale quanto sorprendente comparazione visuale e semantica con le straordinarie icone russe della collezione permanente di Intesa Sanpaolo, la più importante raccolta privata, in tal senso, dell’Europa Occidentale.
Il percorso espositivo della mostra è strutturato per favorire la percezione delle due principali tendenze interne all’Avanguardia Russa: una più vicina all’espressionismo, l’altra al cubocostruttivismo.
La prima risulta più frammentaria e i suoi esponenti – il gruppo del “Fante di quadri”, Michail Larionov e Natal’ja Gončarova ma anche Marc Chagall, Pavel Filonov e Vasilij Kandinskij – ebbero ben poco in comune; la seconda è forse più omogenea nei suoi esponenti di punta, Kazimir Malevič, Vladimir Tatlin, Aleksandr Rodčenko e nei loro seguaci. Ma con non poche reciproche contaminazioni e interferenze.
Il percorso espositivo prende avvio con una folta sequenza di opere de “Il Fante di quadri” (Bubnovyj valet) che, dopo la sua prima mostra del 1910, si costituì ufficialmente come gruppo e organizzò con regolarità esposizioni che si susseguirono fino al 1916, quando si interruppero, per proseguire solo dopo la Rivoluzione. Il gruppo sopravvisse a lungo, ma con nomi diversi.
Si caratterizza per il netto rifiuto di predecessori e contemporanei, che si traduce in opere deliberatamente provocatorie e di evidente scherno nei confronti dei gusti e degli ideali borghesi. I “Fanti” si ispiravano piuttosto alle icone, al folklore nazionale e all’arte “primitiva”: fotografia provinciale, insegne di negozi, lubki, giocattoli. Oltre alle fonti autoctone si possono tuttavia rinvenire influenze dell’espressionismo tedesco e della pittura francese di inizio secolo: molti dei “Fanti” andarono a Parigi e altri conobbero l’arte francese nelle collezioni di Mosca. Furono in particolare attratti da Matisse, da Cézanne, dai primi cubisti: ciò spiega il peso di un genere come la natura morta – nelle opere di Robert Fal’k, Petr Končalovskij, Aleksandr Kuprin (Natura morta. Tavolo rotondo, 1914) e Aristarch Lentulov – che attinge da un ruolo privilegiato mai avuto prima nella pittura russa, vero e proprio laboratorio creativo dell’avanguardia.
Il gruppo si divise determinando l’origine del neo-primitivismo, capeggiato da Larionov, Gončarova (Donna di pietra, 1908) e Aleksandr Ševčenko (Città) che proclamarono la loro volontà di seguire le tradizioni artistiche nazionali: è l’elemento saliente che lo distingue da fauvismo ed espressionismo. Credevano che l’Oriente (con un’accezione lata che abbracciava tutto l’impero russo) fosse la culla dei valori artistici poi adottati dall’Occidente.
In questa fase del percorso il confronto con le icone proposte permette di comprendere come la ripresa delle radici profonde dalla cultura figurativa russa, in una sorta di “risveglio della memoria”, sia tuttavia anche alla base del nuovo progetto di mondo che l’avanguardia andava creando non solo per l’appropriazione evidente di alcuni segni e della grammatica visiva che proviene dalle icone antiche, ma anche nella comprensione profonda della matrice culturale di un popolo.
Sempre al piano terra il Paesaggio con fabbrica, 1912-1913 di Il’ja Maškov anticipa, ancora nella prima sala, un altro dei temi portanti della mostra, il legame tra Avanguardia e industrializzazione. È un punto di vista di solito trascurato ma indispensabile, che qualifica l’Avanguardia Russa come un laboratorio in grado di creare autentici standard socio culturali ed estetici. Questo fu possibile proprio per la nascita di nuovi centri industriali, nati dal boom economico della seconda meta del XIX secolo, che determinò un radicale cambiamento sociale e culturale, come si andrà chiarendo nel resto del percorso espositivo al piano nobile.
Esperienze di un nuovo mondo
Gallerie d'Italia - Palazzo Leoni Montanari
contrà Santa Corona 25 Vicenza
dall'11/11/2011 al 26/2/2012
A Vicenza, a Palazzo Leoni Montanari, 85 importanti opere dell’Avanguardia russa giungono per la prima volta in Italia dai musei regionali russi, in un emozionante dialogo con la collezione di icone di Intesa Sanpaolo.
"Ricomporre la storia dell’Avanguardia russa costituisce ogni volta una nuova sfida, che può offrire inedite prospettive o distruggere ormai radicati pregiudizi, che si mescola alla conoscenza della storia delle idee o che sollecita lo sguardo ‘innocente’ del nuovo spettatore” (Nicoletta Misler e John E. Bowlt).
E in effetti la mostra che si apre l’11 novembre prossimo negli spazi delle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, sede museale di Intesa Sanpaolo a Vicenza, propone un racconto assolutamente inedito del fenomeno dell’Avanguardia russa – per approccio e opere esposte – cogliendone la pluralità espressiva, ma anche i filoni tematici principali e soprattutto la suggestiva matrice comune.
Per la prima volta, infatti, il pubblico italiano potrà ammirare 85 opere dell’Avanguardia russa che provengono dai Musei regionali di Ivanovo, Kostroma, Jaroslav’ e Tula. Un’occasione dunque importante, promossa da Intesa Sanpaolo, CSAR - Centro di Alti Studi sulla Cultura e le Arti della Russia all’Università Ca’ Foscari di Venezia (costituito nel marzo 2011), Foundation for Interregional Projects di Mosca, Ivanovo Art Museum e organizzata nell’ambito dell’Anno della Cultura e Lingua russa in Italia e della Cultura e Lingua italiana in Russia.
L’iniziativa, su progetto di Mikhail Dmitriev, Presidente della Foundation for Interregional Projects, con il sostegno e il patrocinio del Ministero della Cultura della Federazione Russa e del Governo della Regione di Ivanovo e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica italiana, vanta il coinvolgimento della città e del territorio grazie alla collaborazione con il Comune di Vicenza. Così, se di solito la nostra conoscenza delle tendenze artistiche che si susseguono in Russia all’inizio del Novecento è affidata a una serie di notissimi capolavori e a pochi prestigiosi protagonisti, Kandinskij, Malevič, Rodčenko, pure presenti in mostra con lavori chiave (pensiamo al Cuneo viola di Kandinskij, alla fondamentale opera suprematista di Malevič del 1915 dal Museo di Ivanovo o a composizione n 61 di Rodčenko del 1918), la lunga serie di inediti esposti a Vicenza consente di osservare il fenomeno dell’Avanguardia russa da nuovi punti di vista, con nuove chiavi di lettura. Che significa anche: mettere in luce figure ancora poco conosciute e che acquisiscono nuovo valore come Olga Rozonova (lei insieme alle altre artiste definite dal poeta cubo-futurista Benedikt Livčic “vere Amazzoni, cavallerizze scite”) o evidenziare tematiche essenziali per la storia dell’Avanguardia russa, come quella del rapporto con l’arte popolare e la pittura di icone.
E in effetti, a Palazzo Leoni Montanari la mostra – curata da Silvia Burini direttore dello CSAR, da Giuseppe Barbieri Direttore della Scuola dottorale inter-ateneo in Storia delle Arti di Ca’ Foscari, da Mikhail Dmitriev e Svetlana Volovenskaja, rispettivamente Presidente e curatrice dei programmi della Foundatiom for Interregional Projects – sviluppa una puntuale quanto sorprendente comparazione visuale e semantica con le straordinarie icone russe della collezione permanente di Intesa Sanpaolo, la più importante raccolta privata, in tal senso, dell’Europa Occidentale.
Il percorso espositivo della mostra è strutturato per favorire la percezione delle due principali tendenze interne all’Avanguardia Russa: una più vicina all’espressionismo, l’altra al cubocostruttivismo.
La prima risulta più frammentaria e i suoi esponenti – il gruppo del “Fante di quadri”, Michail Larionov e Natal’ja Gončarova ma anche Marc Chagall, Pavel Filonov e Vasilij Kandinskij – ebbero ben poco in comune; la seconda è forse più omogenea nei suoi esponenti di punta, Kazimir Malevič, Vladimir Tatlin, Aleksandr Rodčenko e nei loro seguaci. Ma con non poche reciproche contaminazioni e interferenze.
Il percorso espositivo prende avvio con una folta sequenza di opere de “Il Fante di quadri” (Bubnovyj valet) che, dopo la sua prima mostra del 1910, si costituì ufficialmente come gruppo e organizzò con regolarità esposizioni che si susseguirono fino al 1916, quando si interruppero, per proseguire solo dopo la Rivoluzione. Il gruppo sopravvisse a lungo, ma con nomi diversi.
Si caratterizza per il netto rifiuto di predecessori e contemporanei, che si traduce in opere deliberatamente provocatorie e di evidente scherno nei confronti dei gusti e degli ideali borghesi. I “Fanti” si ispiravano piuttosto alle icone, al folklore nazionale e all’arte “primitiva”: fotografia provinciale, insegne di negozi, lubki, giocattoli. Oltre alle fonti autoctone si possono tuttavia rinvenire influenze dell’espressionismo tedesco e della pittura francese di inizio secolo: molti dei “Fanti” andarono a Parigi e altri conobbero l’arte francese nelle collezioni di Mosca. Furono in particolare attratti da Matisse, da Cézanne, dai primi cubisti: ciò spiega il peso di un genere come la natura morta – nelle opere di Robert Fal’k, Petr Končalovskij, Aleksandr Kuprin (Natura morta. Tavolo rotondo, 1914) e Aristarch Lentulov – che attinge da un ruolo privilegiato mai avuto prima nella pittura russa, vero e proprio laboratorio creativo dell’avanguardia.
Il gruppo si divise determinando l’origine del neo-primitivismo, capeggiato da Larionov, Gončarova (Donna di pietra, 1908) e Aleksandr Ševčenko (Città) che proclamarono la loro volontà di seguire le tradizioni artistiche nazionali: è l’elemento saliente che lo distingue da fauvismo ed espressionismo. Credevano che l’Oriente (con un’accezione lata che abbracciava tutto l’impero russo) fosse la culla dei valori artistici poi adottati dall’Occidente.
In questa fase del percorso il confronto con le icone proposte permette di comprendere come la ripresa delle radici profonde dalla cultura figurativa russa, in una sorta di “risveglio della memoria”, sia tuttavia anche alla base del nuovo progetto di mondo che l’avanguardia andava creando non solo per l’appropriazione evidente di alcuni segni e della grammatica visiva che proviene dalle icone antiche, ma anche nella comprensione profonda della matrice culturale di un popolo.
Sempre al piano terra il Paesaggio con fabbrica, 1912-1913 di Il’ja Maškov anticipa, ancora nella prima sala, un altro dei temi portanti della mostra, il legame tra Avanguardia e industrializzazione. È un punto di vista di solito trascurato ma indispensabile, che qualifica l’Avanguardia Russa come un laboratorio in grado di creare autentici standard socio culturali ed estetici. Questo fu possibile proprio per la nascita di nuovi centri industriali, nati dal boom economico della seconda meta del XIX secolo, che determinò un radicale cambiamento sociale e culturale, come si andrà chiarendo nel resto del percorso espositivo al piano nobile.