OSPITI IN BELLA MOSTRA
a cura di Maria Flora Giubilei
Musei di Nervi – Galleria d'Arte Moderna
Villa Saluzzo Serra
via Capolungo 3 - Genova Nervi
14/3/2015 - 14/6/2015
Dopo lo Staffato di Giovanni Fattori, la Galleria d'Arte Moderna, uno dei quattro Musei di Nervi, dal 15 marzo 2015 ospita sei opere del MAR, Museo d’Arte di Ravenna, da anni impegnato in una significativa attività espositiva.
In occasione della mostra Il Bel Paese. L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, dai Macchiaioli ai Futuristi che si è aperta al MAR di Ravenna il 22 febbraio 2015, i Musei di Nervi – Galleria d’Arte Moderna e Raccolte Frugone collaborano col prestito di sette opere e la partecipazione ai contenuti scientifici del catalogo.
Sono in prestito alla mostra di Ravenna, Il Bel Paese, la Veduta fantastica dei Monumenti d’Italia di Petrus Theodor Tetar Van Elven, il primo manifesto dell’Unità d’Italia dipinto nel 1858, opera che apre l’esposizione ravennate; i “rumorosi” dipinti di Andrea Figari con le "Gare internazionali di canotti automobili" a Montecarlo del 1906 e il volo del Bleriot XI sulla pianura padana nel "Circuito aereo internazionale" del 1909 colto dal pittore genovese Federico Maragliano, nonché la gelida e coloratissima fiera di San Biagio a Pietrasanta dipinta da Plinio Nomellini nel 1913, e ancora la magmatica tela di Povero, ma superbo del caposcuola della Scapigliatura, Tranquillo Cremona, conservata alle Raccolte Frugone insieme al celebre dipinto Vegetazione a Riomaggiore che il macchiaiolo Telemaco Signorini dedicò al paese delle Cinque Terre di cui fu assiduo ospite per alcuni anni. Sempre alle Raccolte Frugone appartiene la settima opera che figurerà nella mostra di Ravenna, una tela di Ettore Tito, Ritorno dalla caccia, dedicata alla moglie cavallerizza, Lucia Velluti, lanciata al galoppo nella campagna trevigiana insieme ai figli.
A Genova, in Galleria d'Arte Moderna giungerà, in cambio, uno splendido e sensuale disegno di nudo femminile di Gustav Klimt del 1904 circa - Gustav Klimt, Nudo , matita su carta, cm 61 x 89 - l'opera più importante del MAR di Ravenna con la quale l’istituto ravvenate ricorda la presenza del celebre artista austriaco proprio nella cittadina nel 1903: "... a Ravenna tanta miseria - i mosaici di splendore inaudito ..." disse Klimt, rompendo la sua riservatezza e la riluttanza a pronunciarsi per dichiarare tutto il fascino che l'oro dei mosaici ravennati avevano esercitato sulla sua attività artistica. Uomo schivo a dispetto dei salotti frequentati, ma consapevole delle proprie capacità - "Esistono solo due pittori: Velázquez e io" aveva detto Klimt dopo una visita al Kunsthistorisches Museum di Vienna - poco incline alla mondanità e ai viaggi e dedito allo studio, abitò con la madre e due sorelle senza mai sposarsi, ma collezionando numerosissime amanti - ebbe in totale 14 figli, come fu possibile accertare dopo la sua morte per ictus nel 1918, a cinquantasei tra le sue modelle e le sue note committenti dell'alta società tra cui Alma Mahler, Adele Bloch-Bauer ed Emilie Flöge, titolare della più grande casa di moda di Vienna.
Affascinanti, sensuali, musicali nel fluire continuo e flessibile di un segno grafico sicuro e accattivante, sono i disegni di tono naturalistico dedicati alla figura femminile, al suo erotismo: a carboncino e matita, privi di colore, raffigurano le modelle atteggiate in tutte le posizioni. Questa sua particolare attenzione al mondo femminile indusse il pubblico a considerare Klimt una sorta di voyeur e il suo atelier, pieno di modelle nude, un luogo perverso. Ma il percorso coi dipinti ospiti comincerà, in Galleria d'Arte Moderna, nelle sale dell’Ottocento, in un serrato dialogo con la pittura di paesaggio che si conserva nelle collezioni genovesi: il dipinto La roccia, un olio su tela di Giovan Battista Bassi (Massa Lombarda 1784 - Roma 1852) del MAR di Ravenna sarà allestito accanto a un prezioso brano paesaggistico del torinese Massimo d’Azeglio (1796-1866) della Galleria a ricordare l'attenzione artistica del celebre letterato e aristocratico piemontese per Bassi - pittore assai famoso a Roma, e stimato da Canova e da Thorvaldsen - durante il decennio che d'Azeglio trascorse nella Città Eterna, tra il 1814 e il 1826, per affinare la minuziosa impostazione del suo naturalismo adottando, nel rendere il paesaggio romano, gli sfondi sfumati dei paesaggi alla Lorrain.
Il dialogo prosegue nelle sale del simbolismo grazie ai due ritratti, un carboncino e una terracotta patinata, che Domenico Baccarini (1882-1907) - celebre artista faentino, capace di portare nuovi fermenti culturali nella sua città grazie ai contatti col milieu simbolista romano, con lo scultore ligure Giovanni Prini che a Roma abitava e lo ospitò e il pittore Raoul Dal Molin Ferenzona - dedicò a Elisabetta Santolini, soprannominata Bitta, di cui l'artista s'innamorò perdutamente e che gli fece da modella. Una storia di coppia dalle tinte drammatiche per l’indigenza cui l’artista fu costretto nella sua breve esistenza, coronata, peraltro, dalla nascita di una figlia, Maria Teresa. Una vita faticosa e artisticamente intensa, ma terminata tragicamente con la morte di Baccarini a 26 anni per tubercolosi, qualche mese dopo essere stato abbandonato dalla Bitta per l'amico pittore, Amleto Montevecchi.
A un'altra coppia è dedicato lo spazio del Novecento che accoglie il dialogo tra le opere del MAR e quelle della GAM: è la coppia Alberto Salietti (1892-1961) e Lydia Pasetto. Lui, ravennate di nascita e chiavarese d'adozione, noto segretario e organizzatore di mostre del gruppo artistico di Novecento sostenuto da Margherita Sarfatti, presentò alla Biennale di Venezia del 1934 l'elegante ritratto della seconda moglie, Lydia Pasetto per l'appunto, realizzato nel 1932 e acquistato all'appuntamento veneziano dal Comune di Genova per 4000 lire. Fu proprio Lydia, ormai vedova, che nel 1964 donò alla città di Ravenna il ritratto intitolato Anziana signora realizzato dal marito nel 1934, un olio su compensato, per fissare il volto della propria madre, Giulia Orselli, cui era stato particolarmente legato, anche dopo la separazione dei genitori, nel 1904, che lo costrinse ad abbandonare Ravenna e a seguire il padre decoratore a Milano. Anche questo secondo ritratto ricompone il quadro famigliare di casa Salietti, il cui contesto ligure è evocato da due vedute di Chiavari a confronto, una della GAM genovese, e una del MAR, entrambe dalle squillanti cromie.
a cura di Maria Flora Giubilei
Musei di Nervi – Galleria d'Arte Moderna
Villa Saluzzo Serra
via Capolungo 3 - Genova Nervi
14/3/2015 - 14/6/2015
Dopo lo Staffato di Giovanni Fattori, la Galleria d'Arte Moderna, uno dei quattro Musei di Nervi, dal 15 marzo 2015 ospita sei opere del MAR, Museo d’Arte di Ravenna, da anni impegnato in una significativa attività espositiva.
In occasione della mostra Il Bel Paese. L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, dai Macchiaioli ai Futuristi che si è aperta al MAR di Ravenna il 22 febbraio 2015, i Musei di Nervi – Galleria d’Arte Moderna e Raccolte Frugone collaborano col prestito di sette opere e la partecipazione ai contenuti scientifici del catalogo.
Sono in prestito alla mostra di Ravenna, Il Bel Paese, la Veduta fantastica dei Monumenti d’Italia di Petrus Theodor Tetar Van Elven, il primo manifesto dell’Unità d’Italia dipinto nel 1858, opera che apre l’esposizione ravennate; i “rumorosi” dipinti di Andrea Figari con le "Gare internazionali di canotti automobili" a Montecarlo del 1906 e il volo del Bleriot XI sulla pianura padana nel "Circuito aereo internazionale" del 1909 colto dal pittore genovese Federico Maragliano, nonché la gelida e coloratissima fiera di San Biagio a Pietrasanta dipinta da Plinio Nomellini nel 1913, e ancora la magmatica tela di Povero, ma superbo del caposcuola della Scapigliatura, Tranquillo Cremona, conservata alle Raccolte Frugone insieme al celebre dipinto Vegetazione a Riomaggiore che il macchiaiolo Telemaco Signorini dedicò al paese delle Cinque Terre di cui fu assiduo ospite per alcuni anni. Sempre alle Raccolte Frugone appartiene la settima opera che figurerà nella mostra di Ravenna, una tela di Ettore Tito, Ritorno dalla caccia, dedicata alla moglie cavallerizza, Lucia Velluti, lanciata al galoppo nella campagna trevigiana insieme ai figli.
A Genova, in Galleria d'Arte Moderna giungerà, in cambio, uno splendido e sensuale disegno di nudo femminile di Gustav Klimt del 1904 circa - Gustav Klimt, Nudo , matita su carta, cm 61 x 89 - l'opera più importante del MAR di Ravenna con la quale l’istituto ravvenate ricorda la presenza del celebre artista austriaco proprio nella cittadina nel 1903: "... a Ravenna tanta miseria - i mosaici di splendore inaudito ..." disse Klimt, rompendo la sua riservatezza e la riluttanza a pronunciarsi per dichiarare tutto il fascino che l'oro dei mosaici ravennati avevano esercitato sulla sua attività artistica. Uomo schivo a dispetto dei salotti frequentati, ma consapevole delle proprie capacità - "Esistono solo due pittori: Velázquez e io" aveva detto Klimt dopo una visita al Kunsthistorisches Museum di Vienna - poco incline alla mondanità e ai viaggi e dedito allo studio, abitò con la madre e due sorelle senza mai sposarsi, ma collezionando numerosissime amanti - ebbe in totale 14 figli, come fu possibile accertare dopo la sua morte per ictus nel 1918, a cinquantasei tra le sue modelle e le sue note committenti dell'alta società tra cui Alma Mahler, Adele Bloch-Bauer ed Emilie Flöge, titolare della più grande casa di moda di Vienna.
Affascinanti, sensuali, musicali nel fluire continuo e flessibile di un segno grafico sicuro e accattivante, sono i disegni di tono naturalistico dedicati alla figura femminile, al suo erotismo: a carboncino e matita, privi di colore, raffigurano le modelle atteggiate in tutte le posizioni. Questa sua particolare attenzione al mondo femminile indusse il pubblico a considerare Klimt una sorta di voyeur e il suo atelier, pieno di modelle nude, un luogo perverso. Ma il percorso coi dipinti ospiti comincerà, in Galleria d'Arte Moderna, nelle sale dell’Ottocento, in un serrato dialogo con la pittura di paesaggio che si conserva nelle collezioni genovesi: il dipinto La roccia, un olio su tela di Giovan Battista Bassi (Massa Lombarda 1784 - Roma 1852) del MAR di Ravenna sarà allestito accanto a un prezioso brano paesaggistico del torinese Massimo d’Azeglio (1796-1866) della Galleria a ricordare l'attenzione artistica del celebre letterato e aristocratico piemontese per Bassi - pittore assai famoso a Roma, e stimato da Canova e da Thorvaldsen - durante il decennio che d'Azeglio trascorse nella Città Eterna, tra il 1814 e il 1826, per affinare la minuziosa impostazione del suo naturalismo adottando, nel rendere il paesaggio romano, gli sfondi sfumati dei paesaggi alla Lorrain.
Il dialogo prosegue nelle sale del simbolismo grazie ai due ritratti, un carboncino e una terracotta patinata, che Domenico Baccarini (1882-1907) - celebre artista faentino, capace di portare nuovi fermenti culturali nella sua città grazie ai contatti col milieu simbolista romano, con lo scultore ligure Giovanni Prini che a Roma abitava e lo ospitò e il pittore Raoul Dal Molin Ferenzona - dedicò a Elisabetta Santolini, soprannominata Bitta, di cui l'artista s'innamorò perdutamente e che gli fece da modella. Una storia di coppia dalle tinte drammatiche per l’indigenza cui l’artista fu costretto nella sua breve esistenza, coronata, peraltro, dalla nascita di una figlia, Maria Teresa. Una vita faticosa e artisticamente intensa, ma terminata tragicamente con la morte di Baccarini a 26 anni per tubercolosi, qualche mese dopo essere stato abbandonato dalla Bitta per l'amico pittore, Amleto Montevecchi.
A un'altra coppia è dedicato lo spazio del Novecento che accoglie il dialogo tra le opere del MAR e quelle della GAM: è la coppia Alberto Salietti (1892-1961) e Lydia Pasetto. Lui, ravennate di nascita e chiavarese d'adozione, noto segretario e organizzatore di mostre del gruppo artistico di Novecento sostenuto da Margherita Sarfatti, presentò alla Biennale di Venezia del 1934 l'elegante ritratto della seconda moglie, Lydia Pasetto per l'appunto, realizzato nel 1932 e acquistato all'appuntamento veneziano dal Comune di Genova per 4000 lire. Fu proprio Lydia, ormai vedova, che nel 1964 donò alla città di Ravenna il ritratto intitolato Anziana signora realizzato dal marito nel 1934, un olio su compensato, per fissare il volto della propria madre, Giulia Orselli, cui era stato particolarmente legato, anche dopo la separazione dei genitori, nel 1904, che lo costrinse ad abbandonare Ravenna e a seguire il padre decoratore a Milano. Anche questo secondo ritratto ricompone il quadro famigliare di casa Salietti, il cui contesto ligure è evocato da due vedute di Chiavari a confronto, una della GAM genovese, e una del MAR, entrambe dalle squillanti cromie.