mercoledì 13 gennaio 2016

LEO MATIZ: FRIDA KAHLO - ONO ARTE, BOLOGNA




LEO MATIZ
FRIDA KAHLO
ONO Arte Contemporanea
via Santa Margherita 10 - Bologna
14/1/2016 - 28/2/2016

ONO Arte Contemporanea in collaborazione con Alejandra Matiz (Fondazione Leo Matiz) presenta "Frida Kahlo. Fotografie di Leo Matiz", una mostra del fotografo colombiano Leo Matiz che, con il suo obiettivo, è riuscito a restituire – al di là delle apparenze - un’immagine vivida e reale dell’artista messicana.
Quando Frida e Diego si incontrano è il 1922. Rivera, pittore già noto in Messico, stava dipingendo un importante murale nell’anfiteatro della Scuola preparatoria che Frida frequentava all’epoca. Ancora lontana dall’incidente che le avrebbe cambiato per sempre la vita, Frida era una ragazza fiera, decisa e emancipata.
A quel tempo l’arte rappresenta per lei solo un divertissement, un gioco che la impegna nei ritagli di tempo dallo studio.
Le cose cambiano però il 17 settembre 1925: mentre sta rientrando a casa da scuola, l’autobus su cui viaggia insieme al fidanzato Alejandro, viene travolto da un tram. La spina dorsale le si frattura in diversi punti così come la gamba sinistra e le costole, e il suo corpo viene lacerato da un’asta metallica che le lascerà delle ferite indelebili, sia esteriori che interiori.
“Non sono morta e, per di più, ho qualcosa per cui vivere; questo qualcosa è la pittura”. Queste le parole che Frida rivolge alla madre non appena la incontra dopo l’incidente.
Da questo momento l’arte diventa per lei valvola di sfogo e occupazione privilegiata. Grazie a uno specchio appeso sul letto a baldacchino e un apposito dispositivo su cui appendere una tavola di legno per dipingere, la sua immagine, diventa il soggetto preferito dei suoi ritratti – “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio” -.
Dopo tre anni, la sua vita torna quasi alla normalità, e nel 1928 incontra nuovamente Rivera. L’amore scoppia, passionale e travolgente, la loro arte si contamina ed evolve. Nell’agosto dello stesso anno si sposano, e dopo qualche tempo si trasferiscono negli Stati Uniti, dove consolidano la loro fama ma anche l’avversione di una parte dell’opinione pubblica che definisce i murali che Rivera realizza per il Detroit Institute of Art “uno spietato inganno ordito ai danni degli stessi capitalisti che li hanno commissionati”.
Tornati in Messico, Frida diventa sempre più prolifica e conosciuta, tanto che Breton, il padre del surrealismo, le propone una mostra a Parigi. Siamo ormai nel 1941: per Frida è un anno di cambiamento. Nonostante la dolorosa perdita del padre, raggiunge un’indipendenza sentimentale ed economica che le permettono di “maturare una piena fiducia in se stessa” e di diventare un’artista a tutto tondo che rischia di mettere in ombra, con la sua arte e la sua storia, il genio Rivera.
Le immagini di Leo Matiz – fotoreporter colombiano nato nella magica Macondo di Gabriel Garcia Marquez - raccontano di questa consapevolezza, ma raccontano anche la storia di un Messico assolato e lontano, fatto di rivoluzione e guerra, e al contempo di gioia e speranza, del quale Diego dipinge la “bellezza umile” e Frida “l’equivalente interiore”.
Le foto in mostra, si soffermano soprattutto sull’immagine di Frida, immortalata nel suo quartiere natale di Coyoacan a Città del Messico, della quale Matiz ci restituisce un ritratto intimo, ripreso da un punto di vista privilegiato, quello dell’amicizia che per anni li ha legati.