CHARLES SIMIC
IL MOSTRO AMA IL SUO
LABIRINTO
Adelphi, 23/05/2012
collana "Piccola biblioteca Adelphi"
Simic, cui la forma oscillante tra l'aforisma e la prosa breve sembra
particolarmente congeniale, siede a giudicare se stesso e il mondo. Ed è un
giudice-poeta chiaroveggente e bizzoso, improvviso negli scatti d'ira e nelle
smanie d'amore, che crede "nella irrimediabile e caotica mescolanza di ogni
cosa", e usa "il caso come attrezzo per demolire le nostre associazioni
abituali". Ora striglia i politici guerrafondai e gli intellettuali loro
complici, ora racconta con macabra ironia vecchie storie dei Balcani (quel luogo
d'Europa la cui economia si regge sulle "fabbriche di orfani e gli allevamenti
di capri espiatori"). Stralunato e lubrico, "avanzo di galera di tutti i
paradisi terrestri", non cessa di meravigliarsi della stupidità umana,
ingrediente segreto della storia, ma anche dell'enciclopedia di archetipi celata
in ciascun oggetto. Ad ogni pagina, guizzi fulminei e collegamenti interrotti:
"una melodia allegra suonata con malinconia", un'immagine sfocata di sé colta di
sfuggita in uno specchio egizio, qualcosa "a metà tra l'infinito e lo starnuto",
un "saporito stufato casalingo di angelo e bestia".