OLIVER RESSLER
AFTER THE CRISIS IS BEFORE THE CRISIS
a cura di Marco Scotini
Artra
via Burlamacchi 1 - Milano
dal 28/2/2012 al 15/4/2012
Al suo terzo appuntamento con la Galleria Artra, Oliver Ressler torna a Milano con un’esaustiva personale dal titolo "After the Crisis is before the Crisis". La mostra, che si apre martedì 28 febbraio, è il secondo step di un progetto appena iniziato presso Basis a Francoforte e destinato a svilupparsi in più tappe. Dopo la proiezione di quattordici metri dell’ultima mostra (chi non la ricorda?), l’artista viennese presenta ora una serie di lavori nati negli ultimi due anni.
Come sempre in presa diretta con il presente, anche questo nuovo progetto di Oliver Ressler ha al suo centro uno dei temi più delicati e urgenti di oggi quale la crisi del capitalismo finanziario. Ma nel caso di Ressler la questione non è nuova. Potremmo addirittura considerare il suo intero lavoro come una sorta di anticipazione critica, se non una vera e propria premessa, dell’attuale situazione così come delle forme e dei soggetti che l’accompagnano. E non solo considerando la sua ricerca semiotica sotto il profilo della pratica artistica ma anche per il carattere d’azione politica a cui essa si conforma: attraverso modalità di controinformazione e movimento. La pratica multidisciplinare di Ressler riconduce sempre ad una zona di indecidibilità tra estetica e politica.
Uno dei suoi primi progetti, The Global 500, presentato nel ’99 in Austria e in Canada, è un esame critico delle forme di comunicazione e autolegittimazione delle principali imprese dell’ordine economico neoliberista imposto dagli anni’80 in poi: dalla McDonalds alla Phillips Petroleum Company, dalla Eastman Kodak alla Goodyear. Come ha scritto allora Georg Schöllhammer “il particolare merito di Oliver Ressler è quello di aver analizzato, nel suo lavoro, le politiche simboliche che si celano dietro le forme di autorappresentazione dei global players nel mondo economico”.
Ma se The Global 500 è stato il primo episodio di una lunga serie, ciò per cui Ressler si è imposto in seguito è il grande progetto Alternative Economics, Alternative Societies dedicato invece alla definizione di un contro-modello possibile al capitalismo dopo il collasso del socialismo. E, come ha sottolineato Brian Holmes, Ressler non si è limitato ad indicare alcune prospettive, attraverso la registrazione dei contributi teorici di Holloway, Dalotel, Burnicki, etc.: ha piuttosto cercato una risposta più profonda andando direttamente a documentare in Venezuela from below le fabbriche occupate e le cooperative di lavoratori sotto Chávez. Non è allora un caso che il progetto, iniziato nel 2003, si chiuda proprio nel 2008, con la crisi bancaria contemporanea.
In After the Crisis is before the Crisis Ressler presenta wall texts, foto, video e installazioni in cui il carattere documentario della sua attività sempre più sembra far posto alla fiction. Ne sono un esempio il film appena ultimato The Bull Laid Bear, seconda collaborazione con l’artista e attivista australiana Zanny Begg, che impiega l’animazione e una soundtrack tratta da Billie Holiday per illustrare non tanto la crisi bancaria quanto l’immagine che i governi ne hanno dato, facendola passare come crisi di bilancio e debito pubblico. L’altro esempio è il trittico fotografico di carattere teatrale We Have a Situation Here, in cui cumuli di manager, caschi blu e militari giacciono a terra come marionette dopo la fine di una rappresentazione. Quella, cioè, del grande burattinaio del mercato che manovra nell’ombra attraverso il principio smithiano della mano invisibile.
È innegabile che in questa situazione totalmente rovesciata dove un sistema economico è in grado di capovolgere il politicamente impossibile in politicamente inevitabile, si debba mostrare il falso, il carattere fittizio, come momento del vero. Come ha spiegato un esperto del capitalismo finanziario come Christian Marazzi non si tratta più della menzogna del feticcio per cui la merce nasconde la verità dei rapporti sociali di produzione. Oggi è nel linguaggio, nella comunicazione stessa che si annidano i rapporti sociali che l’agire menzognero pretende di mascherare. Per questo Ressler non solo ricorre alla fiction ma ad altre pratiche di ribaltamento semantico.
Nel breve film Robbery (2012) Ressler articola e contrappone il saccheggio illegale dei negozi da parte di giovani disoccupati, nei giorni delle sommosse a Londra dell’agosto scorso, al saccheggio legale e ordinario della presa a carico da parte degli Stati del salvataggio delle banche. Resist to Exist (2011), progetto concepito originariamente per Copenhagen, è la documentazione di un’azione simbolica. Si tratta di un intervento di riappropriazione di strutture metalliche di recinzione che circondavano un deposito dei container danesi Maersk, restituite all’uso domestico e sociale. L’imponente wall text Too Big To Fail (2011) è ancora un détournement. Tipica espressione dei nostri giorni per scongiurare il fallimento delle banche e del capitalismo finanziario, il lettering nasconde al suo interno un altro senso. Avvicinandoci ci accorgiamo che i caratteri sono ritagliati sopra una foto in bianco e nero della grande manifestazione di massa del 28 marzo del 2009. Non c’è dubbio che quel 99% della popolazione indebitata ed espropriata possa trasformarsi in reale opposizione.
AFTER THE CRISIS IS BEFORE THE CRISIS
a cura di Marco Scotini
Artra
via Burlamacchi 1 - Milano
dal 28/2/2012 al 15/4/2012
Al suo terzo appuntamento con la Galleria Artra, Oliver Ressler torna a Milano con un’esaustiva personale dal titolo "After the Crisis is before the Crisis". La mostra, che si apre martedì 28 febbraio, è il secondo step di un progetto appena iniziato presso Basis a Francoforte e destinato a svilupparsi in più tappe. Dopo la proiezione di quattordici metri dell’ultima mostra (chi non la ricorda?), l’artista viennese presenta ora una serie di lavori nati negli ultimi due anni.
Come sempre in presa diretta con il presente, anche questo nuovo progetto di Oliver Ressler ha al suo centro uno dei temi più delicati e urgenti di oggi quale la crisi del capitalismo finanziario. Ma nel caso di Ressler la questione non è nuova. Potremmo addirittura considerare il suo intero lavoro come una sorta di anticipazione critica, se non una vera e propria premessa, dell’attuale situazione così come delle forme e dei soggetti che l’accompagnano. E non solo considerando la sua ricerca semiotica sotto il profilo della pratica artistica ma anche per il carattere d’azione politica a cui essa si conforma: attraverso modalità di controinformazione e movimento. La pratica multidisciplinare di Ressler riconduce sempre ad una zona di indecidibilità tra estetica e politica.
Uno dei suoi primi progetti, The Global 500, presentato nel ’99 in Austria e in Canada, è un esame critico delle forme di comunicazione e autolegittimazione delle principali imprese dell’ordine economico neoliberista imposto dagli anni’80 in poi: dalla McDonalds alla Phillips Petroleum Company, dalla Eastman Kodak alla Goodyear. Come ha scritto allora Georg Schöllhammer “il particolare merito di Oliver Ressler è quello di aver analizzato, nel suo lavoro, le politiche simboliche che si celano dietro le forme di autorappresentazione dei global players nel mondo economico”.
Ma se The Global 500 è stato il primo episodio di una lunga serie, ciò per cui Ressler si è imposto in seguito è il grande progetto Alternative Economics, Alternative Societies dedicato invece alla definizione di un contro-modello possibile al capitalismo dopo il collasso del socialismo. E, come ha sottolineato Brian Holmes, Ressler non si è limitato ad indicare alcune prospettive, attraverso la registrazione dei contributi teorici di Holloway, Dalotel, Burnicki, etc.: ha piuttosto cercato una risposta più profonda andando direttamente a documentare in Venezuela from below le fabbriche occupate e le cooperative di lavoratori sotto Chávez. Non è allora un caso che il progetto, iniziato nel 2003, si chiuda proprio nel 2008, con la crisi bancaria contemporanea.
In After the Crisis is before the Crisis Ressler presenta wall texts, foto, video e installazioni in cui il carattere documentario della sua attività sempre più sembra far posto alla fiction. Ne sono un esempio il film appena ultimato The Bull Laid Bear, seconda collaborazione con l’artista e attivista australiana Zanny Begg, che impiega l’animazione e una soundtrack tratta da Billie Holiday per illustrare non tanto la crisi bancaria quanto l’immagine che i governi ne hanno dato, facendola passare come crisi di bilancio e debito pubblico. L’altro esempio è il trittico fotografico di carattere teatrale We Have a Situation Here, in cui cumuli di manager, caschi blu e militari giacciono a terra come marionette dopo la fine di una rappresentazione. Quella, cioè, del grande burattinaio del mercato che manovra nell’ombra attraverso il principio smithiano della mano invisibile.
È innegabile che in questa situazione totalmente rovesciata dove un sistema economico è in grado di capovolgere il politicamente impossibile in politicamente inevitabile, si debba mostrare il falso, il carattere fittizio, come momento del vero. Come ha spiegato un esperto del capitalismo finanziario come Christian Marazzi non si tratta più della menzogna del feticcio per cui la merce nasconde la verità dei rapporti sociali di produzione. Oggi è nel linguaggio, nella comunicazione stessa che si annidano i rapporti sociali che l’agire menzognero pretende di mascherare. Per questo Ressler non solo ricorre alla fiction ma ad altre pratiche di ribaltamento semantico.
Nel breve film Robbery (2012) Ressler articola e contrappone il saccheggio illegale dei negozi da parte di giovani disoccupati, nei giorni delle sommosse a Londra dell’agosto scorso, al saccheggio legale e ordinario della presa a carico da parte degli Stati del salvataggio delle banche. Resist to Exist (2011), progetto concepito originariamente per Copenhagen, è la documentazione di un’azione simbolica. Si tratta di un intervento di riappropriazione di strutture metalliche di recinzione che circondavano un deposito dei container danesi Maersk, restituite all’uso domestico e sociale. L’imponente wall text Too Big To Fail (2011) è ancora un détournement. Tipica espressione dei nostri giorni per scongiurare il fallimento delle banche e del capitalismo finanziario, il lettering nasconde al suo interno un altro senso. Avvicinandoci ci accorgiamo che i caratteri sono ritagliati sopra una foto in bianco e nero della grande manifestazione di massa del 28 marzo del 2009. Non c’è dubbio che quel 99% della popolazione indebitata ed espropriata possa trasformarsi in reale opposizione.