sabato 7 luglio 2012

ANCORA SU AURELIO CAMINATI



CAMINATI : INTERVISTA SULLE TRASCRIZIONI

Troviamo Caminati in camicia e jeans, fra gli operai e i restauratori che a Palazzo Ducale rifiniscono l'allestimento della sua antologica. Ha ai piedi un gruppo di fotografie che squadra inclinando la testa. "Con gli allestimenti è sempre lo stesso", dice, "qualcosa ti manca e qualcosa è di troppo. Ci sono tanti lavori che mi sarebbe piaciuto esporre, ma i galleristi che li hanno venduti non hanno tenuto nota degli acquirenti. E d'altra parte mi è difficile scegliere tra quelli che ci sono. Tra queste foto, per esempio, che documentano una Trascrizione del 1976, I matti del Lissandrino".
Nelle immagini a colori si scorgono personaggi vestiti di bianco, con un cappello a punta, inquadrati a distanza ravvicinata. "Era usanza della Repubblica di Genova", spiega l'artista, "per non sobbarcarsi il mantenimento dei matti, di caricarli su un carro, una scena che il Magnasco ha raffigurato, e di condurli verso l'Appennino dove si perdevano e venivano sbranati dai lupi od erano catturati da contadini che li facevano lavorare per niente e li brutalizzavano. Ho realizzato l'azione in salita della Misericordia, da dove realmente il carro partiva (nel quadro di Magnasco si riconosce un'edicola ancora esistente) non solo perché ero affascinato dal dipinto ma anche perché quello della follia era un tema culturale e politico su cui allora c'era battaglia. Avevo letto Foucault, naturalmente, e mi ero convinto che solo il pazzo fosse veramente libero".
Ma perché questo sconfinamento dalla pittura in una forma d'azione drammatica? Caminati non è d'accordo, scuote la testa. "Per me non si trattava di uscire dalla pittura, di usare un altro mezzo, se mai di entrarci più a fondo. Io volevo animare la pittura, volevo "attivare" i personaggi, far vivere i colori, muovermi nello spazio reale come se fosse stato lo spazio del quadro. Per questo, accanto alla scaletta dell'evento che preparavo sulla base delle ricerche storiche che affidavo ad altri, facevo un lavoro di decodificazione del quadro, ne studiavo i particolari, li riproducevo". Accenna alla parete: "Qui c'è qualche esempio. Ma quello che non si può documentare è il processo di identificazione che in questo modo instauravo con l'autore: un processo che aveva impressionato molto Claudio Costa quando vi aveva assistito".
Le Trascrizioni sono state molte. Dal Cerano (e da Manzoni), La peste del 1630, in cui una chiatta di moribondi risaliva il Naviglio di notte sino alla Darsena (Milano 1976). In primo piano il tema della violenza: dal Caino e Abele (da suggestioni visive del Grechetto), inscenata ai Piani d'Invrea nel 1976 con la partecipazione di attori del Teatro della Tosse, al Marat muore del 1979, dall'omonimo dipinto di David. Come un apologo politico si presenta Il ritrovamento del corpo di San Marx, del 1979, (trasposizione dal Ritrovamento del corpo di San Marco del Tintoretto), dove il filosofo è sin dal titolo equiparato ad una reliquia. L'ultima, Colpo di Stato, è del 1995. Ma di nuovo Caminati sta progettando qualcosa. "Mi diceva Lucio Fontana, molti anni fa', che quando ti fanno l'antologica vuol dire che sei finito. Ma, per quel che mi riguarda, ho intenzione di continuare. Franco Leo, l'attore che mi ha aiutato nelle Trascrizioni curando le riprese video, ha imbastito un discorso con Carmelo Bene. Dovrei andare in Puglia, fra qualche mese, a dipingere e spero possa nascere un nuovo progetto. Coinvolgere Carmelo Bene, sarebbe davvero molto stimolante…"

Sandro Ricaldone
(luglio 1998)