venerdì 13 aprile 2012

MANUELA CIRINO - GALLERIA MARTANO, TORINO




MANUELA CIRINO
IMMAGINE NEGATA
a cura di Olga Gambari
Galleria Martano
Via Principe Amedeo 29 - Torino
dal 12 aprile al12 maggio 2012

Funziona così: si viene nella galleria Martano e si osservano le cinque “opere chiuse” di Manuela Cirino, leggendone anche i piccoli ritratti evocativi realizzati dall’artista. Poi, in maniera empatica, ogni spettatore può scegliere la “sua”. Quindi si prenota e nella data concordata ne potrà disporre, trasformandola in “opera aperta”. Da lì inizierà la loro storia, la loro relazione personalissima e unica: l’opera esce, respira, si ambienta, dialoga. Cinque scatole in attesa, che aspettano di essere ospitate per rivelare in maniera vitale il loro interno.
L’invito in galleria per la mostra, infatti, è solo la prima fase del progetto “Immagine negata”, che poi si svolgerà pienamente nelle case e nella quotidianità del pubblico, in un viaggio a tappe. Manuela Cirino racconta un bisogno primario dell’arte e dell’artista contemporaneo, e insieme un diritto del pubblico.
Negare l’immagine sia per liberarne la potenzialità sia per porre l’attenzione sul contenuto, che richiede tempo e attenzione per rivelarsi, un impegno da parte dell’opera stessa e dello spettatore. Poter ridare un senso vero e pieno all’immagine dell’opera, togliendola dal vortice di consumismo cannibale al quale ci ha educato la società, per assurdo la più iconoclasta mai esistita, nel suo cancellare e svuotare l’immagine stessa, proprio attraverso la sua continua riproduzione. Viviamo immersi in una percezione visiva totalmente ambigua ed assuefatta, che non distingue più un’immagine dall’altra. Ciò che viene messo in atto non è solo un diverso meccanismo espositivo, ma una proposta per una modalità diversa della visione che si attua in due momenti, attraverso uno spostamento differito nel tempo, affinché possa maturare una “preparazione” alla visione.
Di fronte a queste scatole riservate si apre l’idea dello spazio nascosto, di un segreto prezioso che aspetta una relazione personale con noi. Il rapporto percettivo è immediato, legato all’idea di luogo a parte che pulsa a pochi centimetri da noi, come un’emanazione energetica, e poi anche all’uso di legni naturali quali il cedro, l’acero, il wengé, che mantengono intatta la grana fisica del materiale, fatta di odore, colore e superficie. Ciascuna di queste scatole viaggia insieme a un suo diario personale. Ogni ospite se ne dovrà prendere cura, tenendo aggiornato anche il quaderno con dati, informazioni, emozioni. Alla fine l’opera sarà diversa, piena della sua esperienza e di tutti coloro che ne avranno fatto parte.
Insieme alle cinque opere ci sono anche le dieci ceramiche nate idealmente dal libro di Francis Ponge “Il partito preso delle cose” del 1942. Formano un “Catalogo delle cose”, frammenti di vita, piccoli dettagli che diventano attivatori di pensieri, istanti estratti dal tempo e monumento alle piccole esistenze che siamo ognuno di noi, in cui si racchiude il mondo.
Su queste tavole cade la pioggia, ci sono due mani che tendono un panno, una candela, alberi che si disfano in foglie, ciottoli, candele e arance. Sono forme plastiche appena accennate, indicazioni e ispirazioni, che si definiscono da una materia che le conteneva un istante prima e sembra già pronta a riassorbirle. Brillano metalliche ma sono fragili come visioni.