domenica 29 aprile 2012

CULTURA E RISORSE A GENOVA


CULTURA E RISORSE A GENOVA
Appunti per la nuova Amministrazione

Diversi anni fa, in capo ad una raccolta di opinioni circa la situazione dell’arte contemporanea a Genova (in Ocra n. 12, marzo 1988), si leggeva in esergo uno scambio di battute tratto dal film True Stories di David Byrne:
Che ora è?
Non è ora di rimpiangere il passato.
Ora come allora, le evocazioni di un “aureo” passato appaiono prive di un significato che non sia meramente consolatorio. Né si tratta di esercitare l’antica ma sempre attuale pratica del piagnisteo. Il problema da affrontare consiste nel come agire oggi e in futuro per mantenere vivo e per quanto possibile implementare un tessuto culturale che sembra andare assottigliandosi, sotto il profilo della creazione (o, se si vuole, della produzione originale), proprio mentre – paradossalmente – l’insieme delle manifestazioni assume un andamento inflattivo.
Occorre riconoscere che la situazione della cultura genovese è nettamente divisa tra il livello degli organismi, di varia natura, che ricevono sovvenzioni dagli enti pubblici locali e dagli sponsor che ad essi fanno riferimento, e quanti sono invece esclusi da questo “cerchio magico”. Il Carlo Felice, il circuito teatrale, alcuni festival, la Fondazione Cultura di Palazzo Ducale, assorbono la quasi totalità dei finanziamenti, ancorché in progressiva se non drastica riduzione. A tutti gli altri (inclusi un buon numero di musei comunali) non viene destinato alcunché (1).
Mentre la compressione delle risorse di fonte pubblica limita la possibilità degli organismi finanziati di allestire iniziative di grande respiro, la pratica impossibilità (per tutti gli altri) di accedere a finanziamenti ed a sponsorizzazioni preclude qualunque rinnovamento dal basso e incentiva la diaspora dei talenti verso realtà più favorevoli.
Il monopolio di fatto instaurato in ambito espositivo e di riflessione sulla contemporaneità da Palazzo Ducale, mentre ne sancisce un innegabile successo (di cui va reso merito all’attuale gestione), contribuisce di riflesso ad oscurare e depotenziare le iniziative promosse dalle associazioni di base; inoltre l’uso invalso di ricorrere a figure di richiamo totalmente estranee all’ambiente, non offre alle energie locali opportunità di crescita e di integrazione in un circuito più ampio, restringendo in definitiva l’impatto alla sfera di un edutainment di buon livello e designando la struttura più come una vetrina di prestigio che come un centro di effettiva elaborazione culturale. Senza nulla togliere a Palazzo Ducale, si rende quindi necessario predisporre un’azione volta a riequilibrare la situazione, assicurando maggiore visibilità e sedi più adeguate alle iniziative di altra matrice.
Per quel che riguarda le arti visive e in specie l’arte contemporanea, le manifestazioni della Fondazione Cultura hanno mostrato una totale estemporaneità (2), che rende indispensabile la creazione al suo interno di una funzione di riferimento per il settore artistico.
Grazie alla pressione esercitata da un numero considerevole di operatori, per il Museo d’arte contemporanea di Villa Croce – tenuto in vita, nell’ultimo anno e mezzo, dal meritorio impegno volontaristico degli addetti – si è trovata da ultimo una soluzione-ponte che prevede l’espletamento di un concorso per la nomina di un curatore ed ha consentito, grazie all’apporto di soggetti privati e della stessa Fondazione Cultura, di reperire un budget, seppur minimale, per la programmazione. Il problema da risolvere consiste ora nell’individuare una soluzione gestionale stabile e, auspicabilmente, nell’identificare spazi ulteriori che consentano sia l’esposizione della collezione permanente sia lo svolgimento di mostre temporanee.
Altra questione ineludibile è quella dell’Accademia Ligustica di Belle Arti. In alternativa al reperimento di fondi sufficienti per il ripianamento del passivo pregresso (sulla formazione (3) del quale va peraltro fatta tempestiva chiarezza) e per la prosecuzione dei corsi – con l’intervento in particolare della Regione Liguria, trattandosi di istituzione di riferimento per l’intero territorio regionale – appare necessaria un’azione immediata ed efficace per la statalizzazione.
In prima fase, sommessamente (e sinteticamente) suggerirei alla nuova amministrazione comunale:
a) di redigere un bilancio della cultura, rendendo trasparenti i costi direttamente sopportati, i finanziamenti erogati ai singoli beneficiari, le sponsorizzazioni canalizzate sulle diverse iniziative;
b) di riservare una quota delle somme risultanti dal bilancio di cui sopra a progetti elaborati da associazioni, gruppi e singoli operatori culturali, istituendo commissioni indipendenti, formate da soggetti di indiscussa competenza, per valutarne preventivamente la qualità e, in fase successiva, per verificare la validità della realizzazione;
c) di mettere in campo un gruppo di professionalità che operi per la raccolta di fondi e sponsorizzazioni da destinare al settore cultura (4) nonché per l’accesso ai finanziamenti europei previsti in particolare per progetti transnazionali di “categoria 2” (che coinvolgono operatori di tre paesi comunitari);
d) di predisporre, avvalendosi dell’Ufficio Stampa del Comune, un sito internet che, giorno per giorno, presenti contestualmente tutte le iniziative organizzate in città e nei dintorni;
e) di recuperare il censimento degli spazi pubblici effettuato in occasione di Genova 2004 capitale europea della cultura, rendendoli disponibili gratuitamente (salvo l’assolvimento delle spese vive legate all’utilizzo) ad associazioni e singoli qualificati con equa turnazione, ovvero assegnandone taluni per concorso;
f) di sollecitare la revisione dell’organigramma della Fondazione Cultura al fine di inserirvi, attraverso pubblici concorsi (con contratti di durata non eccedente il mandato del Consiglio direttivo) o, in alternativa, attraverso la creazione di commissioni ad hoc, le competenze necessarie relativamente ai diversi ambiti di programmazione, da sviluppare anche in dialogo con le realtà cittadine;
g) di operare perché la programmazione della Fondazione Cultura e dei Musei si svolga, pur con la necessaria flessibilità, su basi pluriennali con l’obiettivo di assicurarne la continuità e la coerenza;
h) di attivarsi energicamente per il salvataggio dell’Accademia Ligustica, perseguendo con decisione quella, fra le soluzioni alternative sopra accennate, che si riveli meglio praticabile.

Leggo oggi su un quotidiano genovese che tutti i principali candidati alla carica di sindaco della città si sono dichiarati d’accordo sull’idea di attribuire ad un unico assessorato le competenze in materia di cultura e turismo (anzi, per la precisione, l’indicazione seguiva l’ordine inverso, il che è di per sé significativo): questo sarebbe il colpo definitivo ad un settore, quello culturale, già – come evidenziato – fortemente in crisi. Speriamo che sopravvenga un lampo di consapevolezza, anche se francamente si sarebbe portati a dubitarne.

Sandro Ricaldone


(1) In questo quadro ha inciso anche la scelta della Fondazione Carige di destinare parte delle proprie risorse anziché ai “settori rilevanti” della ricerca scientifica, dell'istruzione, dell'arte, della conservazione e valorizzazione dei beni e delle attività culturali e dei beni ambientali, della sanità e dell'assistenza alle categorie sociali deboli di cui all’art. 1, lett. D) del D. Lgs. 155/1999, al consolidamento della quota di controllo di Banca Carige, operazione lungimirante ai fini dell’indipendenza del maggior organo creditizio del territorio, ma discutibile sotto il profilo della conformità agli scopi statutari.
(2) Le mostre organizzate da Marco Goldin si segnalano per l’inconsistenza a livello storico-critico e per la casualità (per non dir altro) degli impianti che non consentono sviluppi conoscitivi al di là della mera fruizione estetica. Lo stesso si può dire della più recente mostra d’arte contemporanea, “Fontana luce e colore”, ordinata secondo un insostenibile criterio cromatico.
(3) Anche per quanto concerne la comunicazione pubblica del problema, inspiegabilmente differita di anni.
(4) A queste dovrebbero aggiungersi, almeno per la parte suscettibile di un ritorno turistico, le risorse ricavate dall’introduzione della tassa di soggiorno