sabato 29 agosto 2015

LA PERCEZIONE DEL FUTURO: LA COLLEZIONE PANZA A PERUGIA - GALLERIA NAZIONALE DELL'UMBRIA E PALAZZO DELLA PENNA, PERUGIA




LA PERCEZIONE DEL FUTURO
La collezione Panza a Perugia
Museo Civico di Palazzo della Penna
via Podiani 11 - Perugia
Galleria Nazionale dell'Umbria
corso Vannucci 19 - Perugia
19/6/2015 - 8/11/2015

L'esposizione é realizzata su progetto allestitivo dei curatori Giuseppina Panza, figlia del collezionista e direttrice dell'Archivio Panza di Biumo, e Fabio De Chirico, già Soprintendente per i beni storici, artistici ed etnoantropologici dell'Umbria. La mostra, allestita presso la Galleria Nazionale dell'Umbria e il Museo Civico di Palazzo della Penna, riunisce una novantina di opere e propone un percorso che riflette lo "spirito" della prestigiosa collezione.
In particolare in Galleria vi sarà esposta una selezione ragionata di 12 opere, esemplificative del collezionismo di Giuseppe Panza e di sua moglie Rosa Giovanna Magnifico che, tra il 1956 e il 2010, hanno raccolto oltre duemilacinquecento lavori firmati dai maggiori autori della scena americana ed europea del secondo Novecento. Tra questi nomi illustri, come Dan Flavin, Richard Long, Robert, Ryman, Ettore Spalletti, Stuart Arends, Lawrence Weiner, Richard Nonas, Joseph Kosuth, Phil Sims, Jan Dibbets.
La Collezione Panza é riconosciuta come una delle più importanti raccolte d'arte della nostra epoca e le sue opere vengono ammirate nei luoghi di maggior prestigio del mondo (Guggenheim, di New York, MOCA di Los Angeles, Albright Knox di Buffalo, SFMOMA di San Francisco, Hirshhorn di Washington, Cantonale di Lugano, Sassuolo e Varese).
Artisti in mostra:

Galleria Nazionale dell'Umbria
ALFONSO FRATTEGGIANI BIANCHI (Perugia, Umbria, Italia). Le sue opere sono uniche: pigmento puro e non tutti i pigmenti, ma solo alcuni, stesi su pietra serena con le dita. Fragilissime. Tutto è natura, tutto è naturale, non vi è alcuna contaminazione, nessuna gestualità che riveli la sua personalità. La porosità della pietra assorbe il colore del pigmento e lo trattiene. Col tempo, una parte del pigmento tende a cadere, e quello che resta è come un velo di colore.
RICHARD LONG (Bristol, UK). Scultore, pittore e fotografo inglese. Da sempre profondamente interessato al rapporto tra arte e natura, si è affermato tra i protagonisti della land art, realizzando opere incentrate sui concetti di spazio e tempo, in una costante relazione armonica con la natura e il paesaggio: segni lasciati dal suo camminare su un terreno; semplici sculture geometriche di materiali naturali, realizzate in situ o riproposte in ambienti espositivi. Le sue opere interagiscono con il paesaggio riorganizzandone lo spazio e i materiali (pietre, legno, zolle erbose, foglie, fango, ecc.) in nuove forme essenziali (cerchi, linee, brevi percorsi a zig-zag), a cominciare dai suoi primi lavori. Nel suo approccio con l'arte e con la natura, strumenti importanti, e allo stesso tempo di per sé opere d'arte, sono le sue fotografie, le sue mappe o i percorsi trascritti con parole, che registrano il suo operare in luoghi lontani. Le sue opere si trovano esposte nelle più importanti collezioni di arte contemporanea e nei maggiori musei del mondo.
PATRICIA MOISAN (Washington DC, USA). Le sue opere sono colore puro, pigmento mescolato a pittura e resine, su un telaio metallico sottilissimo. La superficie è spugnosa, la luce vi penetra in modo non uniforme. Il colore è qualcosa di definitivo, oltre al quale non si può andare; siamo nell’ambito del sublime, al punto massimo del percettibile e del conoscibile. La purezza è tale che ci si rende conto che tutti gli altri colori sono contaminati, non ci danno la sensazione di aver raggiunto il limite.
PHIL SIMS (Richmond, California, USA). Il colore dei lavori esposti avvolge il visitatore facendolo entrare fisicamente e mentalmente in questi frammenti di mondo. I colori ci arrivano in modo diretto, con una materialità data dalla quantità di strati di colore e dalla fisicità delle pennellate. Più spesse e visibili nei primi quadri, sempre più impercettibili, quasi scomparse, negli ultimi. Quando l’artista si ferma, l’opera è completa: la materia si è trasformata in idea.

Museo Civico di Palazzo della Penna
STUART ARENDS (Waterloo, Iowa, USA). Un artista grande, grande che fa dei cubi piccoli, piccoli e più sono piccoli, più sono grandi. Vive in mezzo al deserto del New Mexico, lontano dalla confusione e dalla gente, immerso nella natura selvaggia dove luce e spazio sono i suoi unici vicini. Ogni opera sia che sia su legno, cartone o acciaio, ha cinque facce dipinte e, spesso, ricoperte di cera. La loro bellezza sta nella composizione e nell’uso del colore.
ROBERT BARRY (New York, USA). È considerato uno dei pionieri dell’arte concettuale. La letteratura è fatta di parole e così pure tutte le informazioni che riceviamo: Barry le smaterializza facendole diventare prive di corpo, la loro funzione finisce e diventano rappresentazione di un gran numero di cose o di nessuna allo stesso tempo.
JAN DIBBETS (Weert, Olanda). È un grande osservatore della realtà. Usa la fotografia, senza prospettiva, rendendo la natura e la registrazione del tempo uniche protagoniste dei suoi lavori. Le immagini, depersonalizzate dalla macchina fotografica, diventano piatte e rappresentano ognuna un episodio distinto.
DAN FLAVIN (New York, USA). È un artista che ha lavorato in maniera magistrale con la luce. Ogni opera è un’esperienza differente a seconda di come le lampade fluorescenti di diversi colori, vengono affiancate o installate. Devono essere guardate in silenzio: sono arte religiosa, senza simboli, senza riti in diretto contatto con il soprannaturale. La sua arte è pura energia che può essere anche definita arte del subconscio.
RUTH ANN FREDENTHAL (Detroit, Michigan, USA). Le sue opere sembrano monocrome, sono un susseguirsi di strati di differenti colori. La stessa superficie è divisa in zone, ciascuna con una quantità di colore diversa dall’altra. Questo modo di riempire la tela, produce sul visitatore una strana sensazione: da ogni quadro esce una luce differente, in base all’angolazione. I colori sono freddi, di primo acchito non attraggono, ma più li si guarda più se ne resta affascinati.
HAMISH FULTON (Londra, UK). È uno dei pochi artisti europei della Collezione Panza. Grande amico di Richard Long, anche Fulton è amante della natura e degli spazi incontaminati che ci mostra attraverso grafiche e fotografie che raccontano i suoi itinerari. L’amore per la natura è un tema molto presente tra gli artisti di questa generazione. Un amore poi svanito e rappresentato nella distruzione della natura stessa. L’uomo non è più felice e non sa più godere delle bellezze che lo circondano.
RON GRIFFIN (Pomona, California, USA). Un artista che riproduce oggetti trovati nel deserto, dalle carte di caramelle, ai pacchetti di sigarette, alle cannucce, a pezzi di lettere volate via o buttate. Tutto quello che appartiene alla nostra esistenza, o meglio all’esistenza di qualcun altro, diventa un’opera. Il tempo, lo spazio, la vita, le passioni, divengono il soggetto dei suoi lavori, riprodotti quasi fedelmente in modo un po’ astratto, nascoste qualche volta sotto uno strato di lacca, come a salvaguardarle e far sì che non volino via un’altra volta.
DAVID GOERK (New Jersey, USA). La sua arte è costituita da oggetti piccoli, alcuni quasi invisibili, altri coloratissimi, minute sculture astratte che non hanno relazione con elementi della vita quotidiana. Sono discreti, non hanno bisogno di grandi spazi, ma hanno una componente emotiva molto forte.
JOSEPH KOSUTH (Toledo, Ohio, USA). È un artista concettuale che lavora con le parole. Nelle sue opere ci mostra la differenza tra l’oggetto, la sua definizione e la sua immagine, e la visualizzazione di questa operazione è l’opera d’arte. La fotografia delle pagine del vocabolario sono le definizioni più esatte per identificare le parole scritte. Il titolo “Art as idea as Idea”, asserisce la supremazia dell’idea sull’oggetto e il ruolo centrale che il linguaggio gioca nella produzione dell’opera d’arte.
TIMOTHY LITZAMNN (Victoria, Texas, USA). La componente fondamentale dei suoi lavori è lo studio delle possibilità espressive del colore. Non dipinge la superficie dei quadri ma il retro, il colore viene filtrato da uno strato di plexiglass molto sottile e il tutto viene racchiuso nei bordi dipinti con colori in netto contrasto con quelli dei quadri. Le sue superfici sono leggere, i colori vengono diluiti, si mescolano alla luce, perdono fisicità.
EMIL LUKAS (Pittsburg, Pennsylvania, USA). La sua arte dialoga con la natura, una natura manomessa dall’uomo e dal suo pensiero. Le sue opere spesso sembrano sporche, e il contrasto con il bianco del gesso, fa risaltare questa sensazione. Ogni opera è una scoperta. Sono fragili, delicate, vanno mosse con molta cautela ed è proprio questa fragilità che simboleggia quella del nostro mondo e della nostra vita.
GREGORY MAHONEY (Los Angeles, California, USA). Le sue sculture di ferro arrugginito sono il risultato di lunghe giornate passate nella Death Valley. Una zona desertica al confine con il Nevada. Mahoney è un contemplativo. Tutto quello che raccoglie è frutto dell’erosione del tempo, della luce, del vento, del mare che non c’è più. Un altro luogo esplorato, non lontano, è il deserto di sale, perfettamente bianco. In autunno con le piogge si riempie d’acqua che poi evapora con l’estate. Il sale, il blu del cielo e dell’acqua, il colore rossastro della terra, il ferro arrugginito, sono i materiali usati da Mahoney per omaggiare la grande bellezza della natura.
RICHARD NONAS (New York, USA). È uno scultore minimalista. Le sue opere sono principalmente delle barre di ferro così come escono dalle fonderie, il termine ultimo di un processo di riduzione, oltre al quale non è possibile andare. Nonas era un antropologo prima che un artista e per molti anni ha vissuto con i nativi americani studiandone i comportamenti. Alla base di tutti i suoi lavori vi è uno studio profondo che mira alla ricerca della natura primordiale dell’essere umano.
ROBERT RYMAN (Nashville, Tennessee, USA). È un pittore minimal. Un artista che trasmette tutta la sua tensione ed emozione attraverso l’uso del pennello. Il primo gesto è quello che condizionerà tutto quello che verrà dopo. L’arte di Ryman è la più realistica, nessuno riesce a esprimere in modo più diretto la nascita delle idee e le emozioni all’interno del nostro cervello.
JONATHAN SELIGER (New York, USA). Riproduce oggetti di vita quotidiana, usando la tela e qualche volta le t-shirt bianche impregnate di colle e poi dipinte. Un altro modo per far resuscitare ciò che viene usato e spesso buttato, come le scatole delle scarpe, i biglietti della tintorie, i contenitori del latte e delle aranciate, o quando riproduce in modo scherzoso ma quasi identico buste, sacchetti, cestini.
SEAN SHANAHAN (Dublino, Irlanda). La sua pittura è densa, compatta, il colore è come qualcosa che assorbe il visitatore e la luce. Non vi è emotività nei suoi quadri, ma si è attratti dalla forza dei colori così netti e pesanti. Le sue opere sono vera sostanza.
PETER SHELTON (Troy, Ohio, USA). È un artista che esplora la qualità intrinseca dei materiali. Crea delle forme vitali, spesso antropomorfe. Sono quasi tutte in vetro resina: la trasparenza di alcune crea una certa ambiguità riuscendo a donare a soggetti moderni una connotazione quasi rinascimentale.
ETTORE SPALLETTI (Cappelle sul Tavo, Abruzzo, Italia). Un artista super raffinato, dai colori rinascimentali che vanno dall’azzurro, al rosa, al bianco, al lilla, al grigio, con contorni in oro o in argento. Quando diventa scultore, la ricerca del materiale migliore e la sua esecuzione assolutamente perfetta, rendono queste opere delle vere icone. È un’arte spirituale: le opere sono quasi sospese in un’altra dimensione e noi con loro. La loro materia sembra non essere di questo mondo.
FRANCO VIMERCATI (Milano, Lombardia, Italia). Un uomo di grande cultura e sensibilità. Le sue immagini sono la negazione dello spettacolare dove il bianco e il nero della stampa vengono usati magistralmente. Riproduce con un iperrealismo solo gli oggetti della sua casa riuscendo a dare, attraverso l’obiettivo, un’anima a ogni piccola cosa, anche alla più modesta, facendola rinascere.
LAWRENCE WEINER (New York, USA). Usa solo parole, parole scritte una dietro l’altra, spesso senza un nesso, qualche volta riferite a happenings da lui filmati. Le parole hanno vari significati che cambiano a seconda di quelle che le accompagnano, senza legami acquistano una loro libertà. Weiner usa la parola per comporre piccole frasi senza un significato preciso, senza una funzione letteraria. Non esiste il reale senza un pensiero che lo preceda.

Catalogo Fabrizio Fabbri Editore//Pagine 208//Lingua Italiano e inglese//Prezzo Euro 35,00