venerdì 10 ottobre 2014

DADAMAINO 1930-2004 - FONDO GIOV-ANNA PIRAS, ASTI




DADAMAINO 1930-2004
a cura di Paolo Campiglio
introduzione al catalogo di Flaminio Gualdoni
Fondo Giov-Anna Piras Arte Contemporanea
via Brofferio 80 - Asti
dall'11/10/2014 al 30/11/2014

A dieci anni dalla scomparsa dell’artista milanese nel 2004 una mostra retrospettiva su Dadamaino (Eduarda Maino, Milano 1930 - 2004) rappresenta un omaggio dovuto a un’artista il cui impegno quarantennale, sovente condotto in solitudine e lontano dai clamori della scena merita di essere studiato con rinnovata attenzione critica.
Dadamaino è un’artista che dalla fine degli anni Cinquanta ha operato intorno ai temi della visione, della percezione del colore, dell’immaterialità connessa a una nuova nozione di tempo e di spazio, del segno come calligramma di un alfabeto inventato: i recenti studi su Dadamaino, condotti soprattutto da Flaminio Gualdoni, mettono in luce la centralità della sua ricerca in un ambito che intende riflettere sugli elementi fondamentali dell’arte contemporanea.
Le domande che l’artista ha posto lungo la sua quarantennale attività sull’ambiguità del vedere, sulla concretezza del fare, sul concetto di programmazione del lavoro, ed anche sulla nozione ambigua di creatività femminile, collocano la sua riflessione tra le più attuali nell’arte contemporanea.

La mostra di Asti raduna circa ottanta opere dell’artista milanese e si snoda in uno spazio di circa1500 mq percorrendo le differenti fasi della sua produzione: questa è caratterizzata dalla successione di momenti consequenziali ben definiti, che si tende, in generale, a scandire in due principali periodi.
Un primo periodo, che ha origine nell’ambito delle ricerche delle “neoavanguardie” e in particolare è connesso al magistero di Lucio Fontana e Piero Manzoni, si snoda fino alle ricerche legate alla complementarità del colore. In questa fase l’impegno di Dadamaino è teso a mettere in discussione e riformulare le origini e la sintassi dei visivo: dall'intervento sulla superficie della tela fino alle ricerche ottiche e costruttive vere e proprie degli anni Sessanta e della prima metà degli anni Settanta.
Una seconda fase, sempre legata a un approccio radicale, tende a porre in discussione le categorie di tempo e di spazio in una rinnovata forma “segnica”, una sorta di scrittura. Appartengono a questa fase le lettere dell'Alfabeto della mente e quindi I Fatti della vita, serie di lavori con i quali, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, Dadamaino ha focalizzato l’attenzione su una grafia che è anche traccia, sospesa tra lo scrivere e il segnare un percorso. Su questa nuova grammatica segnica l’artista ha operato nelle opere successive, con minime varianti, fino all’ultima fase creativa dal 2000 al 2004.
Appartiene a questa seconda fase la messa a punto di opere e installazioni ambientali, tendenti ad annullare le tradizionali dimensioni della fruizione: si tratta di opere che hanno trovato una consona collocazione nella celebre sala personale alla Biennale di Venezia del 1980 (I fatti della vita) e successivamente alla Biennale del 1990 (Il movimento delle cose), installazioni emblematiche che in questa occasione espositiva si vogliono riproporre nelle originali dimensioni ambientali.
La mostra è organizzata in dal Fondo Giov-Anna Piras per l’arte contemporanea e la fotografia, in collaborazione con Sotheby’s, Milano e Londra; l’Archivio Dadamaino (Somma Lombardo), che presiede all’opera dell’artista, archivia la sua produzione, promuove iniziative espositive volte allo studio e all’analisi della figura di Dadamaino nel contesto dell’arte italiana e internazionale.

Il catalogo della mostra, oltre a riprodurre fedelmente le opere esposte, costituisce una pubblicazione riepilogativa sull’opera dell’artista milanese. Include una introduzione di Flaminio Gualdoni, un saggio a cura di Paolo Campiglio, riproduzione delle opere esposte, apparati a cura di Cristina Celario.