ANDREA CASAZZA
GLI IMPRENDIBILI
Presenntazione del volume edito da DeriveApprodi
Palazzo Ducale - Sala del Minor Consiglio
lunedì 9 dicembre 2013, ore 17,45
Intervengono, con l'autore: Giuliano Galletta, Gad Lerner, Cesare Manzitti.
La lunga e complessa storia della colonna genovese delle Brigate rosse.
Genova è la città in cui, all’inizio degli anni Settanta, con la formazione della «banda XXII Ottobre», nata in collegamento con i Gruppi armati partigiani fondati dall’editore Giangiacomo Feltrinelli, ha avuto inizio la storia della lotta armata in Italia. Un primato ribadito, nel ’74, con il clamoroso sequestro a opera delle Br di Mario Sossi, e, nel ’75, con l’omicidio del giudice Francesco Coco e dei due uomini della sua scorta: il primo aveva recitato il ruolo di pubblico ministero nel processo alla XXII Ottobre, il secondo si era opposto alla scarcerazione dei militanti della «banda» richiesta dalle Br in cambio della liberazione del magistrato sequestrato. Da quel momento e fino al 28 marzo ’80, data dell’eccidio per mano dei carabinieri di quattro brigatisti sorpresi nel sonno nella base di via Fracchia grazie alle rivelazioni del «pentito» Patrizio Peci, la colonna visse il mito dell’imprendibilità. Sei anni di fuoco in cui la formazione brigatista partecipò al rapimento dell’armatore Pietro Costa, attuò quindici «gambizzazioni» di personalità politiche democristiane, di dirigenti industriali e del vicedirettore del quotidiano «Il Secolo XIX» e mise a segno gli omicidi di quattro carabinieri e di un commissario di polizia. Ma ciò che destò più scalpore e sgomento fu l’uccisione di Guido Rossa, operaio e militante del Partito comunista, punito per aver contribuito all’arresto di Francesco Berardi, sorpreso mentre distribuiva materiale propagandistico brigatista all’interno della fabbrica nella quale entrambi lavoravano.
Nonostante la «strage di via Fracchia», nell’80 la colonna arrivò al culmine della sua forza politica e militare potendo contare su una settantina di militanti, oltre che su un’ampia rete di simpatizzanti. Solo l’arresto fortuito di due militanti minori, alla fine di quello stesso anno, aprì imprevedibilmente un processo di disgregazione a catena. I due decisero di collaborare con le forze di polizia determinando, in breve tempo, la distruzione definitiva della colonna e del suo mito di imprendibilità.
Ma a questa storia se ne intreccia un’altra, non meno complessa e avvincente: la montatura giudiziaria a opera di alcuni collaboratori del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa che, nel ’79, portò in carcere una quindicina di militanti dell’estrema sinistra genovese ingiustamente accusati di appartenere alle Br. Una montatura svelata dopo dodici anni e che comportò, per quattro vittime di quel «blitz», la revisione delle sentenze di condanna in assoluzioni piene seguite da ingenti risarcimenti economici.
Andrea Casazza (Genova, 1958) è giornalista de «Il Secolo XIX». Si è occupato di critica musicale, cronaca e cultura. è caposervizio allo staff centrale. Per il melangolo ha curato il volume Finestra sul Risorgimento (2004), il saggio sulla ratline tedesca La fuga dei nazisti (2007) e La beffa dei vinti (2009), sui processi ai fascisti genovesi all’indomani della Liberazione.
GLI IMPRENDIBILI
Presenntazione del volume edito da DeriveApprodi
Palazzo Ducale - Sala del Minor Consiglio
lunedì 9 dicembre 2013, ore 17,45
Intervengono, con l'autore: Giuliano Galletta, Gad Lerner, Cesare Manzitti.
La lunga e complessa storia della colonna genovese delle Brigate rosse.
Genova è la città in cui, all’inizio degli anni Settanta, con la formazione della «banda XXII Ottobre», nata in collegamento con i Gruppi armati partigiani fondati dall’editore Giangiacomo Feltrinelli, ha avuto inizio la storia della lotta armata in Italia. Un primato ribadito, nel ’74, con il clamoroso sequestro a opera delle Br di Mario Sossi, e, nel ’75, con l’omicidio del giudice Francesco Coco e dei due uomini della sua scorta: il primo aveva recitato il ruolo di pubblico ministero nel processo alla XXII Ottobre, il secondo si era opposto alla scarcerazione dei militanti della «banda» richiesta dalle Br in cambio della liberazione del magistrato sequestrato. Da quel momento e fino al 28 marzo ’80, data dell’eccidio per mano dei carabinieri di quattro brigatisti sorpresi nel sonno nella base di via Fracchia grazie alle rivelazioni del «pentito» Patrizio Peci, la colonna visse il mito dell’imprendibilità. Sei anni di fuoco in cui la formazione brigatista partecipò al rapimento dell’armatore Pietro Costa, attuò quindici «gambizzazioni» di personalità politiche democristiane, di dirigenti industriali e del vicedirettore del quotidiano «Il Secolo XIX» e mise a segno gli omicidi di quattro carabinieri e di un commissario di polizia. Ma ciò che destò più scalpore e sgomento fu l’uccisione di Guido Rossa, operaio e militante del Partito comunista, punito per aver contribuito all’arresto di Francesco Berardi, sorpreso mentre distribuiva materiale propagandistico brigatista all’interno della fabbrica nella quale entrambi lavoravano.
Nonostante la «strage di via Fracchia», nell’80 la colonna arrivò al culmine della sua forza politica e militare potendo contare su una settantina di militanti, oltre che su un’ampia rete di simpatizzanti. Solo l’arresto fortuito di due militanti minori, alla fine di quello stesso anno, aprì imprevedibilmente un processo di disgregazione a catena. I due decisero di collaborare con le forze di polizia determinando, in breve tempo, la distruzione definitiva della colonna e del suo mito di imprendibilità.
Ma a questa storia se ne intreccia un’altra, non meno complessa e avvincente: la montatura giudiziaria a opera di alcuni collaboratori del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa che, nel ’79, portò in carcere una quindicina di militanti dell’estrema sinistra genovese ingiustamente accusati di appartenere alle Br. Una montatura svelata dopo dodici anni e che comportò, per quattro vittime di quel «blitz», la revisione delle sentenze di condanna in assoluzioni piene seguite da ingenti risarcimenti economici.
Andrea Casazza (Genova, 1958) è giornalista de «Il Secolo XIX». Si è occupato di critica musicale, cronaca e cultura. è caposervizio allo staff centrale. Per il melangolo ha curato il volume Finestra sul Risorgimento (2004), il saggio sulla ratline tedesca La fuga dei nazisti (2007) e La beffa dei vinti (2009), sui processi ai fascisti genovesi all’indomani della Liberazione.